Un film sconclusionato, mal assemblato, che col thriller alla Dario Argento c’entra poco o nulla, se escludiamo quei due o tre omicidi sanguinari commessi con un falcetto. D’altronde anche la tanto sbandierata aderenza al racconto di Poe “Il gatto nero” si limita a qualche trovata e all'ottimo finale in cantina. Per il resto siamo più dalle parti del gotico all'italiana mescolato con la formula giallo sexy dei primi thriller di Lenzi con Carroll Baker. C'è la villa veneta immersa nel verde e abbandonata, c'è la coppia in crisi la cui esistenza viene sconvolta dall'arrivo della conturbante nipote diciottenne (l'immancabile Edwige Fenech,...Leggi tutto qui tuttavia fuori posto anche secondo il regista, che la dovette inserire forzatamente per esigenze di cassetta) la quale, appena arrivata, va a letto con tutti e due dopo essersi ripassata il lattaio. La sceneggiatura si trascina stancamente tra insistiti amplessi (il più censurato dei quali è quello saffico tra la Fenech e la Strindberg) e improbabili omicidi in cui il colpevole pare di secondaria importanza e legato a una parte del film esterna a quella ove si svolge la vera storia. Martino in pratica assomma gli ingredienti principe del periodo e li assembla senza un reale senso logico, cercando in primis di colpire lo spettatore con le buone atmosfere cupe della villa, valorizzate da un’ottima fotografia gotica dei toni bluastri e dalla calzante colonna sonora di Bruno Nicolai. Alterni i meriti del cast: Luigi Pistilli nel suo ruolo è perfetto, forse l'unico contributo di credibilità al film, la Strindberg recita correttamente, la Fenech è troppo sopra le righe e Ivan Rassimov fa, come spesso gli capita, una parte secondaria truccato ridicolmente (come in TUTTI I COLORI DEL BUIO) con una parrucca bianca assolutamente improbabile.
Forse il peggior giallo (con venature horror) diretto da Sergio Martino, a causa di una rivisitazione fiacca del racconto il "gatto nero" sulla traccia mnestica di Allan Poe e su improvvisazioni spurie, attribuite allo stesso: "Il tuo vizio è una gabbia col chiavistello dal di dentro… siamo noi che vogliamo restarci rinchiusi per forza". La frase sembra derivare dal flano di lancio di Una Lucertola con la pelle di Donna, ma già troneggiava ne Lo Strano Vizio della Signora Wardh (uscito il 23 dicembre 1970), quest'ultimo siglato da Martino.
Parecchia carne al fuoco: il film mescola giallo classico, thriller argentiano e gotico (con palesi riferimenti al Gatto nero di Poe). Sceneggiatura con più di un limite, soprattutto in alcuni dialoghi di ignobile bruttezza, nella banalità di certi personaggi e situazioni in linea con molti stereotipi del giallo italiano di quegli anni. Di buono ci sono però le sequenze di violenza, una buona dose di sadismo psicologico, una Fenech bellissima maiala e cattiva e una Strindberg tormentata e psicolabile. Niente di che ma si lascia guardare.
Siamo di fronte ad un giallo all'italiana con venature gotiche e ampie citazioni del gatto nero di Edgar Allan Poe. Sergio Martino cerca di farci dimenticare il ritmo lento e la trama sconclusionata con numerose scene di nudo e di amplessi ma il suo giallo risulta inferiore a prodotti analoghi da lui diretti in quegli anni. Non propriamente da buttare ma niente di indementicabile. Pistilli fa la sua parte con professionalità, la Strindberg è bella e rende bene il suo ruolo, molto meno convincente la Fenech in una parte che non le si addice.
Un po' deludente, anche in relazione alla trama (interessante, "lenziana"), che avrebbe potuto essere messa in scena con accenti che mancano. Piatto, freddo, è l’uso della villa, assente quello dell’ambiente provinciale (siamo a Montagnana), sciatte alcune soluzioni (l’omicidio “Lovable”). C’è l’impressione di una certa frettolosità realizzativa. Molto bravo Pistilli, mediocre la Fenech (di lì a qualche anno la Fani sarebbe stata perfetta per la parte), sufficiente la Strindberg. Mi ha sorpreso Nebbia che parla con la voce di Carlo Romano.
