Discussioni su Vivarium - Film (2019)

DISCUSSIONE GENERALE

8 post
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  • Herrkinski • 30/03/20 14:47
    Consigliere avanzato - 2632 interventi
    L'uscita italiana dovrebbe essere il 14 Maggio 2020.
  • Bubobubo • 13/04/20 17:59
    Archivista in seconda - 271 interventi
    Herrkinski ebbe a dire:
    L'uscita italiana dovrebbe essere il 14 Maggio 2020.

    Lo dico? Forse la distopia più originale e potente degli ultimi anni. L'ho detto.
  • Daniela • 14/04/20 11:55
    Gran Burattinaio - 5927 interventi
    Bubobubo ebbe a dire:

    Lo dico? Forse la distopia più originale e potente degli ultimi anni. L'ho detto.


    Mica hai detto male: mi vengono i brividi tutte le volte che ripenso alla distesa di casette tutte verdi e al bimbo che fa le imitazioni...
    Cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno: al confronto di quel che accade alla coppietta del film, l'obbligo di restare tappata in casa mi pare una bazzecola, almeno il cibo non è insapore, il prato del giardino non è sintetico ed il figliolo, per quanto strambo, è inequivocabilmente umano.
  • Herrkinski • 14/04/20 15:40
    Consigliere avanzato - 2632 interventi
    Bubobubo ebbe a dire:
    Herrkinski ebbe a dire:
    L'uscita italiana dovrebbe essere il 14 Maggio 2020.

    Lo dico? Forse la distopia più originale e potente degli ultimi anni. L'ho detto.

    E' certamente un film interessante, a tratti molto angosciante. Avrei dato 3 palle ma mi sono fermato a 2 e mezzo perchè forse hanno un po' esagerato con l'assenza di spiegazioni; per carità, non mi aspettavo e non avrei voluto un mega-spiegone finale, però così è veramente difficile dare un'interpretazione se non del tutto allegorica o legata alla pura dimensione dell'incubo. Finisce quindi per sembrare un po' una storia da Twilight Zone, per quanto più riuscita della media.
  • Daniela • 14/05/20 20:44
    Gran Burattinaio - 5927 interventi
    Herrkinski ebbe a dire:
    Finisce quindi per sembrare un po' una storia da Twilight Zone, per quanto più riuscita della media.

    Leggo solo ora questa tua nota. In effetti, c'è una analogia evidente tra il soggetto di questo film e quello di un episodio della quinta stagione della serie classica Ai confini della realtà: si tratta di "Una sosta in una città tranquilla" in cui marito e moglie, dopo una serata in cui hanno entrambi bevuto troppo, si svegliano in una casa a loro sconosciuta, posta in una cittadina deserta in cui tutto è finto: il telefono, l'erba, lo scoiattolo sul ramo... Analogia confermata dal finale, dimensioni degli "osservatori" a parte.
    Ultima modifica: 15/05/20 06:40 da Daniela
  • Herrkinski • 14/05/20 22:50
    Consigliere avanzato - 2632 interventi
    Daniela ebbe a dire:
    Herrkinski ebbe a dire:
    Finisce quindi per sembrare un po' una storia da Twilight Zone, per quanto più riuscita della media.

    Leggo solo ora questa tua nota. In effetti, c'è una analogia evidente tra il soggetto di questo film e quello di un episodio della quinta stagione della serie classica Ai confini della realtà: si tratta di "Una sosta in una città tranquilla" in cui un marito e moglie, dopo una serata in cui hanno entrambi bevuto troppo, si svegliano in una casa a loro sconosciuta, posta in una cittadina deserta in cui tutto è finto: il telefono, l'erba, lo scoiattolo sul ramo... Analogia confermata dal finale, dimensioni degli "osservatori" a parte.

    Ah pensa te, neanche a farlo apposta!! L'atmosfera alla fine un po' è quella, anche se più cattivella...
  • Schramm • 13/08/22 13:40
    Scrivano - 7694 interventi
    Daniela ebbe a dire:
    mi vengono i brividi tutte le volte che ripenso alla distesa di casette tutte verdi e al bimbo che fa le imitazioni...
    peraltro interpretativamente sbalorditivo. lascia davvero esterrefatti per bravura e spontaneità. e mette davvero i bordoni. non che il resto del cast batta la fiacca,
    Herrkinski ebbe a dire: 
    forse hanno un po' esagerato con l'assenza di spiegazioni; per carità, non mi aspettavo e non avrei voluto un mega-spiegone finale, però così è veramente difficile dare un'interpretazione se non del tutto allegorica o legata alla pura dimensione dell'incubo 
    io invece ringrazio chiunque abbia preso parte alla realizzazione del film di avermi risparmiato un'unilateralità di senso che mette ogni cosa come chi dove perché al suo posto e che mi avrebbe fatto sentire deluso, annoiato e fors'anche un po' insultato (come mi è per esempio accaduto con rapture). dare un'interpretazione possibilmente non chiusa è forza lavoro e diletto dello spettatore, se mi si toglie questa possibilità il rischio è di scollarmi dal film, e tutto si riduce a un aderire o meno alla visione univoca dell'autore. un incubo è tale e tanto più angosciante proprio quanto più non si presta a facile decodificazione e in tal senso sono anche soddisfatto e contento che non la si sia buttata - come spesso si indulge in questi casi - su una riconoscibile allegoria, sarebbe stata una scorciatoia che avrebbe a mio avviso depotenziato tutto.
     
