Stefano, chitarrista in una heavy rock band, torna a casa da un concerto e trova la fidanzata con un altro (Gabbriellini). Sperduto, da Roma torna a Rimini nella casa dei genitori, dove viene accolto poco meno del figliol prodigo. Ma la situazione lì non è così rosea: l'azienda di famiglia, gestita dal fratello Alberto (Battiston), è sull'orlo del fallimento e tocca andare a chieder prestiti a banche (Sassanelli) o amici che si buttano in politica (Briguglia). La sorella Michela (Caprioli) ha lasciato l'università per lavorare in un delfinario e si scopre essere lesbica (o almeno così pare). Piccoli e grandi problemi che Stefano affronta con l'atteggiamento...Leggi tutto di chi vorrebbe cambiar tutto ma non ha i mezzi (e forse nemmeno la giusta volontà) per farlo. Il regista Gianni Zanasi (anche cosceneggiatore) trova in Mastandrea l'attore ideale per dare corpo al suo personaggio: è lui l'occhio attraverso il quale leggiamo le vicende, così diverso dalla normalità apparente di Alberto (che nasconde un carattere pronto ad esplodere in una consapevole follia) e di Michela. Qual è allora il modo giusto per affrontare la vita? Stefano non si altera mai, accetta anche le notizie più sconvolgenti (quella relativa al padre) con invidiabile self-control, come se gli scivolassero addosso quando invece lasciano un segno anche più profondo che negli altri; che vivono più emotivamente, sfogandosi. L'attenzione che Zanasi dedica ai suoi personaggi e l'abilità con cui dirige chi li interpreta li fa apparire sinceri e autentici (meno quelli secondari), ma si perde spesso in fasi inconcludenti, raccolte come bozzetti di scarsa consistenza (i nipoti che corrono sotto al cartello che controlla la velocità, gli insulti al barista, le riunioni col guru della madre). Complessivamente si avverte un filo che lega la storia, ma sembra non ci sia in fondo troppo da dire e si vadano a coprire i vuoti con la buona musica (ricorre la delicatissima "Agnese" di Ivan Graziani) o con qualche scena d'effetto non sempre efficace (i barattoli di ciliegie lasciati infrangere al suolo). Si avverte qua e là una ruffianeria di fondo poco piacevole, l'assenza di scene davvero memorabili, però la vita di provincia e la crisi di chi si sente perduto (Alberto, salvato forse solo da una escort pagata dagli amici) sono ben descritte, la recitazione sottotraccia di Mastandrea ancora una volta strepitosa. Dino Abbrescia fa il vigilantes amico di famiglia, Natalino Balasso un cameo di pochi minuti nel ruolo di un sindacalista.
C'è tutto del personaggio di Mastandrea nei primi minuti di film; il suo parlare imbarazzato, i suoi silenzi delusi. Quello del rockettaro 35enne fallito e senza sbocchi è il suo ruolo e lo si vede. Poi l'antieroe schiacciato dalla vita pare avere qualche sussulto, ma il film non prende quella china; non casca nella tentazione della morale e pur trattando il tema abusato delle nevrosi familiari, resta sempre a un passo di distanza dall'affresco. Poiché riesce a infilare la risata dove non te l'aspetti e in fin dei conti mantiene la sua gioviale leggerezza sino alla fine. In questo contesto continuo a gradire Mastandrea e Battiston.
MEMORABILE: La rivelazione di mammà e relativo commento/espressione.
Il film sembra tutto costruito attorno al personaggio tipico di Mastandrea, che per l'appunto fa il Mastandrea, aggiornato alla non più tenerissima età di 35 anni. Gigioneggia come ai tempi di Tutti giù per terra, però l'effetto non è lo stesso. Ogni gesto, ogni battuta, sembra già visto, già sentito. Non fa più ridere, ma sorridere. Ultimo film di un filone, commediola pseudo-riflessiva moderneggiante. Complessivamente risulta più azzeccato il personaggio del fratello sognatore, un bravissimo Battiston. Simpatico ma didascalico.
