Discussioni su La peste - Film (1992)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 22/01/19 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 22/01/19 10:55
    Consigliere - 25934 interventi
    FALSI D'AUTORE-Perduti e ritrovati

    Un "pandemic movie" d'autore quello di Puenzo che ha la "leggerezza" di un macigno, pachidermico opus non esente da fastidiose metafore letterarie.

    Fosse durato trenta minuti di meno (eliminando orpelli e storie ben poco interessanti lungo la vicenda) avrebbe giovato non poco

    Puenzo si sofferma sui drammi dei suoi personaggi (la minaccia-mai veramente coinvolgente-della peste resta sullo sfondo), dedicando interminabili minuti a : preti che dicono messa e paventano la fine del mondo, bambini morenti che non suscitano alcun tipo di pathos, giornaliste francesi che vogliono tornare a Parigi, un vecchio sognatore (Robert Duvall in un'insopportabile personaggio da fumetto) che non sà come continuare l'inizio del suo romanzo, il buon dottore salvatore (William Hurt) che dedica anima e corpo alla cura degli appestati (che sembra uscito da un libro di Edmondo de Amicis), il cameraman che racconta di suo padre magistrato e che abbraccia la causa del volontariato per aiutare i malati, fulminato, sulla via di Damasco, dalla sindrome di Gino Strada.

    Puenzo tenta, quà e là, di ricreare quel clima totalitario che era alla base del suo La storia ufficiale (militari, "campi di concentramento" con appestati deportati, le intromissione governative, le manifestazioni in piazza, il popolo che si ribella verso il finale, l'opressione e i rastrellamenti) ma cade nel manierismo, indeciso se prendere la strada politica, del contagion movie, o quella dei sentimenti e crucci individuali. La carne al fuoco è troppa anche per lui, e la gestisce nel peggiore dei modi.

    Tutti espedienti narrativi di cui ci si interessa poco, dove Puenzo , con spocchiosa ampolossità, rincara la dose con dialoghi teatraleggianti altisonanti, facendo del prolisso virtù.

    A ben poco serve un'atmosfera plumbea e avvolta dal grigiore cinereo (Puenzo ambienta il romanzo omonimo di Camus in una Buenos Aires fuori dal tempo, con auto anni 50 che si mischiano a computer e a scenografie post belliche), dove il regista argentino si destreggia tra tanghi, ragazzini gorgheggianti , sommosse di piazza, processioni, imbonitori menagramo, quarantene, slanci umanitari e apocalissi prossime venture. Teorizzando, poi, che la peste dovrebbe avere effetti collaterali (e fisici) devastanti, tratta, quì, da Puenzo, come se fosse una semplice influenza che porta all'altro mondo.

    In 141 minuti di paccottiglia pseudo intellettuale qualche scheggia impazzita c'è (l'inizio, col vecchio che urina dalla terrazza sui gatti faceva ben sperare) come il prete che và a morire in una fossa comune piena di cadaveri, sepolto dalla terra , la ragazza nuda infetta, la Bonnaire che viene attaccata ,stile Willard, da un ratto in ascensore-e l'agonia del ratto stesso-, le docce comuni simil lager con gli infetti nudi, la spogliarellista che fa uno show, sul palco di un locale, contorniata da ratti, la Bonnaire che in preda a focose voglie si tocca al tavolino di un bar, per poi correre in camera d'albergo e fare un video alla Sesso , bugie e videotape a seno nudo, le fogne con i ratti morti, Raul Julia che impazzisce e si crede "l'angelo della morte" giocando a fare il cecchino dalla terrazza del suo squallido appartamento, come il veterano di L'ispettore Martin ha teso la trappola

    Ma sono solo segmenti , in una durata fiume (spesso pesantissima) che predilige la verbosità ridondante , per concentrasi sulle angosce personali dei protagonisti (a tal proposito prende per sfinimento Duvall che delira di "giardini fioriti" su di un letto di ospedale interagendo con la Bonnaire, dove ciancia dell'inutilità, preoccupato perchè non ricorda più le frasi iniziali del suo romanzo, come se fregasse qualcosa a qualcuno, ecco, Puenzo sottolinea questi momenti "intensi" di cinema pseudo intellettualoide, dimenticandosi tutto il resto, in primis la peste che miete vittime e getta la città nel caos della pandemia)

    Un vero peccato, perchè se avesse dedicato più spazio alla malattia, al sentore apocalittico e al contagio (quando lo fà lascia il segno) e lasciato perdere certe inutili (e invasive) elucubrazioni narrative che tengono via metà film, la pellicola ne avrebbe guadagnato.

    Fiacche anche le musiche di Vangelis (tronfie e pedanti, come gran parte di quest'opera) che altrove regalava meraviglie (ma non quì)

    Sonoro insuccesso commerciale (per Puenzo la seconda batosta dopo Old Gringo) e distrutto dalla critica , visti gli esiti posso anche capire il perchè.

    Buoni gli intenti (portare il romanzo di Camus sullo schermo non era impresa facile), ma men che mediocri i risultati.

    Fine del mondo rimandata a settembre, con tutte le tragedie (anche filmiche) del caso.
    Ultima modifica: 22/01/19 22:06 da Buiomega71