Inferiore agli altri thrillers martiniani, ma non poi bruttissimo. È che le idee scarseggiano, e allora si tenta il bricolage di cose già viste e fatte meglio (anche dalla stessa troupe!). Certo, rispetto a Bergonzelli o Pastore.... Edwige sempre bellissima malgrado una cofana di capelli improbabile, Pistilli esilarante nello sterotipatissimo (anche esteticamente) ruolo dell'intellettuale incazzato con maglioni gucciniani, Dalila Di Lazzaro (alla sua prima apparizione) balla nuda sul tavolo all'inizio.
Prendendo spunto da "Il gatto nero" di Poe, il film non riesce a trovare la sua giusta dimensione, oscillando tra dramma e thriller, erotismo e gotico, risultando alla fine sin troppo confuso. Bravo come sempre Pistilli (qui scrittore alcolizzato e in crisi) e notevolissimi i suoi deliri sulla macchina da scrivere che, già suggeriti da Clouzot, verranno ripresi otto anni dopo da Kubrick per Shining. Musiche e atmosfere morbosamente seducenti.
Thriller venato di gotico, lontanamente ispirato al "Gatto nero" di Poe, che presenta una trama piuttosto lenta e scontata oltre che copiose e ripetute nudità delle protagoniste le quali però sono del tutto gratuite e non riescono a risollevare le sorti della pellicola che probabilmente è tra le meno intriganti, misteriose e riuscite del regista che tuttavia in futuro farà anche peggio. L'unico elemento veramente interessante sono i deliri sulla macchina da scrivere (vi ricorda qualcosa?). Solo per amanti sfegatati del genere e della Fenech.
Tratto dal classico "Gatto nero" di Edgar Allan Poe. Martino ne gira una dignitosissima versione, con un cast perfetto, una sciupata (per ragioni sceniche), ma sempre bellissima Anita Strindberg, la Fenech (in caschetto) che si dà a una rara (nella sua carriera) scena lesbica, Pistilli. Il tema musicale di Bruno Nicolai è adeguato e gli omicidi ben realizzati. C'e pure Nerina Montagnani. Da vedere.
Uno scrittore sul viale del tramonto, alcolizzato ed amante dei festini con i giovani libertini, riceve la visita di una conturbante nipotina e da allora i suoi guai si fanno ancora più seri. Una Fenech in versione capelli corti (adeguata al ruolo) e un bravo Pistilli ben immerso nel BBB movie (ma vi è anche un film BBB del Pistilli, vedi L'ossessa di Gariazzo, ma vedi anche la tripla A per il povero Luigi quale attore di teatro). Mitico anche il ribaltone del film.
Thriller con venature erotiche e horror, penalizzato da un ritmo piuttosto lento a da dialoghi non sempre all'altezza. Notevole invece il cast e curata come sempre la regia di Martino. Curioso il finale che cita Poe, ma la cosa che stupisce di più sono i deliri sulla macchina da scrivere che anticipano Shining. Buona colonna sonora di Nicolai.
Palesemente ispirato a Poe, questo thriller di Martino si distacca parzialmente dai precedenti tre e mette in scena tutto l'armamentario del gotico all'italiana Anni Sessanta (la villa tetra, il gatto nero, porte cigolanti e via dicendo), mischiato con il sexy-thriller alla Lenzi e naturalmente un po' di Argento. Il risultato è abbastanza fiacco e noioso, nonostante le buone prestazioni di Pistilli e della Strindberg. La Fenech, in un ruolo secondario, mostra un po' di mercanzia come al solito, ma è poco convinta. Rassimov latita parecchio. Discreto.
Piccola truffa ai danni dello spettatore ordita da Luciano Martino che spaccia un film come tratto da Poe (Il gatto nero) per poi ridurre il tutto agli ultimi cinque minuti di film! A dirla tutta siamo più dalle parti del giallo alla Bava con qualche innesto sexy-morboso, ed è solo grazie all'abilità di Sergio Martino che si lascia guardare. Scritto male ma girato bene (specie la scena lesbo) con una bella sequenza nel sottofinale che immette la pubblicità nella diegesi del film. Solo questa merita la visione del medesimo. Comunque Martino ha fatto di meglio.
Davvero un mediocre film che non si salva nemmeno per via del glamour Anni Settanta (che vale quanto la fascinazione delle copertine Adelphi nei confronti del reale valore del libro). La Fenech fuori parte e con acconciatura così così, Pistilli regge anche se è sempre il solito depravato, Strindberg isterica e spettinata. Il legame con Poe è solo nella presenza del gatto nero cattivo e orbato di un occhio e nel finale. Ma della levità e disperazione dello scrittore americano non c'è niente. Semmai siamo in una sub-argentata.