MEMORABILE: La nuova amichetta del fratello che domanda al buon Battiston: "Ma non l'hai davvero capito che mestiere faccio io?"
Gradevole commedia di Gianni Zanasi che parte da uno spunto decisamente non originale: la crisi creativa e personale di un trentacinquenne che torna momentaneamente dalla famiglia per trovare il proprio ambiente irreversibilmente cambiato. Il regista affronta il tema in maniera ottimale, senza tediose riflessioni ma attraverso situazioni che puntano al divertimento dello spettatore ma sono anche fonte di riflessione. Il film è anche l'occasione per un sincero ritratto della vita di provincia italiana. Buono il cast.
Ritorno alle origini (la famiglia) per un chitarrista punk, probabile promessa mai mantenuta. Buon film, è una commedia agrodolce, di quelle che gli americani sono bravissimi a fare. Sorretto da un bravo Mastandrea è un film che si lascia guardare sino alla fine, senza tuttavia mai avvincere più di tanto. Più che la narrazione in sè, vale per la confezione, il bel cast e l'ottima soundtrack. Lodevole l'ersercizio di scrittura della sceneggiatura. Divertenti i numerosi camei. Da vedere.
Antefatto: ero solo nel cinema quando lo vidi. Non so dire se il mio voto ne abbia risentito. Un poco brillante uomo di mezza età in totale crisi torna al paese natio sperando di ritrovare nel nido familiare un rifugio dal quale ripartire. Si troverà invischiato in una ragnatela dalla quale faticherà ad uscire. Un film che non vuole proporre una qualche morale e si limita a narrare una storia semplice ma ricca di situazioni (divertenti e non, ma sempre ben sdrammatizzate). Mastandrea è nel suo ruolo preferito, Battiston è ottimo. Carino. Da vedere.
MEMORABILE: La corsa dei bambini che misurano la propria velocità con l'autovelox.
Commedia generazionale di provincia al suono del rock indipendente. La sceneggiatura è scorrevole, leggera, briosa, ricca di gag divertenti; solo nell’ultimissima parte si aggroviglia e si confonde, dando l’impressione di un finale monco. Gli attori sono ben diretti e recitano in modo naturale e spontaneo: in testa Mastandrea – che in certi suoi atteggiamenti ricorda il primo Nanni Moretti – e Battiston, ma pure i ruoli di contorno dei genitori (Burinato e Celio).
Film dal sapore indipendente, agrodolce nei suoi sapori, profumato di giovani proponimenti. Lontano dai temi nevrotici dei nuovi registi italiani, porta alla ribalta una storia fresca con spunti di verità e di riflessione. Gli attori sono tutti bravi e ben amalgamati, ma certo immaginare Mastrandrea e Battiston come fratelli è un po' una fatica... Il tema della famiglia senza stucchevoli convenzioni.
Buona commedia italiana, soprattutto da apprezzare per le buone prove di Mastrandrea e Battiston e per una sceneggiatura leggera, frizzante, scorrevole. Il film si fa vedere e convince soprattutto perché non ha nemmeno troppe pretese. Per una serata in tranquillità è davvero un bel prodotto. Dopo il successo del film è stata prodotta una serie tv di 13 episodi. Da vedere.
Tipica commedia intimista del nostro cinema, che si avvale di buoni interpreti; il risultato è una pellicola che offre anche spunti di riflessione, il che non è poco. Manca però quel qualcosa in più che sia in grado di farla emergere rispetto a tanti altri prodotti similari girati nel nostro paese. Si sorride, anche se spesso con amarezza, davanti alle vicissitudini del protagonista e della sua famiglia. **!
Commedia che bilancia bene la contrapposizione tra il rocker Mastandrea con il resto della famiglia borghese e provinciale. Situazioni divertenti grazie allo humour romano, che lasciano anche spazio alle sottotrame individuali. Magari la parte lavorativa è un gradino sotto quella familiare e poi la situazione con la Murino è raffazzonata, però gli spunti ci sono anche per una regia sufficiente. Accompagnamento musicale di genere indie che ben si adatta alla moda del periodo.
