Una donna anziana vive in una vecchia villa e ha tre figli che vivono momenti di difficoltà: una vedova con un figlio, una in crisi coniugale e il maschio omosessuale represso. Un buon film italiano ben scritto (la sceneggiatura è una delle cose migliori del film) e diretto con grazia e profondità da Cristina Comencini. Il film presta particolare attenzione alla caratterizzazione psicologica dei personaggi che sono intepretati da attori bravi e sensibili; tra tutti i migliori sono Virna Lisi e Luigi Lo Cascio.
Nella tradizione dei film italici capita che le riunioni familiari siano foriere di profonde riflessioni sui problemi personali dei vari partecipanti e in estrema sintesi questo è il tema di fondo del film. La Comencini lo svolge con estrema cura e anche delicatezza, gestendo al meglio le capacità della Lisi (la madre) e di Lo Cascio. I contenuti sono vari, non tutti originali ma comunque esenti da scene madri e con un crescendo coinvolgente.
Una madre che non ha mai saputo ascoltare; tre figli che non sanno confrontarsi con la verità della loro vita e dei loro rapporti amorosi e sessuali trascinando nell'ambiguità compagni e amanti; tre nipoti in balia degli eventi che faticano a trovare il loro posto: solo la più piccola conserva un approccio mitico e l'ingenuità utile a ripartire col piede giusto. Un film di corpi negati e parole impotenti, intenso e vero, concepito e girato con una sincerità e un pudore che portano a uno stato di grazia raro nei film italiani sulla famiglia.
Gruppo di famiglia (madre, 3 figli, nipoti e mariti) fa i conti con sè stesso. Pachidermico soap-polpettone in puro stile tre camere e cucina, lento, monotono, scontato. L'unico episodio che regge ed esce un po' dal prevedibile è quello della Buy, giusto per qualche trovatina divertente, mentre quello della ceccarelli non si regge (un lungo tiraemolla psicologico tra amante e marito). Alcuni incastri al limite dell'assurdo (l'amante della ceccarelli/veterinario che si rivela in quella maniera così evidente alla Lisi, così come l'outing di Lo Cascio).
La Comencini sceglie di trattare in questo film una gran varietà di tematiche, tutte ristrette alla cerchia familiare, la quale come si sa implica cliché fin troppo usurati come quello della scoperta dell'omosessualità e del tradimento. La regia si supera in alcune scene per qualità e il racconto viene rivestito a tratti da un romanticismo d'immagini coinvolgente e niente affatto stucchevole. A fine film si avverte comunque la pesantezza dell'intreccio di diverse situazioni drammatiche avvolte da una non indifferente dose di pessimismo.
Insidiosissimo polpettone della Comencini ad alto tasso di banalità e/o inverosimiglianza: la famiglia italiana (borghese) come luogo del dolore, dell'insoddisfazione, dell'incomunicabilità e del tormento dove ognuno nasconde qualcosa a se stesso e agli altri. Decisamente troppo per un film solo: la storia infatti si accartoccia e perde immediatamente mordente tra situazioni trite e scontate (l'omosessualità, il tradimento, la prima volta, ecc..) e un sapore latente di piagnisteo molto autoreferenziale. Anche gli attori ripetono, in fondo, se stessi. Evitare.
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Mi sa che due anni dopo Oldoini copiò quasi pari pari la storia e sempre con Virna Lisi sfornò "A casa di Anna". Le storie sono incredibilmente quasi uguali ma l'incipit e proprio uguali, ossia la casa di famiglia contesa dai figli; cambiano soltanto alcune vicende familiari dei figli: nel film della Comecini hanno paure e dubbi di natura sessuale nell'altro più economici o di legami sentimentali, ma la zuppa è sempre quella.