Buiomega71 • 22/04/19 10:16
Consigliere - 25998 interventi Cinema indie di buona fattura, diretto da un regista di un certo talento
Dramma a tinte fosche e nerissime, dove gli eventi precipitano in un baratro di violenza e disperazione, non riuscendo ad evitare le tragiche conseguenze.
Innocenti e ingenue ragazzine innamorate uccise barbaramente a sassate, ricatti, gelosie, donne prese a calci (il crudo pestaggio di Madonna) fino alla morte, avidità, esplosioni di insensata violenza, suicidi, lo scemo del villaggio accusato di colpe che non ha commesso (sullo stile di
Cane di paglia), coccolando cadaveri nella fattoria che sembra quella di Ed Gein.
Atmosfere plumbee e umidicce (che ricordano quelle dei
Ragazzi del fiume), in una location (la cittadina canadese di Miramichi) che pare il Maine di Stephen King, fatta di laghi, fattorie, stalle, piccoli drugstore, strade, boschi notturni o dipinti dai colori dell'autunno (che danno una dimensione ancor più melanconica all'infausta vicenda) e stamberghe non dissimili da quelle della family mansoniana.
Southam tiene il racconto serrato, partendo in sordina, per poi far crescere la tensione, fino al precipitare dei funesti eventi, aiutato da un cast di giovani attori (tranne Peter Outerbridge, farabutto e belluino ceffo da galera che assomiglia incredibilmente a Robert Patrick) in palla (bellissima e bravissima Joanne Kelly nel ruolo della tosta "redneck" dal nome biblico di Madonna), dalle stranianti musiche di Gaetan Gravel e dai cieli ora velati ora minacciosi della fotografia di Eric Cayla (echeggiando il texas hooperiano).
La storta alla caviglia di Carrie, Carrie che si immerge nel lago per portare la torta a Michael (che, però, non sembra apprezzare), la dirittura di arrivo che si immerge nella sciagura che non si può evitare, nella concatenazione di eventi che porta alla disgrazia e alla rovina dei personaggi coinvolti.
Passato praticamente inosservato da noi con un uscita in dvd invisibile da cestone da discount, merita il recupero, molto più di certi filmetti da Sundance celebrati e blasonati.
Opera tagliente, dolorosa, che non risparmia quasi nessuno, che all'inizio fatica a carburare, ma che poi prende pieghe rovinose che lasciano il segno, in un microcosmo proletario di indigenza ai margini della società, dalle parti di
Un gelido inverno
Se non fossero passati sedici anni, il nome di Sothman (dove il suo cinema ricorda il Tim Hunter degli inizi) sarebbe da segnare sul taccuino delle promesse emergenti.
Buiomega71