MEMORABILE: Mastandrea che discute con la polizia; “Perché non ti butti dal terrazzo, si muore prima”; “Mai fatto cover, mai”.
Discreta commedia italiana con un Mastandrea in buono spolvero ben coadiuvato da un frizzante Battiston. Un ambiente di provincia con problematiche familiari consuete e un fallimento incombente. Simpatiche alcune situazioni che si susseguono mentre il finale appare troppo sbrigativo e anche scontato.
Un musicista di una piccola band ritorna alla lontana famiglia a seguito di una delusione amorosa. Un bell’affresco di vita nella cornice della provincia di Rimini tra incomprensioni e nuove comprensioni, scoperte e rivelazioni scioccanti, ironia e malinconia. In sintesi il processo della crescita. Notevoli le perfomance di Battiston e Mastrandrea, efficace il commento sonoro.
MEMORABILE: Il salto dal palco; Le corse sotto il rilevatore di velocità; Il sabotaggio alla catena di montaggio; "Non conto un cazzo! Ecco, l’ho detto".
Curiosamente meno riuscito della serie Tv forse perché qui Zanasi punta più sugli aspetti drammatici dell'epopea Nardini, affrontandoli comunque già con una buona dose d'ironia. Mastandrea è perfetto, un ruolo veramente cucitogli addosso ma anche Battiston è divertente, soprattutto nel relazionarsi con la escort (Caterina Murino). Colonna sonora imponente, a tratti pure invasiva ma scelta con cura. Il livello della recitazione è insolitamente alto anche per i caratteristi (favoloso "Matrix", il tizio che sostiene sia tutto irreale).
Indovinata opera di Zanasi che riesce a raffigurare un insieme di verosimili problemi familiari con un tocco leggero e un ritmo che rendono particolare e piacevole il modo di narrarli. Sfrutta bene le capacità di un cast dove Mastandrea e Battiston riescono a caratterizzare i rispettivi personaggi senza risultare mai ripetitivi e sono ben coadiuvati dalle figure di contorno.
Il buon cinema italiano degli anni 2000 ci regala questa commedia agrodolce ben diretta da Zanasi e ottimamente recitata da Mastandrea, Battiston e la Caprioli (assieme a tutto il resto del cast) nella parte di tre fratelli diversi che si incontrano dopo tempo. Il racconto di un passato nascosto, la malinconia di un presente difficile e la paura di un futuro incerto fanno da cornice a un quadro ben assortito, che riesce a far sorridere e a far riflettere sull'importanza della famiglia, ma anche sull'effetto della lontananza. Buono.
Una storia di smarrimento contemporaneo, tra aziende in crisi e traballanti assetti familiari. Il volto e le espressioni sospese e allucinate di Mastandrea sono lo specchio del tipico disagio esistenziale dei nostri giorni. Un buon film italiano, con la giusta dose di ironia e sensibilità e un cast affiatato di qualità. Soundtrack rock di buon livello.
niente di nuovo sotto il sole: sia la storia (il musicista frustrato dalla vita che torna a casa) che il modo con cui viene portata avanti la vicenda (tutte le beghe familiari che lentamente emergono) appartiene a un repertorio già visto e rivisto. Tuttavia il film risulta piacevole soprattutto grazie all'ottima performance degli attori: Mastandrea col suo fare abulico è perfetto per dar corpo al suo personaggio e Battiston si conferma interprete ottimo per ruoli in cui dramma e commedia si mischiano tra loro. Nel complesso un film non indimenticabile ma senza dubbio godibile!
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ottima prova ,di valerio, e' un po' scontata la sceneggiatura, ossia il figlio scapestrato che invece e' il piu' sano, ma l'intreccio funziona piu' che bene!bravo anche Battiston