Discussioni su Macumba sexual - Film (1983)

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 10/08/18 10:26
    Consigliere - 26006 interventi
    Sadisterotica-L'estate torbida dello tio Jess

    Franco intinto nei bagliori massaccesiani dell'esoticoesotericoerotico, in una viaggio arcano tra sogno, veglia, onirismo, stati di allucinazione e copule febbrili ad un passo dall'hardcore (il momento topico del blow job che la Romay pratica a Antonio Mayans, non dissimile da quello fatto a Ràmon Ardid in Un caldo corpo di femmina, con attributo che non va al di là del molliccio)

    Trasognato e lisergico incubo lussurioso , ammantato da una fotografia accecante, dal villaggio di Tara (Ajita Wilson, statuaria dea voodoo nel ruolo della vita), con quelle cupole minacciose e inquietanti che sovrastano il suo regno incantato, statuette con pronunciati falli guizzanti (dei Pazuzu in micro), dai livori deliranti di un rito in mezzo al deserto, con la Wilson che và in trance e viene posseduta (dai suoi schiavi che tiene al guinzaglio come mastini) con l'inserimento di una statuetta a forma fallica nella vagina.

    Il cinema surreal/occulto franchiano (quello più puro, libero e anarchico) si fregia di squarci visionari quasi arrabaliani (Tara, con al guinzaglio i suoi schiavi Tulipan e Amapola, ripresi in campo lungo tra le dune desertiche, o la Romay che si perde nell'infinità sabbiosa correndo smarrita), dispensa l'ossessiva ricerca del piacere in amplessi lesbo (grande numero saffo tra la Romay-sempre più sporcacciona- e la Wilson, tra dita che penetrano e lingue che scrutano e esplorano folte vulve), e la Romay impazza a letto, sudando, smaniando, preda di un eccitazione sessuale sempre più incontrollabile e impellente.

    La sacralità ritualistica degli idoli africani sui cui Franco si sofferma quasi con venerazione, un incipit tra i più belli del suo cinema (l'apparizione, sotto il sole, in controluce, della sacerdotessa Tara/Wilson), l'incubo erotico della Romay sulla spiaggia, con la Wilson che le sguinzaglia addosso i suoi schiavi del piacere che la "divorano", una scultura sul tavolo della magione esotica della Wilson che cattura per ipnotismo nell'orgia finale , con rito della penetrazione tra le grandi labbra della Romay e un finale di pura pazzia femminea, che riporta alla perdita della ragione uterina delle "eroine franchiane" (come la Christine della Vergine tra i morti viventi e la Linda di Lorna)

    La Wilson che si gusta gli umori sessuali della Romay (come l'Irina di Un caldo corpo di femmina), che si aggira con una vestale che le scopre il corpo scultoreo e il sesso, dalla risata diabolica, dalla bocca che divora (come una fellatio febbricitante) il piccolo idolo trovato nella sabbia.

    Franco si ritaglia il ruolo del demente custode dell'albergo in cui soggiorna la Romay , viscido e repellente voyeur tassidermista, che spia la Romay sotto gli short in jeans, così stretti, così attilati e sbava a vederla prendere il sole nuda sulla sdraio (con indosso un paio di zoccoloni neri col taccone da infarto immediato), che sbiascica parole sensa senso e sgranando quegli occhi untuosi e appiccicosi.

    La Romay (quì bionda e con taglio di capelli simil caschetto-non per nulla si chiama Alice Brooks, voluto omaggio pabstiano?-) vittima sacrificale del puro piacere franchiano erotomane, con indosso sandali d'orati con il tacco (prelibato pasto ritual/lascivo per Tara), succube della grande regina nera, che ne sconvolgerà le vacanze e l'esistenza, fino al punto di non ritorno

    Ipnotiche musiche tribali composte dallo stesso Franco, una sequenza con i dromedari che andava scorciata, una dimensione incubotica che incanta e affascina, un Franco libero da ogni convenzione narrativa, il marito della Romay (il pessimo Antonio Mayans) che urla disperato, chiuso in una gabbia in legno, prigioniero della strega nera per l'eternità (dopo averne assaggiato il piacere dell'estasi tra lei e la sua schiava-Lorna Green-), come nemmeno nei "cannibal movie" nostrani.

    Da sculto la scena del sesso lesbico a tre (Wilson/Romay/Green), sotto gli occhi dello schiavo Tulipan (Josè Ferro), che sgrana gli occhi e fa le facce da arrapato (assai ridicole) come il vecchio guardone che spiava tra le fresche frasche Christine che faceva il bagno nello stagno di ninfee in Una vergine tra i morti viventi

    Lussuria, morte e rinascita, "possessione" e magia nera, riti e incantesimi di un mondo oscuro a noi sconosciuto, dove Tara ne è l'emblema assoluto e stravolgendo (nella più pura dialettica franchiana) iconoclasticamente la tessitura dell'esotic movie italico (da Civirani, passando per Vivarelli fino ad Albertini)

    Quasi come se L'esorcista II L'eretico fosse stato ripassato sotto l'ottica, e la poetica profana, dello tio Jess.
    Ultima modifica: 10/08/18 15:11 da Buiomega71