Discussioni su The impossible - Film (2012)

DISCUSSIONE GENERALE

10 post
  • Se ti va di discutere di questo film e leggi ancora solo questa scritta parti pure tu per primo: clicca su RISPONDI, scrivi e invia. Può essere che a qualcuno interessi la tua riflessione e ti risponda a sua volta (ma anche no, noi non possiamo saperlo).
  • Nancy • 1/03/13 16:55
    Fotocopista - 147 interventi
    @Cotola

    Amen! sei un grande
  • Cotola • 2/03/13 02:14
    Consigliere avanzato - 3844 interventi
    Grazie! Tu invece sei troppo gentile :)
  • Pigro • 31/08/15 12:35
    Consigliere - 1661 interventi
    Visto in tv ieri sera. Sono stupefatto di come una tragedia collettiva come lo tsunami del 2004 venga trasformata nella sfiga di una ricca famiglia americana in vacanza: una visione gretta, egoistica, colonialista, meschina di un evento che poteva essere raccontato con ben altro spessore.
    Ma soprattutto sono sconvolto dal fatto che si tratti di un imbarazzante spot pubblicitario delle assicurazioni Zurich, che non solo compaiono in bella vista all'inizio, ma che intervengono provvidenzialmente alla fine per portare in salvo la famiglia, offrendole un jet privato tutto per loro (si noti: lasciando a terra i disperati, mentre nell'aereo tutti gli altri posti sono vuoti) per strapparla all'inferno e portarla in un ospedale migliore...
    Direi che si tratta di uno dei film moralmente più schifosi che ho visto negli ultimi tempi.
    Ultima modifica: 31/08/15 12:36 da Pigro
  • Galbo • 31/08/15 14:10
    Consigliere massimo - 3990 interventi
    Pigro ebbe a dire:
    Visto in tv ieri sera. Sono stupefatto di come una tragedia collettiva come lo tsunami del 2004 venga trasformata nella sfiga di una ricca famiglia americana in vacanza: una visione gretta, egoistica, colonialista, meschina di un evento che poteva essere raccontato con ben altro spessore.
    Ma soprattutto sono sconvolto dal fatto che si tratti di un imbarazzante spot pubblicitario delle assicurazioni Zurich, che non solo compaiono in bella vista all'inizio, ma che intervengono provvidenzialmente alla fine per portare in salvo la famiglia, offrendole un jet privato tutto per loro (si noti: lasciando a terra i disperati, mentre nell'aereo tutti gli altri posti sono vuoti) per strapparla all'inferno e portarla in un ospedale migliore...
    Direi che si tratta di uno dei film moralmente più schifosi che ho visto negli ultimi tempi.


    Vista da da quest'ottica hai sicuramente ragione, diciamo che non mi aspetto che un film di questo genere dia una realistica rappresentazione del disastro e dei disagi sociali che ne conseguono; si tratta in definitiva di un film americano che punta sulla rappresentazione spettacolare dell'evento e come tale a mio avviso andrebbe considerato.
    Ultima modifica: 31/08/15 15:33 da Galbo
  • Zender • 31/08/15 14:37
    Capo scrivano - 47787 interventi
    Scusa Pigro, mi sfugge perché il cinema dovrebbe raccontare gli eventi nello stesso modo sempre e ovunque. E' cosa che capita quasi sempre al cinema il raccontare una storia individuale che si muove all'interno di un evento più grande (si pensi al film sull'11 settembre per dire). L'evento diventa cornice, non è centrale.
  • Digital • 31/08/15 14:41
    Portaborse - 3995 interventi
    E' del tutto evidente che si tratta di un film puramente commerciale. Per cose più "serie" ci sono sempre i documentari.
  • Pigro • 31/08/15 16:16
    Consigliere - 1661 interventi
    Provo a rispondere alle tre giustissime osservazioni di Galbo, Zender e Digital (e mi scuso per la lunghezza).

