I giorni del cielo - Film (1978)

Giunto alla sua seconda pellicola, Malick mantiene la maturità dell’esordio e dà vita ad un film che riprende temi e stilemi del lavoro precedente come il senso del paesaggio e della fatalità. Notevole da un punto visivo, deve parte della sua forza delle immagini alla splendida fotografia di Nestor Almenderos che fu giustamente premiata con l’Oscar. Straordinaria come al solito la regia di Malick, che venne omaggiata a Cannes con un premio.

Film che ha nella sua componente visiva il punto forte. Scelta voluta ed abituale per Malick che tende a creare film di atmosfera piuttosto che di storia. E difatti la storia resta in secondo piano. Anche la sceneggiatura e la recitazione non meritano una menzione particolare. Ma le immagini proposte (quasi tutte girate durante la "magic hour") sono così belle da far quasi dimenticare tutti i difetti.

Lui fa sposare l'amante con un ricco signore, ma costui scopre l'inganno. La storia è poca cosa, e del resto Malick sceglie una narrazione sgranata che frammenta ulteriormente l'esile vicenda in rapidi flash a singhiozzo. Ciò che gli interessa è la ricostruzione di un'atmosfera, più naturale che storica: e allora grande spazio alla natura, a cui riserva ispirate immagini, e alla sua ineluttabile indifferenza agli affanni umani. Bella fotografia, bella musica, ma il film rimane sospeso e l'estetismo non è sufficiente.

Secondo lungometraggio per questo speciale regista che si scrive le storie e dirige i relativi film. La descrizione per immagini di un'America rurale dei primi del novecento direi che è perfetta e suggestiva, la storia raccontata, invece, sembra immobile. In verità si muove e anche tanto, ma in modo che non emoziona e si aspetta sempre che arrivi qualcosa che dia tono e significato al film, che non sia solo lo svolgersi di una cronaca, neanche troppo originale, di un fatto comune. Niente a che vedere con Badlands, che lo ha preceduto.

Un'insieme di quadri, intensi e profondi, paesaggi, contesti, uniti con intuizione creativa e musiche (di Ennio Morricone) stupende. Aggiungeteci una storia malinconica, angosciante, coinvolgente... un grandissimo film. Malick comunica con il nostro cuore passando attraverso occhi, orecchie, cervello. Ci narra di solitudini, inquetudine, amore, tradimento, fa tutto ciò all'ombra di istantanee simboliche che gli permettono di asciugare ogni dialogo. Questi ultimi infatti sono pochissimi, la storia è narrata in terza persona e ciò la rende ancor piu desolata, profonda.

Il genio visionario di Malick, alla sua seconda fatica, genera una pellicola melodrammatica in cui il triangolo amoroso si miscela egregiamente con la potenza delle immagini che offrono invidiabili scorci e mirabili particolari, vedi le locuste. Grande colonna sonora e appropriato il cast con il solito ribelle, per quegli anni, Gere e soprattutto l'intenso Shepard.

Un contadino s’innamora ma convince l’amante a sposare il padrone. Malick, al suo secondo film, amplifica l’efficacia visiva delle immagini fatta notare nel precedente La rabbia giovane puntando su tonalità dai colori accesi che rendono diverse scene degne di nota. Si diverte a riprendere alcuni dettagli curiosi (come animali e insetti nel loro contesto naturale) ma ciò sarebbe stato maggiormente giustificato se il film avesse avuto una durata più lunga. Infatti più volte si nota che alcune scene non sono state adeguatamente approfondite.

Opera seconda di Malick che si riallaccia all'esordio, sia per il tono piuttosto freddo e distaccato, sia per l'uso funzionale e non solo coreografico dei paesaggi naturali. Splendida fotografia pittorica di Almendros e belle musiche di un Morricone un po' diverso dal solito, coadiuvato da Leo Kottke. Insomma, la produzione è più suntuosa rispetto a La rabbia giovane, ma il regista non si svende e mantiene il suo stile personale. Una delle migliori prove di Gere. Dopo questo film Malick sparirà dalla circolazione per vent'anni diventando figura di culto.

Opera chiave nella filmografia di Malick, segna il radicalizzarsi della messa in archetipo del narrato, enfatizzata dal tono elegiaco che la fotografia di Almendros e lo score di Morricone elevano allo stato dell’'arte. L'incesto biblico - e fondativo - della società degli uomini e la caduta dallo stato di grazia si stagliano nella ciclicità ineluttabile di una Natura ancestrale che travolge e ingloba la storia nazionale. Si insinua più di un sospetto di algido formalismo, un'intellettualizzazione del pathos destinata ad esondare nelle opere che verranno.

Alla sua seconda fatica cinematografica, peraltro funestata da diversi problemi produttivi dovuti al fatto che il film doveva essere girato quasi tutto nella cosiddetta "ora d'oro", Malick realizza un'opera "naturale", nel vero senso della parola. Infatti la concentrazione del suo autore sui particolari estetici è fin troppo palesata; cosa che, all'epoca, fece storcere il naso a diversi critici. Non sapendo che tale scelta sarebbe diventata la principale peculiarità del cinema di Malick. Ottima fotografia (premio Oscar).

Coppia si finge fratello e sorella per raggirare un possidente terriero. La storia avrebbe anche altri contenuti da esplorare (visto che ci si trova a inizio Novecento) tra inganno, avidità e vendetta, ma si preferisce il lato romanzato. Regia innovativa per la fine degli anni 70, che sfrutta gli spazi e le luci esterne riuscendo a creare un clima immaginifico profondo come un romanzo americano. Gere non sembra sempre a suo agio nel ruolo da villico, meglio Shepard. Eccellenti i cromatismi della fotografia.