Una donna maltrattata da un marito paranoico si finge morta per rifarsi una vita, ma l'uomo la trova e ricomincia a perseguitarla. Discreto thriller diretto da Joseph Ruben è uno dei primi film della Roberts qui molto affascinante ma superata in bravura da Patrick Bergin, ottimo nel ruolo del marito psicologicamente disturbato e persecutore sotto una finta apparenza di uomo devoto e sensibile. Il regista costruisce molto bene la tensione mostrando come questa possa esplodere brutalmente in contesti apparentemente idilliaci.
Thriller senza infamia e senza lode che comunque è realizzato con buona professionalità da Joseph Ruben (di suo è sicuramente migliore Il patrigno, che tocca argomenti simili). Bravo Patrick Bergin nel ruolo del marito psicopatico, discreta prova anche di Julia Roberts.
Mediocre thriller dalla trama banale e scontata in cui ogni colpo di scena risulta di conseguenza prevedibile. Sono apprezzabili tuttavia le buone interpretazioni della Roberts, giova moglie perseguitata, e da Bergin, il marito brutale e psicotico: è lui, con la sua figura minacciosa, a creare i momenti di maggiore interesse in questo dispensabile film.
Thrillerino con blande spruzzate passionali, mediocre e di bassa lega che sconta una regia a dir poco insipida ed una sceneggiatura di una prevedibilità micidiale con una fase centrale assolutamente soporifera in cui è vano cercare un po’ di tensione. Il finale poi con lo scontro tra i due uomini è semplicemente patetico e ridicolo (basti pensare alla scena della pistola). Dignitosa la prova di una Roberts in ascesa.
Forse ispiratore di un successivo thriller con la Lopez, è un thrilleruccio col solito marito violento dal quale la moglie (in questo caso fingendosi morta) cerca di liberarsi. C'e poca tensione, gli attori si impegnano in modo poco soddisfacente e di film simili ce ne sono troppi, in circolazione.
Ruben, dopo averci azzeccato con il cattivo patrigno, riprova ad indagare sulla violenza in ambito familiare, ma questa volta ne viene fuori un banale thrillerino, adatto ad una serie sul tipo "Donne al bivio" su Rai2. Se il massiccio Patrick Bergin ha il fisique du role ed è sufficientemente minaccioso, anche se manca di finezza, la Roberts non esce da una interpretazione di routine e risulta mediocre senza appello il terzo incomodo. Ed è proprio i confronto fra i due uomini la parte più debole, che affonda definitivamente un plot prevedibile.
Il valido Patrick Bergin è l'unica cosa che salvo di questo scialbo e mediocre thriller. La Roberts non è né carne né pesce, la trama sa di già visto e già sentito. Il film scorre, non annoia ma difficilmente appassiona. Difficile credere che Il patrigno e questo film siano dello stesso regista.
Ennesimo thriller su una giovane donna insidiata da un pericoloso psicopatico. A parte la scarsa originalità della storia, a condannare il film vi sono una regia deprimente di Ruben, un ritmo scialbo come pochi e dialoghi di una banalità al limite (ma anche oltre...) del ridicolo. Distribuito al cinema per sfruttare l'onda lunga del successo della Roberts Pretty Woman, viene affossato anche dalla stessa Roberts, per nulla credibile nel ruolo della protagonista. Ottimo invece Bergin ma meritava miglior sorte.
Niente distingue questo film da altri modesti thriller del sub-genere "donna perseguitata da stalker". Né un particolare colpo di scena, né un ritmo particolarmente serrato, né un approfondimento psicologico, né prestazioni attoriali brillanti. Banale exploitation, e le potenzialità slasher sono volutamente ignorate: è un prodotto di largo consumo. Parte benino, perché il marito ha una crudeltà fredda e folle: potrebbe essere un mostro interessante. Poi, diventa un mostriciattolo, uno stalker come tanti. Stravisto il confronto finale. Mediocre.
