Solito drammatico italiano su coppie in crisi e conseguente separazione. Si apre con un'inquadratura curiosa ma si ricade presto nella banalità e nel più totale deja-vu. Bravi gli attori e regia passabile, anche se la storia viene presto a noia. Si è visto di molto peggio comunque. Da annali del trash il personaggio del violoncellista.
Film dal forte connotato drammatico che descrive in modo molto veritiero una situazione di totale assenza di difese della protagonista, sulla quale sceneggiatori e regista compiono una mirabile opera di approfondimento psicologico non privo di qualche ingenuità ma totalmente meritorio per la sua sincerità. Il film ha nella bella e sofferta interpretazione di Margherita Buy il suo valore aggiunto. Molto buona anche la prova di Luca Zingaretti.
Il thriller dell'anima è definizione alquanto abusata, ma, forse, nel caso dell'ultimo film di Roberto Faenza, decisamente confacente. I giorni dell'abbandono, tratto dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante (l'autrice de L'amore molesto), un thriller lo è: con un assassinio (di un amore, di un matrimonio), un'indagine (chi è l'altra?), un inseguimento, una vendetta, un regolamento di conti. Ed il regista riesce anche a restituire atmosfere thriller, ma incorre in alcuni eccessi di esibizione tecnica (perché la soggettiva di un ramarro?).
Il film coincide sostanzialmente con il personaggio della Buy, che offre una prova intensa e a più sfaccettature anche se ogni tanto va sopra le righe. Quest'ultimo aspetto e certi sviluppi della storia (l'amica del cuore, i figli che si rivoltano..) sanno un po' di fiction ma non in modo smaccato. Faenza dirige con cura ma poteva metterci più verve, più approfondimento nei personaggi di contorno e nella ricomposizione finale. Zingaretti una volta tanto fa il cattivo, in modo dignitoso.
MEMORABILE: "Devo prendermi una pausa, provo un vuoto di senso" (non è un errore).
Gran film, di un'attualità spaventosa, visto il crescere smisurato di matrimoni falliti a causa di fughe apparentemente solo per sesso, poi rivelatesi scelte definitive di nuova vita. La Buy è straordinaria (sublime quando urla al marito fedifrago "le lecchi la fica...?") e assolutamente in parte nel ruolo delicato della donna oramai priva di riferimenti e che rischia di comprendere il valore dei figli. Bel film davvero.
Ottima interpretazione di Margherita Buy in un personaggio difficile, logorato psicologicamente da un rapporto finito e in bilico tra lo spazio e il tempo scandito da un metronomo... Il punto di non ritorno. Per me è una delle poche attrici italiane che riesce ad utilizzare la recitazione per rappresentare "l'intimo tormento, la rabbia e la disperazione violenta...". Nel film la debolezza dei sentimenti è il punto di partenza per cercare un nuovo spiraglio di vita.
MEMORABILE: La frase pronunciata dalla figlia: "Solo papà aveva le chiavi ma un papà non ruba in casa sua!"
Angosciante e non consolatorio, a meno che non vogliamo prendere per buono un finale un pochino posticcio che sa di fiction come qualche scena di troppo del film, cosa del tutto inaspettata per una pellicola di Faenza. La Buy va oltre l'isteria per recitare disperazione e smarrimento con grande credibilità: è perfetta per la parte, come lo è a modo suo Bregovic (o anche lo Zingaretti maramaldo). Ma la profonda analisi del suo personaggio va anche a scapito dell'approfondimento sugli altri, ridotti di norma a figurine.
Ottima interpretazione per Margherita Buy, vero punto di forza del film di Faenza che però perde colpi in una scrittura sospesa tra il dramma e l'allucinazione, nel tentativo di spiegare la caduta del sentimento con immagini oniriche a volte un po' fuori luogo. Una scrittura che probabilmente vorrebbe giocare la carta del sottile gioco psicologico, ma che invece cade un paio di volte nel ridicolo. Zingaretti piuttosto marginale, Bregovic recita e suona senza troppo convincere.
Il film è di Roberto Faenza e ricorda proprio quelli di Faenza che fanno senza: il protagonista maschile è un senza-palle dei primi e dal momento che siamo a Torino viene disonorato il cosiddetto "celodurismo" del Nord! Umanamente avrei offerto la mia spalla alla Buy per piangerci sopra, da quanto mi intenerisce il suo personaggio; col timore però di farmi male, vista la durezza della sua testaccia... Fortuna che arriva l'arte, un bene assoluto senza nazione, confini o colori, a spazzar via tanta somaraggine. Ma signori miei, che fatica!
MEMORABILE: Poche volte ho sentito giustificazioni da vomito come quelle di Zingaretti... alla faccia delle formule d'ingegneria!
Fenomenologia dell’abbandono, tratta dal romanzo della Ferrante. Faenza descrive efficacemente, con toni drammatici e coinvolgenti, i risvolti psicologici di una storia di separazione, mostrando con efficacia l’evoluzione della sofferenza della moglie abbandonata che la Buy riesce a esprimere molto intensamente in tutte le sue forme. Bravo anche Zingaretti nel rendere odiosa la parte del marito che ha “un vuoto di senso”.
La Buy gioca facile nella parte della nevrotica che si barcamena - suo malgrado - tra depressione e isteria; tra incubi, figli, cane e casa da gestire. Il film è quasi interamente sulle sue spalle perché Zingaretti compare poco (come marito fedifrago e padre assente) e il violoncellista è imbarazzante, una macchietta malriuscita. Però. Scorrevole, nel complesso, sebbene non vi sia nulla di nuovo all’orizzonte. Una trama stravista, soprattutto nei lavori italiani che oscillano tra commedia amara e dramma rosé. Finale manieristico un po’ forzato.
Moglie verrà lasciata dal marito. A parte che il tema dell'amore finito non ha più niente da dire, è la trasposizione del romanzo della Ferrante che risulta artefatta. I dialoghi recitati suonano al limite del ridicolo (il cane avvelenato in senso metaforico) e la zingarella sotto casa è banale. La Buy riesce in pochi momenti a uscire dalla teatralità, Zingaretti che non pensa manco ai figli lascia il tempo che trova, a Bregovic gli danno cinque minuti per il suo show personale.
MEMORABILE: La Buy che butta fuori di casa il marito; Il numero di Bregovic; Il cane morente.
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MusicheGuru • 9/09/10 21:42 Servizio caffè - 460 interventi
Calzante interpretazione vocale di Carmen Consoli su musica di Goran Bregovic.