    mi ritrovo nell'entusiasmo quadripallato di bubo, anche se non arrivo a viverlo come una distopia (e di nuovo: meno male). forse una delle cose se non proprio più originali (twilight zone docet, pare) di certo più potenti viste di recente. 
  • Buiomega71 • 25/11/23 10:03
    Consigliere - 25999 interventi
    Cosa si cela dietro il quartiere residenziale di Yoder (che ha tutta l'aria del nome di un pianeta pronto a invadere silentemente e subdolamente la terra) dove tutto è diabolicamente idilliaco e innaturalmente fittizio? (le fragole che non sanno di niente) come insegna David Lynch nell' intro di Velluto blu

    Lorcan Finnegan, che viene dall'Irlanda di Neil Jordan carica di fiabe oscure e inquiete, non dà risposte concrete, ma lascia nel limbo delle supposizioni. Metafora sulla maternità? Cospirazioni aliene? Denuncia sull'alienazione della società moderna sotto forma di racconto raybradburyano?

    Un pò Ai confini della realtà, ma molto più simile all'episodio de L'ora del mistero Un gioco da bambini, con il nido di uccelli e gli uccellini schiantati al suolo all'inizio, che sembrano citare la natura crudele dell'Antichrist vontreieriano, per poi omaggiare Christine (la villetta data alle fiamme di sera, si ripresenta nuova e in tutto il suo splendore, come in una scena clou dell'opera carpenteriana/kinghiana), per passare al tema dell'infanzia dannata e mostruosa (il bimbetto mutante che imita le voci, grida come un'ossesso, cresce a vista d'occhio, si piazza davanti al teleschermo della televisione che proietta solo segnali indecifrabili e disturbanti, parente non troppo alla lontana dell'Anthony dantiano, che spia i genitori acquisiti fare all'amore sotto una luce morbosa che ricorda il nostro cinema di genere con protagonisti sporcaccioni in erba e, in uno dei momenti più terrificanti, si muta in un essere alieno dal gozzo scanneriano pulsante), fino al prefinale a incubotiche scatole cinesi, passando da una stanza all'altra che stanno in dimensioni parallele, come se fosse uno dei capitoli di Nightmare.

    Lo smarrimento mette angoscia (la perdita dell'orientamento della coppia che gira intorno alle villette, smarrendo del tutto l'uscita, per ritrovarsi sempre al civico numero 9), l'asfissiante claustrofobia della villetta/prigione è un'ansia continua, Martin, l'agente immobiliare, è la quintessenza dell'inquietudine e del disagio, le nuvole perfette come se fossero dipinte, il sole innaturale, la fossa ossessivamente scavata in giardino, la perdita della ragione causa isolamento, i misteriosi pacchi lasciati sulla strada, i sacchi mortuari "pressurizzati". Tutti tasselli di un puzzle infernale color pastello, di un incubo circolare che porta sempre al punto d'origine senza possibili vie di fuga, come se Pleasantville si fosse amalgamato ai racconti inquieti di Ray Bradbury, dove il fantastico entra prepotentemente nel quotidiano. In quella che può essere anche letta come una diversa rappresentazione del mito degli Ultracorpi (il bambino, lo stesso bambino ormai cresciuto) o della Fabbrica delle mogli (il quartiere residenziale ingannevolmente incantevole che nasconde subdole pianificazioni e esperimenti distopici).

    Un pizzico di humor nero ( A message to you suonata dall'autoradio della macchina mentre la coppietta, ignara del pericolo incombente, si reca alla visita del quartiere residenziale) e un'inquietudine che , spesso, mette davvero i brividi (non solo il piccolo e insopportabile mostro, ma anche tutta l'impronta farlocca della riproduzione aliena di un'ipotetica e fasulla realtà, di un non luogo che potrebbe benissimo essere un'altro pianeta parallelo al nostro).

    Straordinario tour de force attoriale per una Imogen Potts sempre più brava e intensa.

    Non sono tua madre, bastardo!

    Da confrontare col coevo, e altrettanto destabilizzante, The room-La stanza del desiderio.




    Ultima modifica: 25/11/23 14:02 da Buiomega71