Discussioni su La scogliera dei desideri - Film (1968)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 18/06/10 DAL BENEMERITO GURU
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  • Quello che si dice un buon film:
    Atticus85, Lucius, Buiomega71
  • Mediocre, ma con un suo perché:
    Daniela
  • Gravemente insufficiente!:
    Guru

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 17/08/19 10:06
    Consigliere - 25933 interventi
    Rassegna estiva: Melò d'agosto-Un'estate melodrammaticamente melodrammatica

    Losey impazza in scenografie arty e liberty negli interni della villona alla Xanadu jessfranchiana , che troneggia su un isola "fortificata" nelle splendide location sarde, non lesinando bizzarrie e follie scenografiche, zeppe di idee architettonicamente strampalate (e non mi meraviglierebbe che Dario Argento se ne sia ricordato, poi, per Suspiria)

    Melò fiammeggiante, sgangherato, totalmente delirante , puro cinema teatraleggiante e gioco al massacro tra crudeltà e spicciola ironia che lo fa sembrare una versione del Servo in mascalina, con quel mood queer irresistibile.

    Losey non è nuovo al kitsch più eccentrico (vedi Modesty Blaise) e questo coloratissimo e stravagante melodramma venato di fantastico potrebbe far parte di un'ideale trilogia loseyniana che comprende Il servo (appunto) e Cerimonia segreta.

    Dai fastosi e bislcacchi vestiti indossati dalla divina Liz Taylor, costumi parafelliniani da culto drag queen (quello kabuki è una gioia che sconfina nel trash più squisito), alle trovate surreali (le guardie alla fortezza capitanate da un malefico nano, la seggiovia, l'acqua di fiume in camera, microfoni e altoparlanti dove la Taylor sbraita in continuazione i suoi deliri diurni e notturni, merli, scimmie e canzonette-cantate in italiano- stupidine ma che ti entrano in testa come un ossessione).

    Monumentale e strabordante la performance della divina Liz (che in pratica rifà sè stessa), sorta di Cleopatra ipocondriaca sotto LSD, ingioiellata fino alla stucchevolezza, che sproloquia cattiverie, isterismi da insopportabile diva intrattabile, irascibile e inavvicinabile, sempre stizzita e a vomitare ordini, ma stretta in una solitudine e in attacchi di panico (nonchè di crisi di intenso dolore fisico, tanto che ha come medico personale il silente Romolo Valli, sorta di dottor Génessier che le applica inezioni e trasfusioni di sangue) che ne amplifica la sua sprezzante acidità, in un tour de force attoriale incontenibile che avrebbe meritato almeno una candidatura all'ambita statuetta. Su tutte la scena in cui comincia a tossire non smettendo più, sputando sangue lasciato nel candido fazzoletto poi raccolto da Burton.

    Dialoghi fiume, a volte noiosi, spesso ficcanti, se non da antologia (soprattutto faccia a faccia con l'angelo della morte di Richard Burton, che gira vestito da samurai kurosawaiano) e strabilianti movimenti di macchina, dove Losey, tra piani sequenza, panoramiche e primi piani pre-fulciani sullo sguardo ipnotico di Liz, entra nelle stanzone opulente e nei sontuosi salotti della villa, raggiungendo l'apice nel pre finale, sul talamo di morte, dove, prima, Liz indossa una vestaglia bianca che non nasconde le sue burrose forme.

    Ma in tutta questa ostentazione al lusso e all'erotismo che si insinua sottopelle (tra i due divi che combattono una guerra a suon di dialoghi da teatro dell'assurdo c'è anche l'appetibile segretaria della Taylor, a cui Burton non è indifferente) a farla da padrone e quell'aurea mortifera e necrofora che si stampa per tutta la pellicola, raggiungendo il culmine sul letto di morte, in una delle sequenze di dipartita più intense e destabilizzanti mai girate (con aggiunta di uno sciacallaggio che ne aumenta il cinismo e l'impietosità).

    Kammerspiel psichedelico e summa del kitsch scenografico più sfrenato, quasi una via di mezzo tra L'invenzione di Morel e Chi ha paura di Virginia Woolf ?, dove Losey ripropone il tema del Servo in versione pop.

    Richard Burton che ogni tre per due pronuncia "boom", gira con un taccuino catalogando morti e viene pure attaccato da un branco di cani, e, come in un film di Bunuel, chiede da mangiare ma la sua richiesta non viene mai esaudita, dove, per un motivo o per l'altro, il cibo o viene gettato o fatto portare via dall'austera e arpiesca padrona dell'isola..

    Non manca la noia, ma c'è una strana malia ipnotica che tiene inchiodati sulla sedia.

    Forse tra i migliori film dell'autore de L'incidente, perchè meno snob e molto più sfrontato, senza paura di cadere nel ridicolo involontario e nel weird più gustoso.

    Tra i film più amati da John Waters (e un motivo ci sarà) e dallo stesso Tennessee Williams, che lo giudica la miglior trasposizione cinematografica di una sua opera.

    Valore aggiunto (ma questo era già in preventivo) la magnifica fotografia di sua maestà Douglas Slocombe.
    Ultima modifica: 18/08/19 13:59 da Buiomega71