MEMORABILE: Chi fa scoprire tutto è... Nerina Montagnani, nonna Lavazza!
Rielaborazione bizzarra del Gatto Nero di Poe aggiornata alla femme fatale e ai Diabolici di Clouzot. Soffre di una sceneggiatura troppo macchinosa, certa enfasi e personaggi prototipici, ma la contaminazione con il gotico funziona meglio che in Miraglia. Martino scova inquadrature non banali che suppliscono al ritmo un po’ legnoso, azzecca un clima malsano e ha intuizioni e raffinatezze non da poco (la corsa in moto, le colombe, la scena saffica). Belle facce: ruvido, torbido Pistilli, gorgonica la Stridberg, freschissima la Fenech. Non male.
Buon giallo di Martino con venature gotiche e rimandi alla lontana al Gatto nero di Edgar Allan Poe (sopratutto negli ultimi 5 minuti). L'atmosfera gotica e malsana richiama un po' il dittico di Emilio P. Miraglia e Martino dirige con mestiere una storia alquanto morbosa e intricata di gelosia e odio coniugale con un serial killer armato di falcetto a fare da contorno. Splendide le musiche di Bruno Nicolai. Da vedere.
MEMORABILE: L'omicidio "Lovable" e quello di Ivan Rassimov.
Interessante giallo ben diretto da Martino, con il solito Pistilli antipatico vessatore di donne ed un'ottima Strindberg. La Fenech non sembra adatta al ruolo perfido e doppiogiochista assegnatole. Per chi non ha letto il racconto di Poe è notevole il crescendo di eventi che porta ad un finale interessante. Azzeccata la decadente villa veneta dove tutto si svolge.
Martino non è un innovatore ma conosce abbastanza il suo mestiere per mantenersi lontano dal ridicolo involontario. Interessante la partenza del film, col contrasto tra un Pistilli allucinato e disincantato e la Strindberg nel ruolo della moglie soggiogata. Quando evolve come giallo rientra nell'ordinarietà e propone esiti traballanti. A completare il versante rosa la Fenech tipica del periodo, la Di Lazzaro versione hippy come mamma l'ha fatta e la Bonaccorti nel ruolo di una vistosa donnina da bordello.
MEMORABILE: La frase battuta a macchina ("Uccidere e murare in cantina") anticipatrice del "Il mattino ha l'oro in bocca" di Shining.
Giallo/thriller girato bene e raccontato così così. Di sicuro si ricorda di più per le scene di sesso che per la trama in sè. Interessante il ruolo di Edwige Fenech che in questo film ha l'occasione sì di spogliarsi come spesso accadeva, ma anche di mostrare per più tempo le sue qualità d'attrice. L'intrattenimento più alto lo abbiamo durante le scene degli omicidi, composte molto bene. È presente anche una giovane ed irriconoscibile Enrica Bonaccorti.
Giallo ambientato in provincia veneta in cui lo sviluppo narrativo mostra qualche venatura inquieta e ambigue scene di sesso. Intenso Pistilli nella sua pazzia alcolista, seducente ed algida la Strindberg mentre la Fenech, benché giovane e fresca, non mi ha del tutto convinto.
Prevedibile nella trama, il film fa della misteriosa e decadente villa veneta, nonché dei personaggi che la abitano, il centro nodale della storia delittuosa, su cui (per fortuna) non si insiste troppo. Molto convincente la coppia folle che si ama e si odia e che vive un rapporto conflittuale con il gatto nero. Edwige Fenech è sempre all’altezza, anche quando non si spoglia.
Deludente come svolgimento ed exitus, ma la splendida interpretazione della Strindberg (forse la sua migliore in assoluto!), con le sue variazioni di tono e di umore, risollevano le sorti di quest'opera, come pure l'onnipresenza ossessiva del gatto, che assurge quasi a maledizione. Lasciam perdere il particolare della macchina da scrivere, visto che anche un lattante capirebbe quale regista universale e in quale film avrebbe ripreso questo particolare...
MEMORABILE: Il festino iniziale e la strage di volatili.