“Buongiorno principessa” è la prima frase che il premuroso marito rivolge alla moglie (una Julia Roberts 23enne che da sola vale la visione). Le amorevoli premure si trasformano però negli incubi di un rapporto basato su paranoie e violenze (introdotte dal tetro "Dies Irae" dalla Symphonie Fantastique di Berlioz). Lo spunto può rispecchiare la vita reale di diverse coppie. Ma bisogna aspettare il positivo finale per un po' di interessante pathos, il resto è costruito con superficialità. Bergin interpreta bene un perfetto marito terribile. **!
MEMORABILE: "Non si possono vincere le proprie paure fuggendo".
Un buon thriller che vede come protagonista una coppia di sposini all'apparenza perfetta. In realtà lui è una persona violenta e psicopatica che vessa la moglie. Certo, la trama non brilla per originalità, ma i momenti di tensione ci sono, anche grazie alla convincente interpretazione di Patrick Bergin. Vale la pena vederlo.
MEMORABILE: L'amplesso tra la Roberts e Bergin sotto le note cupe di Berlioz.
Per gusto personale ho un debole verso i film con maniaco a briglia sciolta libero di perseguitare il malcapitato di turno. Questo è un discreto esempio del genere con i classici ingredienti di sorta tra i quali, purtroppo, il comodo e prevedibile finale liberatorio. Il pilastro, in queste vicende, è rappresentato proprio dal pazzoide della situazione e qui Bergin ce la mette tutta per rendersi inquietante e odioso riuscendoci piuttosto bene, anche se la stoffa da attore di razza non si vede. La Roberts, dopo il botto con Pretty woman, era già una diva.
Tutto troppo semplice, scontato e banale in questo thriller di certo non caposaldo della carriera del discreto Ruben. La sceneggiatura è davvero poca cosa e tira avanti a singhiozzi; tutto troppo prevedibile e facile. I personaggi hanno lo spessore della carta velina, mentre l'immancabile storiella romantica tenta di tirare su la baracca. Un quarto d'ora finale girato ottimamente non salva il film dall'insufficienza.
Patinatissimo thriller, dalla trama scontata, che non regala nessuna emozione. Julia Roberts, sempre brava, recita al minimo sindacale. Il tema sulla violenza domestica è pessimamente sfruttato e più che raccontare i drammi e la psicologia di una donna costretta a darsi per morta pur di fuggire da lui, il regista preferisce concentrarsi sulla telenovelica storiella d'amore in stile anni 90.
Nulla di nuovo: marito violento, lei scappa e lui la ritrova. Almeno il ritmo non rallenta mai troppo e non ci si annoia, anche se la sceneggiatura propone situazioni ampiamente prevedibili. La Roberts, ancora agli inizi, se la cava ma il cast maschile non aiuta e soccombe vicino ai sorrisi della protagonista. Vedibile ma si dimentica.
Una donna, oggetto di ripetute vessazioni da parte del marito psicopatico, inscena la sua morte per rifarsi una vita lontano. Ma l'uomo la ritroverà.. Un thriller angosciante e ben costruito, dalla tensione palpabile fin dall'inizio anche se comunque convenzionale e con una Roberts alle prime armi ma fresca di successo galattico (con Pretty woman) e già molto brava. Più bravo di lei però è Patrick Bergin, convincente nel ruolo del marito fuori di testa.
Una giovane Julia Roberts interpreta la vittima di un marito psicotico e violento, da cui riesce a fuggire per tentare di costruirsi una nuova vita. Thriller piuttosto banale nella sceneggiatura, con un finale teso ma poco credibile. Un'occasione persa per approfondire e analizzare degnamente i risvolti drammatici e patologici della violenza domestica. Niente di che.
