il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LA DECIMA VITTIMA
le location esatte
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338604 commenti | 64018 titoli | 25377 Location | 12589 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Il buco in testa (2020)
  • Luogo del film: Il piazzale dove Maria (Saponangelo) dice a Fabio (Di Leva) che se vuole fare l'amore con lei deve p
  • Luogo reale: Piazzale Enrico Fermi, Portici, Napoli
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  • Film: La rosa velenosa (2019)
  • Luogo del film: La strada dove lo sceriffo Bing Walsh (Patrick) chiede a Carson (Travolta) se fosse stato assunto pe
  • Luogo reale: Savannah: East Huntingdon Street, Stati Uniti, Estero
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Peter Dane

    Peter Dane

  • Martin Benson

    Martin Benson

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Paulaster
In un villaggio rumeno vengono osteggiati dei lavoratori stranieri. Il soggetto della territorialità che sfocia nel razzismo è, purtroppo, poco originale e Mungiu tiene a focalizzarlo nella sua terra. Diversi i piani di lettura (i singoli, la comunità, la Chiesa), che trovano tutti un equilibrio e spiegano il crescendo della vicenda. Qualche lungaggine, con il bambino piccolo e la polizia che sostanzialmente non interviene, potevano essere gestiti meglio. Finale che risulta spiazzante e vira nel simbolico.
Commento di: Di
Simpatica puntata in carne e ossa che replica fedelmente le gag della serie animata, in questo caso l'incontro tra i protagonisti, con tanto di doppiaggio identico a quello del cartone. Un leitmotiv fantozziano ammiccante a Benny Hill, onesto e genuino per chi non ha alcuna pretesa o aspettative drammatiche.
Commento di: Paulaster
Multinazionale vuole demolire il degradato Bronx per costruire nuovi palazzi. La componente speculativa sparisce subito dalla circolazione per lasciare spazio alla solita guerra buoni (ma sporchi) /cattivi (ma incravattati). Castellari conosce il mestiere e inscena ammazzamenti attraverso diverse soluzioni (lanciafiamme, bombe e pistolettate) con una certa varietà. La trama è risibile e qualche aggiunta è inutile (Pozzi) o discutibile (il bambino bombarolo). Le location fatiscenti hanno un certo fascino sinistro.
Commento di: Cotola
Breve ritratto - inutile quindi cercare in esso esaustività - sulla figura dell'architetto Piero Bottoni. Mentre scorrono le immagini, sullo sfondo si sentono le voci di Giancarlo Consonni, anch'esso architetto, e della professoressa Graziella Tonon che spiegano ciò che si vede ma soprattutto fanno capire allo spettatore la modernità di Bottoni, la sua visionarietà e, per certi versi, la sua follia che troverà corpo nel Monte Stella, a San Siro. Meritevole poiché permette la riscoperta di una figura di grandi interesse e a tratti geniale.
Commento di: Siska80
Due giovani donne, hacker e pure ladre, si rifugiano in un bosco dopo l'ennesima rapina e per loro iniziano i guai. Action al femminile mediocre da ogni punto di vista: tanto per cominciare la trama è risicata e poco sviluppata; in secondo luogo la recitazione lascia a desiderare, infine le scene movimentate (comunque discretamente girate) sono incapaci di caricare lo spettatore della giusta adrenalina. In sostanza una pellicola di poche pretese talmente parca di idee da avere almeno il buon senso di durare poco, sebbene lo spunto iniziale non fosse da buttare via.
Commento di: Daidae
Un film che si svolge quasi interamente in treno (vediamo principalmente la tratta Palermo-Milano, il carico dei vagoni in nave e uno scorcio di stazione centrale). Potrebbe sembrare noioso invece è un film accattivante e interessante, anche se le storie narrate non sono niente di eccezionale. Buona la prova del cast. I personaggi risultano essere più simpatici nella versione "vent'anni prima". Da riscoprire.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Poliziesco d'azione thailandese di rara insipienza, porta una coppia di amici che si erano arruolati in America nella CIA a ritrovarsi insieme dopo aver scelto strade diverse: la polizia per Peter (Boonthanakit) e i corpi speciali privati per Johnny (Nguyen). Quello che li accomuna è la morte di una bella ragazza, Angel, su cui il primo si trova a indagare ma che era anche la figlia del secondo. A Johnny la legava un tenero rapporto che vanamente il film tenta di rendere intenso per dare un minimo di spessore umano almeno alla vittima. Ma non c'è niente da fare: si sa che...Leggi tutto era molto bella, che faceva fare agli uomini ciò che voleva, ma anche - e questo papà lo scopre solo ora immaginatevi con quale struggimento interiore - che si prostituiva.

Per via della vita che conduceva Angel, le indagini portano la coppia protagonista a spostarsi tra un bar malfamato e gruppi di narcotrafficanti, a bazzicare in ambienti in cui si spara con facilità o si tirano calci e pugni senza far troppe domande. Bangkok fa da sfondo alle cupe avventure dei due mostrando la faccia più nota, impoverita da una pessima fotografia che proprio non ne valorizza scorci (specie quelli sull'acqua) potenzialmente di bel fascino.

