Discussioni su Riding the bullet - Film (2004)

DISCUSSIONE GENERALE

2 post
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  • Buiomega71 • 5/04/13 10:51
    Consigliere - 26015 interventi
    E il grande Mick partorisce il suo capolavoro

    Un denso e bizzarro viaggio on the road, tra veglia e onirismo, come se Sulla Strada di Jack Kerouac fosse innestato da incubi lynchiani, o meglio un Carpenter sotto acido o un Romero dopo una bella tirata con l'arghilè.

    Kinghiano sino al midollo (non può non far venire alla mente i ritornanti "truzzi" di A volte ritornano-nella figura del ghost-rider di David Arquette- che guarda caso guida una Plymouth Fury del '58 (Christine), che viaggia su una strada che e poi l'inconscio, o meglio, l'anticamera dell'inferno con sapori dickensiani del fantasma dei natali futuri

    Mortifero, allucinato, bizzarro e notturno, come se il Cuore Selvaggio lynchiano (gli incidenti stradali notturni, i personaggi bizzarri e "fuori di testa"-penso all'hippie con parrucchino a bordo del suo furgone Wolkswagen così simile a Bill Moseley, il vecchio di Cliff Robertson che continua a grattarsi le palle per un imbracatura dovuta all'operazione alla prostata, in un abitacolo che puzza di piscio-incontrati durante il cammino solitario in autostop sulla strada oscura) si sposasse con Il settimo Segillo (i discorsi con la morte, la morte che incita al suicidio, il tentare di beffare la morte) con sprazzi ora assolutamente macabri, ora divinamente poetici (il finale, così indissolubilmente kinghiano)

    Dal bellissimo prologo con i filmati amatoriali, alle visioni della morte stessa (bergmaniana, ma che ha il look dell'imperatore del Ritorno dello Jedi), al tentato suicidio nella vasca da bagno previo lametta, con la morte che incita "Taglia, taglia", il sibilo dei volti di donna disegnati alle pareti, che si animano come i manichini di Maniac

    Di visioni angeliche, del concerto di John Lennon in Canada, del 68 e degli hippie, dei bellissimi hit di pezzi d'epoca (e qui torna la musicofilia garrisiana), delle schegge visionarie prettamente lynchiane (la Hershey che emette grotteschi cinguetii) sino ai flashback dell'infanzia con la madre (sempre la Hershey) che ha un sapore quasi incestuoso (e anche qui ritorna il Garris dei Sonnambuli e di Psycho 4)

    Garris non rinuncia a picchi crudeli (il cane rabbioso spatasciato sulla strada da un camion in corsa dopo una scena da animal-attack, il corvo "poeiano" che divora qualcosa ridotto in poltiglia sull'asfalto, e si rivolge al protagonista che lo osserva con un " Che cazzo hai da guardare?", un pò come la volpe di Antichrist che annunciava "Il caos regna", il padre che si spara in bocca, il terrificante e macabro racconto della Cadillac), crea angoscia e inquietudine (le sequenze del cimitero, i flash mortiferi di Alan e il suo funerale-quasi più Poe che King) e regala ancora sprazzi visivamente disturbanti (la Hershey senza volto all'ospedale, la Hershey che appare sulla strada al figlio con la flebo, il cervello esposto di Arquette come quello di Ray Liotta in Hannibal)

    Tocco di genio, poi, il piccolo film nel film con l'incidente di Arquette che lo porta alla morte, che anticipa di due anni i Grindhouse Rodriguez/Tarantiniani

    Perde di mordente nelle battute al Luna Park, dove subentra la convezionalità e la banalità, con Arquette trasformato in una specie di Freddy Kruger, che snocciola battute citazionistiche alla Notte dei morti viventi

    Odore di morte e di formaldeide, che non và più via dagli abitacoli delle auto, redneck furiosi e violenti come quelli di Easy Rider, ricordi d'infanzia si amalgamano con incubi e deliri, sogni e visioni (la Hershey che ripete al figlio, sul letto di ospedale "So cosa hai fatto!" non poteva non farmi venire alla mente la Zelda di Cimitero Vivente, altro piccolo tocco kinghiano.

    Funzionali gli sfx del magico trio KNB, e da antologia i dialoghi tra Alan e il ritornante di Arquette nell'abitacolo della Plymouth, che puzza tremendamente di cadavere.

    Un viaggio incubotico, dove non sai mai dove Garris ti voglia portare, ai confini della realtà e oltre...

    Piccolo ruolo dello stesso Garris (il primo dottore che accompagna Allan al suo arrivo in ospedale) e per sua moglie Cynthia (l'infermiera che accompagna Alan nella stanza di sua madre), e dedicato ai suoi genitori, nonchè al fratello Craig

    Non mi si venga più a dire che Garris non e un gran regista, perchè qui realizza uno degli horror (ma sarebbe riduttivo definirlo tale), più visonari, bizzarri e originali degli ultimi anni.
    Ultima modifica: 5/04/13 17:34 da Buiomega71
  • Raremirko • 5/04/13 20:49
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Non male, piacque anche a me.

    E' uno dei titoli del regista che ricordo meno, però lo trovai un buon adattamento da King.

    Molto filosofico più che orrorifico, è in effetti un approccio differente al genere.