Discussioni su Piccola patria - Film (2013)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 1/08/20 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
  • Clicca sul nome dei commentatori per leggere la loro dissertazione
  • Davvero notevole!:
    Bubobubo
  • Quello che si dice un buon film:
    Reeves
  • Non male, dopotutto:
    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

1 post
  • Se ti va di discutere di questo film e leggi ancora solo questa scritta parti pure tu per primo: clicca su RISPONDI, scrivi e invia. Può essere che a qualcuno interessi la tua riflessione e ti risponda a sua volta (ma anche no, noi non possiamo saperlo).
  • Buiomega71 • 1/08/20 14:01
    Consigliere - 25999 interventi
    La piccola patria è la provincia padovana con i suoi raduni leghisti (l'indipendenza del veneto), i bravi cittadini che vanno in chiesa la domenica eppoi danno la caccia all"albanese o giudicano con disprezzo le religioni altrui (musulmane, africane)

    La piccola patria che và stretta a due ragazze borderline (bravissime Maria Roveran e Roberta De Soller), che arrivano al ricatto sessuale per racimolare un pò di soldi in un gioco pericoloso più grande di loro.

    La piccola patria fatta di fattorie, di piccole imprese a conduzione familiare, di negozi di mobili che svendono tutto, di alberghi a quattro stelle, di balli country e delle balere delle afose sere d'estate, di campi e maneggi di cavalli, dell'immigrazione albanese che si arrangia come può.

    Ma la piccola patria è fatta soprattutto da un finto perbenismo, di meschinità della piccola provincia del benestate nord d'italia, dove si nascondono odi xenofobi fascistoidi, pulsioni incestuose e sottaciute passioni lesbo, giochi erotici messi in piedi per estorcere denaro, disgregazioni familiari, gelosie, e infamate.

    Rossetto (al suo notevole debutto) usa il suo occhio antropologico/documentarista per ritrarre freddamente un pezzo di italia che ha perso i valori fondamentali, con impressionante realismo (alla Dardenne), impreziosito dalla spontaneità dell'intero cast davanti alla macchina da presa.

    Cori , canzoni regionali, panoramiche aeree di glaciale, kubrickiana e perfetta geometria (sulle note coristiche spaventose di L’Aqua ze morta) , solitudine e alienazione, noia e la soffocante monotonia della vita di provincia.

    Un inizio con con uno squallido incontro sessuale (la leccata d'ascella alla Da Soller), che continua con le miserie umane (il nudo integrale di Ribon, le voglie incestuose verso la sorella, il filmettino porno a tre), sfocia in mariti in canotta che guardano la tv acchiappando mosche, in lezioni al poligono di tiro, alle tasse non pagate, all'amore segreto verso l'immigrato albanese, alla prostituzione fatta solamente perchè ghe pias i sghei, i sghei che non portano altro che grane su grane, che manda a rotoli l'amicizia per l'avidità, fino alla resa dei conti finale (che non ha catarsi).

    E se Rossetto narra con rigore e sincerità, lo stesso non si può dire della sceneggiatura, un pò troppo frammentaria e spezzetata, con alcuni passaggi confusi e non risolti (Artuso che va a fare visita in un centro di disabili, l'auto che ritrova nel fossato è la sua? Sono stati gli albanesi? La sorella di Ribon che paga il ricatto senza battere ciglio, il rapporto morboso con il fratello non ben sviluppato, l'ossessione manfrediana per le armi di Artuso non è abbastanza approfondita, l'odio xenofobo lì lì per esplodere ma che resta nel limbo, se non nel finale troppo stilizzato che lascia l'amaro in bocca), con una dilatazione narrativa che andava ridimensionata (la fuga di Laura di due giorni, con il moroso albanese, per prelevare il cugino di quest'ultimo arrivato in italia clandestinamente) e qualche scivolata nella retorica buonista (gli albanesi tutti buoni e poveri cristi che cercano di integrarsi).

    Troppa carne al fuoco, insomma, non cotta a dovere, dove si rischia di non andare in nessuna direzione (come le parentesi aperte eppoi non chiuse).

    I dialoghi in dialetto veneto aumentano il ruvido realismo, così come alcuni passaggi degni di nota (Luisa e Renata che si provano le scarpe in un negozio gestito da un cinese, la litigata tra le due con rinfacciate e , poi, infamate, Luisa che si abbandona nei campi con sottofondo Josca la rossa dei cori alpini, il bighellonare tra feste di paese notti all'insegna del sesso mercenario, te piase i sghei?)

    Comunque un'interessante opera prima di un autore spigoloso e aspro, di forte personalità e per nulla accomodante.

    Di culto quando il papà di Luisa (Artuso), si avventa sul ragazzo albanese della figlia appellandolo con un : Negro de merda!

    Poco visto e mal distribuito, merita una visione per tastare il polso a certo cinema italiano che cova ancora sotto la cenere.

    Ultima modifica: 1/08/20 14:27 da Buiomega71