    Parto da Digital: non sono d’accordo. Anche un film di fiction può raccontare cose serie, perfino meglio di un documentario. Nel senso che da un documentario mi aspetto informazioni e conoscenza, da un film mi aspetto stimoli e/o emozioni. “Roma città aperta” (per dire il primo film che mi viene in mente, non so perché) è un film di fiction su una tragedia appena avvenuta, ed è assolutamente illuminante, così come - per cambiare registro e andare sulla commedia (non mi interessa il “serio” in sé e per sé) - “La grande guerra”, che con tono leggero e uno sguardo al botteghino, tratta con rispetto un'altra tragedia.

    Per Zender: no, certo, il cinema non deve raccontare gli eventi allo stesso modo. E sono consapevolissimo che esiste un “taglio” narrativo ormai acclarato che è quello del focus sulla storia individuale all’interno dell’evento più grande. Ma c’è modo e modo. Qui si è partiti dalla storia vera di una famiglia spagnola, che viene subito trasformata in famiglia americana: se nei titoli di testa e in quelli di coda non fai altro che ripetere che è una storia vera, citando nomi e cognomi, abbi il pudore di mantenere il verismo della nazionalità che rende maggior “verità” rispetto alla stereotipatissima famigliola Usa; altrimenti, scrivi genericamente che è ispirato a una storia vera senza dare le indicazioni precise. L’elenco dei nomi spagnoli alla fine l’ho trovato insultante dopo aver visto tutto il tempo la loro trasformazione in bellissimi e biondissimi protagonisti: di un razzismo imbarazzante.
    Comunque, dicevo, ok per la storia individuale, ma la si può raccontare anzitutto con rispetto per l’evento in sé (cosa che in questo film non c’è) e poi con la capacità di restituire attraverso piccoli dettagli il senso di ciò che è realmente avvenuto: la tragedia del singolo riverbera quella della comunità. Invece qui c’è proprio uno scollamento totale. Anzitutto si sceglie di raccontare solo il punto di vista del turista ricco, mentre sarebbe bastato poco (dico la cosa più banale che mi viene in mente) a inventare un qualche amico locale in una sorta di trama parallela, attraverso cui intuire la tragedia degli altri. Poi, per tutto il film si avverte in maniera fortissima la distanza concettuale tra “noi” e “gli altri”.
    Infine, il colpo di grazia di Zurich Insurance! Il film si conclude con l’agente assicurativo che strappa la famigliola Usa dalla situazione di disastro collettivo in cui si trova in Thailandia per dir loro che li farà andare in un buon ospedale, e per farla salire su un jet completamente vuoto che si allontana lasciando alle spalle centinaia di migliaia di morti e feriti mentre la famiglia di biondi americani, grazie alla loro polizza assicurativa (!), sarà curata in ospedali d’eccellenza. Ma stiamo scherzando?

    Infine a Galbo: non sono d’accordo. Come avevo già detto, io giudico un film tenendo presente non solo come dice le cose, ma anche cosa dice. Questo è un film puramente spettacolare? E allora perché insiste così tanto sulla “storia vera”, andando a prendere proprio una catastrofe che ha sconvolto il mondo? Potevano inventare una trama analoga senza punti di contatto espliciti con la realtà storica: turisti americani in vacanza vengono travolti da uno tsunami, basta mettere al lavoro due sceneggiatori medi e ti viene fuori un filmone spettacolare completamente autonomo rispetto al fatto storico. Se invece si insiste così tanto, allora io mi permetto di valutare questo film anche per ciò che dichiara nei suoi titoli. Un film sull’11 settembre lo giudico anche pensando all’11 settembre, mentre “Inferno di cristallo” lo giudico senza stare a pensare a tutte le catastrofi che hanno distrutto grattacieli, perché non è quello che dichiara di voler raccontare.
    E comunque, anche giudicandolo dal punto di vista meramente spettacolare, il film sarebbe mediocre. A parte qualche effetto speciale, siamo al trionfo della banalità dei dialoghi e della prevedibilità del plot. Quando ho iniziato a vederlo, e quindi ancora non avevo notato il razzismo di questa pellicola, ero rimasto colpito dalla bruttezza del film. Solo il momento dello tsunami riporta il film a un discreto livello (ma solo per la spettacolarità), subito riabbassato dai dialoghi durante lo tsunami stesso (il bambino che sta per annegare, ferito e stremato, in balia di una corrente spaventosa, che si mette a disquisire sul concetto del coraggio… ma ci state prendendo per scemi?. E il bambino salvato dalle acque e da un tronco che lo stava soffocando, e che se ne esce bello biondo, paffuto e pulitissimo?). Tutto il resto è robaccia, perché non c’è mai emozione: soltanto esibizione di sofferenza, che non trasmette alcuna emozione. Insomma, per me sarebbe stato comunque tra il “filmaccio” e il “mediocre”, ma poi l’intreccio con il discorso morale lo ha fatto diventare “vaccata”…
  • Galbo • 31/08/15 16:30
    Consigliere massimo - 3990 interventi
    Grazie Pigro per la tua spiegazione molto esauriente; dal tuo punto di vista ripeto, hai perfettamente ragione; io ho visto un film considerandone puramente l'aspetto spettacolare e forse se dovessi rivederlo abbasserei il mio giudizio anche solo riferito a quell'aspetto; tutte le incongruenze (anche un po' offensive) sono effettivamente presenti e devo dire le hai perfettamente sottolineate.
  • Zender • 31/08/15 17:56
    Capo scrivano - 47787 interventi
    Capito, Pigro. In realtà non avendo ancora voisto il film non saprei ancora come ribattere. I concetti mi sono chiari comunque, grazie :) Curioso che il film sia comunque una coproduzione con la Spagna.
  • Buiomega71 • 25/09/21 10:07
    Consigliere - 42 interventi
    La preparazione all'immane catastrofe è pregna di tensione (l'arrivo al resort, le lanterne fatte volare nel cielo stellato, un pò come facevano i novelli nuovi arrivati nel paradiso terrestre di The beach) e quando lo tsunami arriva (improvvisamente, con ben pochi, piccoli, segnali disturbanti che durano pochi secondi: il frullatore che si spegne, la palla rosa "baviana" che corre da sola e sfugge ai piedi dei ragazzini, il vento che si alza di colpo, la pagina del libro, che la Watts stà leggendo, che vola via per andare a stamparsi su di una vetrata-la stessa pagina che, come un funesto presagio, già si staccava sull'aereo a inizio film) spazza via tutto in pochi attimi, non lasciando un attimo di respiro, come se quell'onda anomala e mostruosa stesse per uscire dallo schermo (non riuscendo a contenerla) per invadere anche noi spettatori.

    Quello che ne segue è puro cinema dello strazio e del dolore (come in un war movie o in un post atomico), con l'acqua che corre e tutto inghiotte, corpi straziati ovunque per le strade ricoperte dal fango e dai detriti (alcuni già in preda ai granchi), cadaveri ammassati sui pick up, gambe oscenamente spezzate, morte, distruzione e apocalisse ad ogni inquadratura.

    Ma quel che più colpisce è il martirio fisico a cui Bayona sottopone Naomi Watts (che nemmeno il Jim Caviezel della Passione gibsoniana), una vera e propria via crucis del martoriamento della carne.

    Sbattuta di quà e di là dalla furia devastante dell'acqua, con una gamba squarciata e la carne che le penzola dalla coscia, infilzata al seno, dolorante che si arrampica su di un albero con l'aiuto del figlio, trascinata, urlante, tra la melma e i detriti, ferite profonde e echimosi su tutto il corpo, il versamento di sangue dall'occhio, la vomitata di sangue (dopo che la sua vicina di letto spagnola rigetta emogoblina rossastra) con fuoriuscita di una specie di schifossima sostanza filiforme dopo aver mandato giù uno spicchio di arancia ), attaccata ad un respiratore, preda alla febbre e al deliro, all'enorme emoraggia e al rischio della cancrena (Di che colore è la mia gamba? Chiede ripetutamente al figlio), per poi, nel momento dell'anestesia, in una sala operatoria che sembra più un mattatoio, ripercorrere ancora il momento della tragedia, come se fosse imprigionata in un liquido amniotico, sott'acqua, sbattuta con violenza, contro i rami che le tranciano le carni, i cadaveri che le fluttuano attorno, fino a galleggiare come la bambola del Triangolo delle Bermude, per poi rinascere.