Il meglio è nello strepitoso titolo ("recuperato" da Lo strano vizio) e nella festa "debosciata" in villa. Incipit capaci di dar ad intendere un mood che invece il film non riuscirà a mantenere, preferendo i Martino (Sergio regista e Luciano produttore) perdersi nei rivoli di un exploitation pruriginosa (Edwige Angelo sterminatore ninfomane) e commerciale (culminante nello spottone Lovable), che non accompagnano ma guastano il racconto. Certo la confezione di Sergio è sempre di gran riguardo ma al solito senz'anima. Pistilli/Stridberg diabolicamente bravi.
MEMORABILE: Le musiche di Nicolai e la festa in villa di cui si diceva sopra.
Sarebbe stata interessante (sia dal punto di vista estetico che narrativo) la contaminazione tra età del gotico ed Age of Aquarius, invece i fricchettoni scompaiono dopo la prima scena, lasciando il villone libero a Pistilli e alla Strindberg, entrambi talmente pazzi che a nessuno importa se uno dei due sia o meno anche un assassino, che se la cantano e se "le" suonano, tra un Edipo irrisolto, un gatto nero e parecchia grappa Libarna! Gli intermezzi erotici della Fenech fan da riempitivo a una trama che arranca, petulante e pesante, verso il canonico finale. Martino ha fatto sempre di meglio!
MEMORABILE: Rassimov incanutito, la Fenech pettinata che sembra abbia un elmetto, la Strinderg crespa: il parrucchiere del set era un sadico peggio di Pistilli!
Non il miglior film di Sergio Martino ma rappresenta bene i pregi e i difetti tipici del giallo italiano dell'epoca. Merita dunque di essere visto e non solo per un cast femminile da sogno. Curiosa è l'ambientazione veneta, intrigante anche se improbabile è il plot, violenti e ben ripresi i delitti. Tanta fantasia, pieno di approssimazione, morboso e ottimamente fotografato.
Complessivamente un buonissimo film; non spettacolare da un punto di vista visivo ma caratterizzato da un'atmosfera assolutamente malsana e cupa. Al di là delle somiglianze/divergenze col racconto di Edgar Allan Poe, l'opera è interessante e l'attenzione e la tensione dello spettatore sono vive per tutta la sua durata. Buona la prova del cast (anche grazie alla precisa caratterizzazione dei personaggi) e ben riuscito il commento musicale.
Originale e sorprendentemente ben costruito ma senza tradire l'essenza del vero italian giallo, fatto di omicidi cruenti, polizia quasi assente, sesso, perversioni e bottiglie di J & B. Gli attori sono tutti (o quasi) praticamente inespressivi, ma anche questa è una sorta di caratteristica del genere; menzione negativa invece per gli effetti speciali, non certo fra i migliori. Forse c'è un po' troppo eros gratuito disseminato per la pellicola, ma la Fenech è sempre un gran bel vedere.
MEMORABILE: L'omicidio alla casa d'appuntamenti; La frase ossessiva alla macchina da scrivere.
Bel film, tutto sommato, che si avvale di una trama accettabile, nonostante la sceneggiatura non sia curatissima. Martino è regista d'esperienza, soprattutto nel genere thriller e sforna un prodotto decisamente godibile grazie anche ad alcune notevoli intuizioni (su tutte la scelta del montaggio alternato nella sequenza della discesa in moto). La fantastica Anita Strindberg è perfettamente calata nella parte e fornisce una bellissima interpretazione, mentre la Fenech, come al solito, fa il suo.
Ennesima trasposizione cinematografica del "Gatto nero" di Poe trasferito nella provincia veneta. Sergio Martino, per rendere interessante la pellicola, inserisce un po' di nudi, tutti piuttosto casti in verità, nei quali la Fenech la fa da padrona (regalandoci anche una scena lesbo con la Strindberg), uccisioni in cui si fa ampio uso di pummarola e l'immancabile gatto nero. Buona l'interpretazione del cast (Pistilli il migliore). Peccato per gli effetti speciali, che potevano essere più curati.
Ambientazione gotica, delitti argentiani, intreccio lenziano, finale che ricorda "Il gatto nero" di Poe... Nulla di nuovo sotto il sole, però Martino si conferma ottimo assemblatore di ingredienti collaudati e la pregevole confezione (splendida fotografia di Ferrando, belle musiche di Nicolai) permette di sorvolare su qualche svarione nella sceneggiatura. Pistilli e Rassimov sono rispettivamente il migliore e il peggiore del cast; Nebbia commissario è simpatico, bellissime la Strindberg e la Fenech, ma quanto a recitazione vince la svedese.
