Gestarsh99 • 22/11/10 11:58
Vice capo scrivano - 21546 interventi Dopo il notevole successo riscosso nel '68 dall'ottimo
Il grande inquisitore, forse il miglior film del suicida
Michael Reeves, diversi registi europei si cimentarono a loro volta con argomenti quali la caccia alle streghe e la Santa Inquisizione: pensiamo ad autori come
Ken Russell (
I diavoli) o
Jesus Franco (
Le demone). Tra i vari cloni, spudorati o meno, la palma di più truce ed orripilante spetta di diritto a
La tortura delle vergini, che l'inglese
Michael Armstrong codiresse assieme ad
Adrian Hoven nel 1970.
La trama difatti ricorda in più punti quella del suo più degno ispiratore, solo che qui le vicende, anzichè svolgersi in Inghilterra, sono ambientate nell'Austria settecentesca.
Sempre stando alle proclamatorie frasi che scorrono in apertura, la pellicola riporterebbe tre casi realmente accaduti in Europa tra il quindicesimo ed il diciannovesimo secolo.
Dopo che, come quotidiana consuetudine, nella pubblica piazza cittadina hanno avuto luogo le condanne al rogo di due sospette streghe, l'inquisitore paesano, zotico ed analfabeta (che ha il volto deturpato di
Reggie Nalder), viene sostituito da un altro, inviato dal principe, dotato di maggior fermezza di polso e carisma autoritario (il mefistofelico
Herbert Lom). Questi, apparentemente più equo ed umano del precedente, si dimostrerà al contrario subdolo e malvagio: un vero e proprio burocrate della tortura.
Qui sotto il mostruoso Reggie Nalder, che interpreta l'inquisitore Albino
Le similitudini con l'opera di
Reeves rimangono purtroppo confinate solo al livello contenutistico, poichè formalmente non c'è paragone che tenga tra i due film.
Armstrong, più che nella costruzione di un affresco sociale e morale su un fenomeno poco in luce della Storia degli ultimi 500 anni, si sofferma invece nella pura descrizione minuziosa delle varie tecniche di tortura utilizzate all'epoca per far confessare i presunti eretici ed "indemoniati". Il ritmo dell'opera è cadenzato quasi per intero dalle urla di sofferenza dei martirizzati di turno, mentre le atroci sevizie inflitte vengono illustrate con estrema dovizia di particolari, adoperando tutto un campionario di diabolici marchingegni (sedie chiodate, presse stritola-dita, banchi stira-arti, pinze strappa-lingue, arnesi per la marchiatura a fuoco, etc.)
In questo però non si avverte la cifra malata ed oltraggiosa degli splatter settantiani (vedi
Last house on dead end street) ma quella laccata e leggermente ingessata tipica del decennio prima (vedi
Herschell Gordon Lewis e
Russ Meyer).
La pellicola vanta una buona fotografia ma rimane un prodotto caciarone (con comparse penose e scene di massa ridicole) senza particolari guizzi registici e non basta la presenza statuaria del glaciale
Udo Kier a decretarne la piena validità.
P.S.: La colonna sonora di
Michael Holm presenta curiose assonanze con uno degli score più famosi composti dal nostro
Riz Ortolani...altro non aggiungo.
Ultima modifica: 22/11/10 16:20 da
Zender
Trivex
Undying, Ciavazzaro, Von Leppe, Anthonyvm, Nicola81, Schramm
Stefania, Deepred89, Marcel M.J. Davinotti jr.
Gestarsh99, Il Gobbo
Fedeerra, Caesars