Variatio drammatica de I vitelloni, nonché impietoso ritratto dell’alta società di provincia, meschina, corrotta e senza via d’uscita anche per chi vorrebbe ribellarsi. Nel coro internazionale degli attori – tutti validissimi – spiccano Blain come romantico fallito, Milian cinico e spregiudicato, la Blair aristocratica decaduta e la Lualdi smarrita e quasi ferma ad uno stadio adolescenziale. Memorabile e ben diretta la spericolata corsa in auto di Milian e della Cardinale. Girato ad Ascoli Piceno.
Ritratto di borghesia annoiata, arroccata e inamovibile, nella petrosa (e bellissima) Ascoli Piceno. Si contrappongono "i delfini" (giovani di buona famiglia) e "gli altri" (aspiranti, o riluttanti, ad entrare nel giro giusto), ma la trama si dipana senza troppe sorprese, il timbro è eccessivamente serioso, mentre per un tema simile sarebbe stato efficace qualche spunto da commedia. Per dipingere un quadro realmente memorabile di una provincia perbenista e intimamente volgare, ci volevano più forza e più astio. Ottimo Tomas Milian.
MEMORABILE: Le stanze, enormi, lussuose ma spoglie, del palazzo (ipotecato) della contessa.
Non privo di difetti - fra cui primeggia il banale espediente della voce fuori campo di uno dei protagonisti - ma comunque un film potente, ricco di pagine robuste che ci rimandano ai lontani tempi in cui il cinema italiano sapeva muoversi nella realtà e raccontarla. Col fondamentale supporto del livido b/n di Di Venanzo e di un gruppo di attori in stato di grazia (Milian e la Cardinale fra tutti), Maselli osserva con sguardo freddo la rampante borghesia italiana ai primi bagliori del boom economico, consegnandoci forse la sua opera migliore.
MEMORABILE: La festa iniziale con il gioco dell'assassino e quella finale nella villa della nobildonna caduta in disgrazia.
Si ispira al cinema antonionano e alle tematiche felliniane e colpisce più per le immagini che per la narrazione. Dispiace infatti per la voce narrante che imbocca lo spettatore, mentre la regia risulta ferma e la coppia di attori protagonisti dannatamente bella e ispirata. Disperato come gli stati d'animo dei due, figli di una provincia dove impera la noia e le leggi non scritte hanno il loro peso. Amaro, pungente, sprezzante, decadente come una certa borghesia.
Possiede certamente alcune ingenuità e dei molti personaggi non tutti sono caratterizzati con la stessa sottigliezza; ma vale ancor oggi come ritratto impietoso dei riti, delle convenzioni e anche delle crudeltà dell'Italia di provincia di quel tempo (la provincia è, in questo caso, Ascoli Piceno e la splendida fotografia di Di Venanzo ne enfatizza spietatamente il lato oscuro). Valido cast composto da giovani leoni (e leonesse) del cinema italiano di quegli anni. Bravi soprattutto Milian e la Blair, a cui il film regala una scena memorabile.
MEMORABILE: Gli amici della nobile Cherè (Betsy Blair) ne esplorano la villa e scoprono che tutte le stanze sono vuote e la sua ricchezza solo una patetica bugia.
I delfini, i giovani che succederanno a genitori che hanno già preparato loro una vita. Una vita a cui non possono (non vogliono) sfuggire, nonostante il loro dibattersi. Sono nati nella rete, in una rete protettiva, ma allo stesso tempo prigione, una generazione "fortunata" che comincia ad annoiarsi ancor prima che la noia cominci. Ritratto abbastanza riuscito di una borghesia ben riconoscibile in quegli anni. La scelta di Ascoli Piceno e la sua onnipresente Piazza del Popolo, risulta vincente a rappresentare la diffusa provincialità italiana.