Bel soggetto quello su una donna che fugge rocambolescamente dal marito violento per ricostruirsi una vita. Niente male il taglio thriller che, senza spunti particolari e con qualche inciampo, riesce comunque a catturare l’attenzione e la tensione. Scarsine le interpretazioni, a cominciare da Julia Roberts che troppo spesso preferisce sfoggiare un sorriso fresco di dentifricio anziché espressioni più meditate. Malissimo la sceneggiatura, che tra falle e forzature crea passaggi poco credibili, mandando all’aria tutto il resto.
L'idea di base non sarebbe neanche male, ovvero una moglie (Julia Roberts un po' sottotono) che si finge morta per sfuggire a un marito violento e paranoico (un ottimo Patrick Bergin, colonna portante del film), ma naufraga per via di uno sviluppo e di una sceneggiatura inverosimili che culminano in un finale sciatto e prevedibile. Da salvare solo alcune scene in cui si crea una bella atmosfera thriller. Peccato.
Moglie vessata dal marito cercherà di scappare. Thriller casalingo di una donna succube delle manie maschili con il lieve messaggio che ci si può liberare (sebbene con estremi rimedi). Regìa che mischia il fiabesco ambientale con le violenze esplicite e che alleggerisce dove può (le mossette allo specchio della Roberts sono piuttosto finte però). Bergin regge tutta la tensione e ha gli sguardi allucinati adatti; la Roberts sembra troppo giovane per il ruolo. Resa dei conti classica con lievissimo tentativo di variare le cose.
MEMORABILE: Le salviette non allineate; Bergin dalla suocera cieca.
Sia la Roberts che Bergin funzionano bene in questo conflitto di coppia con un lui soverchiante, minaccioso e ossessivo compulsivo. Allo stesso modo l'ambientazione della villa dinanzi al mare, tutto vetri, si dimostra scelta perfetta per mettere in scena ossessioni di lui e disperazione di lei. Poi i colori mutano, il contesto diviene accogliente e salta fuori un terzo elemento, tuttavia poco incisivo e significativo (è sempre la Roberts a tenere in piedi le scene). Ma il thriller, piuttosto scolastico, funziona nei tempi e nei modi e Ruben riesce a portare a casa il risultato.
Incubo familiare di minor impatto per Ruben, che, in mezzo a patrigni seriali e figli psicopatici, si serve delle note kubrickesche di Berlioz per commentare i soprusi di un marito ricco e possessivo a danno della bella moglie, prima che con un trucchetto preso in prestito da Il coltello nell'acqua si finga morta e faccia perdere le tracce di sé. Il proemio tra umiliazioni e botte è duro e intenso, l'epilogo fa ribollire sequenze di dignitosa suspense (la visita all'ospizio), ma la fuga della Roberts e le romanticherie col vicino di casa frenano l'andamento ansiogeno. Modestissimo.
MEMORABILE: Il marito ossessionato con ordine e pulizia; L'incidente in barca; "Brown Eyed Girl"; Il marito si finge un poliziotto con la mamma cieca; Il finale.
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Joseph Ruben con questo film delinea una personalissima tipologia narrativa in stile "orrori in famiglia".
Già autore di quel gioiello che è The stepfather (1987) - in remake quest'anno - a proposito di A letto con il nemico asseriva:
"Non mi interessa fare pellicole sull'occulto o sul diavolo.
Credo che quello che succede in molte delle case del quartiere sia già sufficientemente spaventoso". 1
Alla luce della cronaca quotidiana, non ci sentiamo di dargli torto.
NOTA 1 Fonte: Pioggia di sangue - Il cinema psycho-thriller americano (pag. 141), a cura di Fabio Giovannini e Antonio Tentori, Edizioni Falsopiano
MusicheColumbo • 19/09/10 19:25 Pulizia ai piani - 1098 interventi
Il frammento musicale che la Roberts non può sentire, perchè gli ricorda il marito folle mentre la possedeva con violenza, è la parafrasi dal tema gregoriano del "Dies Irae" dalla Symphonie Fantastique di Hector Berlioz:
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv ("I filmissimi", lunedì 6 dicembre 1993) di A letto con il nemico: