Buiomega71 • 3/02/20 10:14
Consigliere - 25998 interventi Nel segno del thriller: alternativamente a Sanremo
Un thriller bizzarro quello di Robert Bergman (compagno di merende di Gerard Ciccoritti, quello di
Psycho Girls e
Graveyard shift- dove Bergman era , lì, direttore della fotografia-, che quì co sceneggia e produce), che azzarda qualcosa in più che un semplice thrilling da bancarella, ma l'ambizione di raccontare qualcosa di diverso fallisce miseramente.
Essì, perchè la storiella della bella Gabrielle (Nadia Capone) che fa l' operatrice del sesso in una hot line stile i famosi 199, in un night club, e si vede presa di mira dal solito maniaco che la vuole "per se", viene inquinata da crisi di coppia (lei con il suo ragazzo, improbabile pittore che ha perso l'ispirazione e esce di testa) e da estenuanti strip pseudoartistici che tengono via metà film.
Qualche idea c'è: il feticismo per le voci femminili (meglio se sofferenti) del maniaco di turno (un addetto a mettere su la musica del night club mentre le ragazze si esibiscono, niente spoiler, perchè il killer viene presentato subito a inizio film, senza trucchi e senza inganni, come negli episodi di
Colombo), che si eccita a sentire le ragazze gorgogliare sospiri o grida (chessiano di piacere, di strangolamento o di dolore), per poi registrarle su nastro (in una sequenza , il maniaco, si mette nella stessa posa del Chris Sarandon di
Stupro, mentre ascolta estasiato il suo operato da autore di agonie, una specie di Buono Legnani delle corde vocali, più o meno) e quà e là sprazzi visivi suggestivi (sempre il folle che vede Gabrielle vestita come un'angelo dalla finestra, e viene rapito dalla figura celestiale-in realtà stanno girando un video artistico di una sedicente regista donna, tale Delta-).
Il body count lascia a desiderare (anche se lo strangolamento da dietro di una ragazza che il killer si porta a casa per registrare la sua voce, non è girato malaccio), tra avvelenamenti e coltellate, con disposizione un pò grottesca dei cadaveri, messi sul tetto dello stabile, dal maniaco, in una posa quasi astratta, poi ritrovati dalla polizia) e le battute finali, nel bel mezzo di una pioggia incessante, tra l'assassino "melomane" e la final girl Gabrielle, sono rovinate dalle terribili frasi poetiche (tratte nientemeno che dalla Bibbia!) che Bergman le fa mettere in bocca.
E tra uno spogliarello che non finisce più, le litigate furenti tra Gabrielle e il suo ganzo, e le telefonate dei soliti sciroccati in fatto di gusti sessuali (non manca nemmeno quella incestuosa) ci si mette di mezzo pure la polizia (il grande Yapeth Kotto) che se ne esce con frasi di questo calibro (riferite al locale dove si spogliano le ragazze del night)
E' un posto accogliente, anche se l'odore mi ricorda gli spogliatoi femminili delle palestre (slurp, aggiungo io).
Il resto viaggia sulla media, senza particolari sussulti o sorprese, dove, alla fine, il sentore di noia si fa sempre più tangibile, fino alla scontata risoluzione finale.
Và dato apprezzamento a Bergman (che non gira nemmeno male) di voler fare un thriller che si discosti dalla massa degli straight to video che imperversavano negli scaffali delle videoteche in quel periodo, ma indeciso sulla strada da percorrere, il lato meramente nero è uguale comunque a mille altri film del maniaco al telefono.
Ottimo, comunque, Lawrence Bayne nel ruolo normanbatesiano di Olwyn, ossessionato non solo dalla protagonista e dalla sua voce, ma anche da versetti poetici da quattro soldi.
Tra le spogliarelliste anche la musa di Richard Kern, Audrey Rose.
La Capone assomiglia , a tratti, a Linda Hamilton, ma molto molto più sensuale e femminile.
Erotismo (a parte le telefonate) e violenza grafica ben sotto la media.
Per avere un buon thriller erotico sulla "voce al telefono" affidarsi ad un'altro canadese, il Sollace Mitchell di
Chiamami di notte.
Buiomega71