La sceneggiatura e i dialoghi sono quanto di più vuoto possa esistere. Certo, in simili film di genere non è richiesto nulla di alto livello, ma serviva qualcosa in grado di dare un briciolo di spina dorsale a un film che invece si perde in immagine finto patinate, musiche che vorrebbero sembrare ricercate ma fanno da semplice sottofondo anonimo senza mai incidere e parentesi che vorrebbero elevare i toni senza mai riuscirci. Esemplare in questo senso l'ultima parte, in cui, attraverso i ricordi, riemergono la figura di Angel e gli attimi della sua morte: terribilmente sterili dal punto di vista creativo, con inutili ralenti e nudità che mettono in evidenza forse la parte migliore del film, ovvero la presenza di bellezze orientali non comuni.

Anche l'azione non ha nulla che valga la pena di ricordare, e lo si capisce già dal prologo con in scena il fidanzato di Angel (uno dei pochi volti occidentali che assai di rado spuntano qua e là), provocato da chi offende la dubbia moralità della ragazza. La discesa nei bassifondi di Peter e Johnny, tra irritanti contrasti cromatici nella notte, insistiti sguardi di chi parla il minimo indispensabile, ammazzamenti in sequenza e ragazze "di facili costumi" che fanno tappezzeria quando serve, sa di noir riuscito male, e se anche non tutto è completamente da buttare, è la totale insignificanza dell'insieme, l'assenza di una sola vaga idea originale, a lasciare perplessi. Finale da dimenticare, in linea col resto...

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I Big Man Japan sono una generazione di uomini “speciali”, capaci di crescere smisuratamente di dimensioni grazie a poderose scariche elettriche ottenibili solo all’interno delle centrali. L’ultimo discendente, Masaru Daisato (Matsumoto, anche regista e cosceneggiatore del film), è un uomo indolente, trasandato, che conosceremo lentamente nel corso del film attraverso l’intervista di una rete tv il cui conduttore sta fuori campo a porgli domande. Poco pagato, chiamato saltuariamente a combattere gli immancabili mostri che attaccano il paese del Sol Levante,...Leggi tutto Daisato sembra il più inoffensivo dei supereroi, quando non è in versione gigante, gestito da una manager che gli fa notare come il suo show (ovvero gli scontri con gli altri mostri tra i grattacieli delle città) faccia ormai sempre meno spettatori e sia stato spostato in night-time. E’ il caso di accettare ogni proposta, compresa quella di appiccicarsi cartellini pubblicitari sul corpo durante le lotte.

La vita di Daisato è dura e provante, anche se meno di quella dei suoi avi: il nonno, una vera celebrità, è ancora vivo in ospizio e s’ingrandirà pure lui (col suo pannolone) nell’ultima parte del film, il padre è invece morto durante esperimenti frankeinsteiniani in cui cercava di aumentare ulteriormente tramite elettricità le proprie dimensioni. Lui insomma è ormai un paria, ridotto a fenomeno da baraccone che non interessa quasi più nessuno. Eppure non è da tutti combattere pericoli come il mostro strangolatore (che al posto delle braccia ha due nastri da allungare a dismisura con cui strappa i palazzi da terra e li getta nel fiume), il mostro salterello (una testa con due piedi appiccicati sotto), il mostro puzzone (che produce un fetore pari a 10.000 feci umane) e altri ancora.

Sfilano tutti in sequenza, i mostri, a distanza di tempo, purtroppo intervallati dalle fasi in cui si intervista lo svogliato protagonista o altre in cui personaggi secondari di nessun interesse filosofeggiano per minuti interi ammazzando ogni idea di ritmo. E’ un peccato, perché non è comune tanta fantasia nel creare mostri di ogni fattura realizzati (nel limite del possibile) pure bene e con un gusto del demenziale sopraffino.

Matsumoto insomma le qualità per proporsi come autore originale totalmente fuori dagli schemi le dimostra già, in questo suo bizzarro esordio; sia nelle sequenze d’azione (pervase talvolta da una malinconia lunare che colpisce, come quando si sofferma a parlare col mostro puzzone appoggiato a un grattacielo) che in alcuni momenti della parte finto documentaria, ma è evidente come debba ancora affinare il proprio stile (lo farà coll’incredibile SYMBOL). In BIG MAN JAPAN concretizza la sua sana voglia di stupire in un film con tante idee folli nel solco della più classica tradizione giapponese, anche se dispiace un po’ che il mostro migliore sia già quello che si presenta come primo (lo strangolatore, con le sue braccia allungabili, il lungo collo e la pettinatura con riporto). Buona anche la trovata di normalizzare la funzione supereroistica di un protagonista che vede la sua “trasformazione” come una routine né buona né cattiva, che semplicemente gli permette di lavorare e sopravvivere. Insostenibile invece l’eterna presentazione (pure ripetuta) del rito precedente l’elettrificazione del protagonista, così come l’intervista alla moglie.