Film particolarmente immerso nell'atmosfera estetico/intellettuale (ma verrebbe da dir pure socio-politica) del periodo, l'opera seconda del Citto risente eccessivamente di alcuni stilemi di quel cinema (il voice over manicheo e l'"assunzione" del punto di vista di Anselmo in primis), mostrando però una non comune proprietà dell'utilizzo del mezzo. Lo spettatore smaliziato infatti, pur ben sapendo dove si va a parare, viene condotto con sapienza da Maselli nella decadente giostra borghese/provinciale dei suoi protagonisti, effigiati nel b/n di Di Venanzo.
MEMORABILE: Nel cast da segnalare le prove di una languidamente carnale Antonella Lualdi, del cinicamente sfrontato Milian e di una Cardinale col "fiato" della Asti.
Se si escludono le sequenze del gioco durante la festa e della corsa in macchina, ben girate e ambedue con un buon Milian e un'ottima Cardinale, per il resto il film perde colpi o funziona male. E' l'impianto sociologico che non convince per come è reso in forma cinematografica, serioso e talvolta didascalico (si senta la voce off, per esempio); manca insomma di ironia in primis e poi, volendo, di qualche giusta dose di commedia. Obsoleto (tolte le sequenze di cui sopra).
MEMORABILE: La bella musica durante il gioco nella festa.
La gioventù dorata di provincia in un affresco che, come accadrà per Gli indifferenti, sfiora, per usare un termine caro alla critica militante del tempo, la deriva estetica. Il comunista Maselli depone le armi sociali e si lascia affascinare dai visi e dalle movenze dei suoi bellissimi attori, fermati in un elegante bianco e nero. E forse è giusto così: l'Italia profonda più che da nemici del popolo era ricca di piccole meschinità, come dimostra la crudele scena finale con l'umiliazione della contessa. Bravi tutti, ottima Betsy Blair.
L'Italia di provincia, borghese, viziata e irrequieta, è oggi uno spaccato così lontano e in gran parte superato. Resta l'ambiguità dei rapporti umani che rende scivoloso lo sviluppo del racconto, ben raffigurato dai volti di Antonella Lualdi, Gerard Blain, Claudia Cardinale, Tomas Milian. Cinismo, classismo, noia sembrano mescolarsi senza alcuna apparente via di scampo, o quasi...
In una cittadina di provincia, un ristretto gruppo di giovani "bene" impegnati in feste, amorazzi, propositi di fuggire verso mete idealizzate... Questi perdigiorno ricchi ed annoiati, che siano aristocratici oppure borghesi arricchiti magari in maniera poco limpida come il padre del protagonista, ispirano giustamente meno umana simpatia di quelli felliniani, ma il ritratto ambientale risulta viziato da un certo schematismo imputabile alla sceneggiatura alla quale ha lavorato anche Moravia. Pregevole invece la prova complessiva del cast, ben amalgamato, che giustifica la visione.
MEMORABILE: Alla festa di addio della contessa, gli amici scoprono le stanze vuote
La sinistra ha bucherellato la reazione con ogni lama possibile, e Maselli (con Moravia) è cinico lanciatore di coltelli. Infilza i rampolli di provincia, specie coriacea, benché il registro appaia manicheo non tanto nel plausibile muro cetuale quanto nella spartizione buoni-cattivi. Alle sfumature ci pensa la fotografia di Di Venanzo, che sbalza forme e falsa coscienza. Spiccano Milian e Betsy Blair, i più consapevoli del ruolo. Rigidina la Cardinale, preferibile la sinuosa Lualdi. E Blain la faccia da delfino ascolano proprio non ce l'ha. Fidenco esordisce con "What a Sky".
MEMORABILE: Alberto concupisce con la forza Fedora durante il gioco dell'"assassino"; La scoperta della bancarotta della contessina.
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MusicheOrsobalzo • 14/09/11 15:38 Pulizia ai piani - 1101 interventi
Grazie, Lucius..
Maselli avrebbe voluto inserire un brano del già famoso Paul Anka, ma le esose richieste economiche di quest'ultimo lo fecero ripiegare (su consiglio di un suo amico della RCA) sul semisconosciuto Nico Fidenco.
Fu questa canzone che fece "decollare" la carriera di Nico Fidenco..