    E fin quì il film di Bayona è puro spettacolo della morte al lavoro, della diperazione e della sopravvivenza, che mozza il fiato, riuscendo dove quasi tutti i disaster movie passati avevano fallito, restituire il realismo e far percepire l'orrore e i devastanti postumi di una furiosa tragedia della natura (familiari che cercano altri familiari, ospedali al tracollo, corpi devastati, un sentore di apocalisse che riempie i polmoni e gli occhi, l'umanità, l'egoismo, il pianto disperato di McGregor).

    Poi Bayona svolta, arriva la parte buonista, dove c'è solo spazio per i buoni sentimenti, gli abbracci, i ritrovamenti correndosi incontro, la salvezza , la famigliola del Mulino Bianco finalmente riunita, e il film cola a picco, inesorabilmente, con un inutile cameo di Geraldine Chaplin (Bayona se la porta dietro dopo The Orphanage, dove torna l'infanzia e la pubertà, questa volta da pseudo favola nera che guarda a Peter Pan, si muta nella sopravvivenza di un cataclisma senza precedenti, che fa crescere i ragazzini piuttosto in fretta, con Tom Holland che si aggira, tra stanze d'ospedale, feriti e persone che chiedono il suo aiuto per  ritrovare i propri cari scomparsi, come Christian Bale ne L'impero del sole) che guarda le stelle assieme ad uno dei figli della Watts e la sciacallata dell'agente assicurativo, tanto gratuita quanto deleterea, che affossano tutto in un marasma di ipocrisia e sentimentalismi a buon mercato. Talmente inzuccherato che, come scriveva Manlio Gomarasca nella sua recensione al film su di un numero di Nocturno, speri davvero che l'aereo che porta la famiglia Brambilla a Singapore (per ricevere cure migliori e stipule assicurative) precipiti in mare.

    Un vero peccato, perchè tutta la prima parte e gran cinema di emozioni angosciose, fatto di fango, carne e sangue e Bayona sembrava che riuscisse a evitare facili cadute nel patetico, per poi scadere rovinosamente nel convenzionale.

    Grande cast tecnico e la Watts che se la passa peggio che nemmeno in un torture porn, dove le auto galleggiano, i pesci escono dal mare, i cadaveri te li vedi ad ogni angolo di strada e la tua gamba stà bellamente marcendo e il tuo corpo è ridotto ad un rottame incancrenito, tra i pianti, le urla e i lamenti in un ospedale che pare l'anticamera dell'inferno.

    Ma poi bisogna seguire le regole standarizzate di qualsiasi blockbuster americano, perdendo così un'occasione preziosa di realizzare uno dei disaster movie più dolorosi e shock, che già comincia a far storcere il naso nel momento in cui McGregor (sul letto della stanza, o di quel che ne rimane), vede i due figlioletti arzilli che le fanno ciao con la manina dal buco del tetto sfondato.

    La distruzione e gli spasmi emotivi della prima parte cominciano a scemare e il temuto "tutto è bene quel che finisce bene" non tarda, ahimè, a manifestarsi, mandando , quasi, tutto in malora.

    Ah, già, è tratto da una storia vera...

    Piccola curiosità, il libro che Naomi Watts legge sia in aereo a inizio film (con la funesta pagina che si stacca), sia a bordo piscina poco prima dell'arrivo del disastroso e possente tsunami (sempre con la dannata pagina che svolazza via, sorta di presagio menagramo) è L'ombra del vento (anche quì un oscuro e inquietante segnale premonitore) di Carlos Ruiz Zafòn (fonte Ciak del febbraio 2013, nello speciale dedicato film a pagina 131).

    Siamo in spiaggia


    Ultima modifica: 25/09/21 14:54 da Buiomega71