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La cosa migliore è il titolo, che gioca ironicamente su un’abusata espressione colloquiale eliminando una "p" e piazzandoci in mezzo il sesso, che attira sempre. Sono dieci episodi che vedono Johnny Dorelli affiancato di volta in volta da donne bellissime (quasi sempre Gloria Guida o Laura Antonelli) per trame minime talora risolte come semplici barzellette in cui conta solo il finale "a sorpresa".

In DOMENICA-IN due focosi amanti (Dorelli e la Guida) si divertono ad amoreggiare di fronte alla televisione mentre lei zappa furiosamente col telecomando in una...Leggi tutto sorta di "Blob" ante-litteram. Si ferma di fronte a Giucas Casella che promette di legare insieme le mani giunte di chi voglia tentare l'esperimento. La giovane invita il suo uomo, scettico, a farlo ed entrambi, causa black-out improvviso in tutto l'isolato, non potranno assistere in diretta al messaggio di sblocco del mago col risultato di restare con le mani intrecciate. Idea simpatica, svolta però puerilmente senza alcuna sorpresa. Colpisce tuttavia già qui la straordinaria avvenenza di una Guida al top della forma, gratificata (lo sarà per tutto il film) da insistiti primi piani e look diversi particolarmente attenti alle diverse messe in piega.

Si continua con LA NUOVA MARISA, in cui una dattilografa (Antonelli) va a vivere nella casa di una prostituta (tale Marisa, per l'appunto) ricevendo incessantemente le telefonate di chi le chiede prestazioni sessuali credendo di parlare ancora con la vecchia inquilina. Dorelli si riserva i panni dell'ultimo cliente, che farà capire alla donna (incuriosita anche sessualmente dalla prospettiva) quanto il denaro incassato col mestiere di Marisa sia ben di più di quello che guadagna come dattilografa. In parte la Antonelli, meno centrato Dorelli, ma un episodio sostanzialmente anonimo. RADIO TAXI è un velocissimo sketch con la Guida che parla meccanicamente al marito nello stesso modo con cui risponde alle chiamate al centralino del taxi dove lavora. Freddi bisticci, finale buffo, ma niente più che una barzelletta stiracchiata.

RASOIO ALL'ANTICA è quasi un one-man show di Pippo Santonastaso che, nella parte di un focoso barbiere, si accanisce col rasoio sul volto indifeso di un cliente (Dorelli) mentre offende le abitudini sessualmente provocanti della donna che lavora per lui e ammicca a fianco della sedia. Dorelli agisce qui da spalla limitandosi a subire le rasoiate di Santonastaso. Dialoghi più volgari della media ma divertimento pressoché nullo, con annesso finale patetico. Ne IL MACHO un uomo apparentemente normale (Dorelli) è turbato dalle avance silenziose di un altro (Voyagis) che lo fissa con sguardo profondo e gli fa capire quanto sia interessato a lui. Si sorride alla prima comparsa del bruno focoso in seguito a un tamponamento stradale, ma il resto prosegue ripetendo la stessa situazione senza sosta né inventiva. Dura troppo, per quel che deve dire.

In LADY JANE si passa letteralmente alla commedia scoreggiona, con una splendida Margaret Lee la quale, nel ruolo del titolo, si paga un accompagnatore di professione (Dorelli) che possa accettare la sua condizione disperata di "petomane" (ipse dixit). Peti in abbondanza, quindi, per scatenare la risata grassa che, effettivamente, in alcuni frangenti non manca. E’ l’episodio più genuinamente (e volgarmente) comico del lotto in un buffo gioco a due tutto girato al Cavalieri Hilton di Roma. Con ARMANDA E IL VIOLINISTA le durate si allungano, ma Dorelli playboy finito in disgrazia che da violinista che chiede l'elemosina nei ristoranti cerca di riconquistare una sua vecchia fiamma (Guida) in piena forma proprio non convince: più povera del protagonista la sceneggiatura, con un finale prevedibile e scarsissimo.

L'AVVENTURA vede una Antonelli ninfomane che si fa avvicinare da un Dorelli che la segue, la corteggia e la toglie dalle grinfie di chi al cinema la palpeggia pesantemente prima di un colpo di scena conclusivo che non risolleva le sorti dell'episodio più insignificante tra tutti. Anche LUNA DI MIELE non scherza, comunque, con una coppia in luna di miele (Dorelli e Guida) al mare fuori stagione. Passa di lì lo yacht dell'uomo più ricco del mondo (chiara parodia di Khashoggi) che si fermerà poi nello stesso albergo. Episodio noioso e lungo senza un perché, visto che vive tutto in funzione del prevedibile colpo di scena in coda...

Chiusura ingloriosa con LA PRINCIPESSA E IL CAMERIERE, in cui la Antonelli ricchissima dama che parla mille lingue diverse si porta a letto un suo cameriere (Dorelli) mentre gli uomini della sicurezza controllano la stanza infischiandosene della privacy (a cui nemmeno la donna fa caso). Da Risi è inutile dire che uno scivolone simile non lo si attendeva... SESSOMATTO di nove anni prima era di tutt'altra pasta, anche se il sex-appeal della Antonelli resta intatto e la Guida è incantevole in tutti i tanti look sfoggiati.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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