MEMORABILE: Gli omicidi; I deliri sulla macchina da scrivere che ritroveremo in Shining; Il finale.
Martino prende spunto da contesti differenti per amalgamare un giallo che alla fine risulta godibile, anche se non raggiunge picchi elevati. L’aria è decadente e morbosa, oltre che prettamente settantiana e forse questo a oggi lo fa sembrare un po’ datato. Nel complesso non è il suo miglior lavoro nel genere, ma rimane comunque dignitoso. Splendido il tema portante di Bruno Nicolai, suadente e malinconico.
Tra i thriller erotici di Sergio Martino questo è uno dei più anomali, con qualche sconfinamento nell'horror (tanto che cita apertamente Poe e "Il gatto nero"). Il triangolo vede al centro Pistilli, scrittore fallito, diviso tra la Strindberg e la Fenech. Non mancano una serie di misteriosi omicidi. La villa veneta e le musiche di Nicolai contribuiscono a creare un'atmosfera decadente, diversa dai soliti film del regista. Nel cast anche una giovane e irriconoscibile Enrica Bonaccorti.
MEMORABILE: La scena saffica; La frase ripetuta sulla macchina da scrivere che ricorda Shining.
Al netto della scena pre-kubrickiana (che sta ormai fagocitando la fama del film stesso), Il tuo vizio è un goffo pastrocchio, incerto fra varie ispirazioni di genere (condite furbescamente dal genere che funziona sempre: posteriori e davanzali femminili). Gli attori, nonostante alcuni volti cult, si adeguano al tono generale; persino il gatto (nero, ovviamente da Poe) recita male, smiagolando spesso e a casaccio. Fosse vivo, il genio di Boston vedrebbe risolti i suoi annosi problemi di budget.
A metà strada tra Shining e Poe troviamo questo intersessante film, dove ben calibrati ci sono sesso, violenza e bramosia di denaro. Dove si confondono in continuazione i ruoli di vittima e carnefice. Bellissima come sempre la Fenech, nicholsoniano Pistilli e ottima nella parte la Strindberg. A parte l'effettaccio mal riuscito del gatto guercio, della parlata veneta da dilettanti allo sbaraglio e della quantità fuori misura consumata di J&B è una pellicola da non far mancare nel prorpio curriculum di cinefili incalliti.
Ambientazione da horror gotico e intrighi da giallo lenziano: un apparente passo indietro rispetto all'estetica pop della Signora Wardh e Tutti i colori del buio ma comunque un'opera elegante, assai più personale dello pseudo-argentiano La coda dello scorpione. Gli habitué Fenech e Rassimov paiono meno incisivi del solito, declassati (con pettinature inedite) a ruoli secondari, mentre sono bravissimi il torvo Pistilli (uno scrittore alcolizzato in crisi da manuale) e una Strindberg nervosa, quasi (incredibile a dirsi) imbruttita dall'isterismo.
MEMORABILE: Il party iniziale; La macchina da scrivere; Il manifesto Lovable; "Lei ha seviziato un gatto...".
Ottimo thriller di Martino che pesca da Poe e spinge parecchio sul sesso, il macabro e l'orrorifico. Suggestiva l'ambientazione del casolare perso nella campagna veneta e gli omicidi splatterosi a colpi di roncola. Bel cast con le bellissime Strindberg e Fenech, il sempre bravo Pistilli e un inquietante Ivan Rassimov con capelli bianchi. Forse gira un po' a vuoto nella parte centrale, ma si riscatta alla grande nel finale.
Atmosfere torbide e dannunziane per questo giallo ispirato al celeberrimo racconto di Poe che ha il merito di oscillare fra l'argentiano, l'erotico e il gotico, sfuggendo pertanto a una classificazione precisa. Se la pellicola non è granché, lo stesso non si può certo dire del gineceo: brevi parti per la Bonaccorti e la Giordano, mentre la Fenech e la Strindberg, occhi di ghiaccio, la fanno da padrone contribuendo ad alzare la valutazione complessiva.
Uno scrittore alcolizzato che maltratta la moglie, una frase ripetuta ossessivamente scritta con la macchina da scrivere e una colonna sonora che riprende l'aria del Canto Gregoriano “Dies Irae”: elementi che ritroveremo in Shining. Ispirato al “Gatto nero” di Poe, è un tipico giallo anni Settanta con omicidi splatter per l'epoca e qualche scena di sesso (persino un lieve strusciamento saffico tra Anita Strindberg e Edwige Fenech). Luigi Pistilli fa il personaggio maledetto e bevitore alla Poe (naturalmente beve J&B).
Altro bel thrillerotico firmato da Martino, che stavolta prende spunto da Poe ma ci mette anche molto del suo, specialmente nella caratterizzazione dei personaggi. Su tutti il più interessante è senz'altro quello di Pistilli, violento e cinico fin dalle prima scena. La Fenech qui ha un ruolo da comprimaria ma lo svolge egregiamente, rappresentando di fatto il motore degli eventi, Rassimov invece si vede veramente poco. Il ritmo c'è, nonostante qualche lungaggine nei vari amplessi (anche lesbo) e l'estetica noir nobilita il tutto.
Ispirato a un celeberrimo racconto di Poe (l'ennesimo!), il film di Martino è in pieno stile Martino, per la profusione di cosce e tette. C'è un assassino che sgozza le sue vittime con una roncola e soprattutto c'è un ménage di coppia che sembra il gioco del gatto col topo. Poi arriva la cuginetta sexy a sparigliare le carte. Se la regia e la fotografia sono di consumata maestria, la trama è a disposizione di un obiettivo che va dritto sotto gli abiti di belle e giovani fanciulle. La Fenech una quasi ninfomane dal personaggio antipatico, mentre molto meglio la Strindberg e Rassimov.
Giallo all'italiana senza infamia e senza lode, con la novità che qui le tinte thriller si fanno più forti. Vagamente ispirato al "Gatto nero" di Edgar Allan Poe con rovesciamento dei ruoli, è un film che in realtà non decolla mai veramente per la mediocre recitazione e per una continua scarsa credibilità di fondo. Comunque sia la pellicola intrattiene in maniera efficace perché il ritmo è buono e le location padovane sono molto ben fotografate. Tutto sommato guardabile quindi, ma sicuramente non è il miglior titolo del genere, né tantomeno il miglior lavoro di Sergio Martino.
Dopo quello - poco sfruttato, a livello narrativo - della signora Wardh, Martino coinvolge la Fenech in un altro "vizio", questa volta morbosamente dominante all'interno della vicenda. Dal thriller para-argentiano si passa a un giallo gotico di scarsa compattezza, anche per via di un subplot proto-slasher (che anticipa I corpi presentano tracce di violenza carnale) mal integrato col resto della storia. Lo script è dunque arrancante, ma il clima torbido e la sgradevolezza dei protagonisti conferiscono al clima una cupezza mucida e decadente di grande efficacia. Buoni i twist finali.
MEMORABILE: La bella OST di Nicolai; Festini nella villa; L'assassino col falcetto; Fulminei primi piani sul gatto monocolo; La macchina da scrivere pre-Shining.
Va bene: ci sono i delitti col falcetto, c'è una coppia di mezzi matti nella villa veneta e pure il gatto nero di Poe che irritante miagola a tutto spiano, ma sopra ogni cosa ci sono gli accoppiamenti multipli che all'arrivo della Fenech nipotina vispa e focosa aumentano a dismisura. E si mangiano facile un gialletto esile e risibile, tanto più all'apparire di un Rassimov imparruccato di bianco. Martino si salva col mestiere e l'eleganza dei movimenti, ma il film si schianta contro un fastidioso overacting che solo la Fenech riesce a trattenere.
MEMORABILE: “Vendetta” sui fogli di carta, ripetuto mille volte come la frase incubo di Jack Torrance molti anni dopo.
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Zender ebbe a dire: Perché il sistema NTSC è più "lento" del PAL e quindi che il film in NTSC duri 4 minuti in più è la norma.
grazie !!
CuriositàZender • 14/07/16 10:35 Capo scrivano - 47778 interventi
Quintali di pubblicità (assolutamente non) occulta nel film. Senza volersi soffermare troppo sui soliti liquori e acque minerali, ai quali siamo ormai abituati e ripresi in primissimi piani assai generosi...
...non possiamo dimenticare il cartellone che si vede pure come inserto subliminale prima dell'incidente...
...la borsa ritrovata sul luogo del'incidente...
...o il pacchetto di sigarette nello studio di Pistilli (si fa notare che non sono questi ritagli di fotogramma ma inquadrature reali):