Discussioni su Io ti amo - Film (1968)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 4/04/07 DAL BENEMERITO IL GOBBO
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  • Grande esempio di cinema:
    Buiomega71
  • Non male, dopotutto:
    Daidae
  • Mediocre, ma con un suo perché:
    Il Gobbo, Dusso
  • Scarso, ma qualcosina da salvare c’è:
    Homesick
  • Gravemente insufficiente!:
    B. Legnani

DISCUSSIONE GENERALE

4 post
  • Se ti va di discutere di questo film e leggi ancora solo questa scritta parti pure tu per primo: clicca su RISPONDI, scrivi e invia. Può essere che a qualcuno interessi la tua riflessione e ti risponda a sua volta (ma anche no, noi non possiamo saperlo).
  • B. Legnani • 30/09/11 20:11
    Pianificazione e progetti - 14964 interventi
    Scrive Daidae "Film più che vedibile se si tralasciano le frasi di Alberto Lupo a metà tra il romantico e il profetico".
    Il problema è che parla spessissimo..
  • Buiomega71 • 19/08/20 10:54
    Consigliere - 25998 interventi
    Rassegna estiva: Italian Graffiti d'agosto 

    Quintessenza dell'ottica margheritiana dove c'è tutto il cinema (anche quello a venire) dell'autore di Danza macabra, contorniato da un aspro sentore funereo e da una costante malinconia che sfocia nella solitudine e nei meandri dell'amore tanto sofferto quanto impossibile.

    Suggestivo caleidoscopio che si infiamma nei riverberi gotici tipici di Margheriti (le ville decadenti e spettrali con il giardino, le stanze, i candelabri con le ragnatele, i dipinti e i ritratti, le donne dannate, i caminetti, le scalinate, i sofà polverosi) dove, ad un certo punto, sembra di vedere Nella stretta morsa del ragno in versione musical, con Dalida uguale alle eroine fantasmatiche ( alla Barbara Steele) dei suoi gotici horror, dove zooma sullo sguardo, sui tratti spigolosi e mascolini della cantante, su Lupo che si aggira per il parco del casolare abbandonato, come farà Franciosa, in quel marasma orrorifico e incubotico di chiara impronta margheritiana (la MDP che volteggia a panoramica sugli alberi che adornano il tetro casolare, come succederà, appunto, nel finale del remake di Danza macabra).

    Straordinarie invenzioni di regia (la lente colorata che si sposa con i cromatismi sul volto spettrale di Dalida: l'azzurro del mare, il rosso del fuoco e il verde della natura , la sequenza del brindisi ripresa da sotto il tavolo di vetro, le riprese delle figure che si riflettono negli specchi d'acqua, le volate ardimentose della MDP durante la seducente messa in scena del valzer) dove Margheriti sperimenta, azzarda, non stà mai fermo con la MDP, in un tour de force registico e estetico che ammalia per la sua bellezza visiva (cosa non è, poi, la fotografia di Pallotini), che va da una Roma magica e trasognata, fino alle meraviglie di Sorrento, per intingere il tutto in un'atmosfera inquieta e sospesa, dove il malessere di qualcosa di ultraterreno si stampa addosso per tutta la durata.

    C'è il Margheriti della amata fantascienza (il video all'aeroporto dove si annuncia il volo), adirittura quello che verrà nel Mondo di Yor (il desolante cratere del Vesuvio dagli echi post apocalittici) e uno pezzo di scogliera che frana come nei suoi futuri adventure movie, fino alla estetizzante sequenza del fuoco che divampa vicino a l volto di Lupo mentre dipinge il ritratto di Dalida, che verrà ripresa, paro paro, ne La morte negli occhi del gatto.

    Ma non c'è solo la mano ispirata di Margheriti a impreziosire questa tormentata e sofferta storia d'amore tragica e dai contorni di fiaba nerissima, ci sono le meravigliose canzoni di Dalida, che canta mesta all'interno delle rovine di un acropoli, su un porticciolo che da sul mare (in una danza ipnotica e soave) fino alla bellissima sequenza dell'ultimo valzer, dove si sprigiona , del tutto, il goticismo margheritiano, fatto di leggiadria e macabra poesia, come se, per l'ultima volta, il fantasma di Elizabeth Blackwood tornasse a ballare dal mondo dei morti.

    E tra l'incanto e l'intensità di una storia romantica abbagliante e seducente (non priva di ossessioni e turbamenti), c'è l'ombra oscura della morte, una sottile vena necrofora che imprigiona i sui protagonisti.

    Pezzi di cinema fulminanti (l'incontro tra Lupo e la sua ragazza sulle note di  Il posto mio di Tony Renis messa sul giradischi, il funesto avviso dello stridere delle gomme e del bicchiere che cade a terra e và in frantumi, l'inquietante e disturbante sequenza alla visita del cratere del Vesuvio, dove Dalida, con metà volto ricoperto dai capelli mossi dal vento e l'occhio sbarrato, pare cambi voce come se fosse posseduta-si capirà, poi, il perchè, abbia paura del fuoco, un pò come succederà per l'Alma di Storie di fantasmi che aveva il timore dell'acqua-la distruzione del ritratto da parte di Lupo che aumenta le angosce e le paure di Dalida, il momento della fotografia al tiro al bersaglio al Luna Park, dove viene immortalato solo Lupo che spara con il fucile giocattolo, le apparizioni quasi ectoplasmatiche di Dalida in vestaglia bianca e coi capelli mossi da un sibilo di vento misterioso, il momento della festa dove Lupo regala tutti i suoi dipinti astratti agli invitati, Lupo che corre sull'autostrada in preda ad un tormento che si farà tangibile, verso un finale raggelante e terrifico, che si ammanta di una luce fosca quasi poeiana e che mette i brividi, eppoi quella chiusa struggente sul bosco irradiato da un tramonto rosso sangue, con una frase che resta scolpita dalla voce oltretombale di Dalida: IO TI AMO!).

    Al di là dei dialoghi pomposi e poeticamente irrealistici di un Lupo al massimo della teatralità (dopo un pò, però, non ci si fa più caso, talmente si è rapiti dalla narrazione della dimensione fantastica di inconfondibile impronta margheritiana), quel che conta è la grandezza di uno dei più talentuosi registi del nostro cinema di (de)genere, che qui si inoltra  nel "fotoromanzo" scardinando le regole dall'interno, non perdendo un grammo della sua personalità e dei suoi trascorsi goticheggianti. Insomma, già a inizio film, con Lupo che dipinge negli stanzoni decadenti del casolare, si vede subito che è un film di Antonio Margheriti.

    Perfetti anche Dalida (che per me è l'antitesi della femminilità) e Lupo nei loro rispettivi ruoli.

    Prendendo il Ritratto di Jennie e L'avventura dello studente di Germania per anticipare Fantasma d'amore, in quello che è uno dei migliori film del regista di Contronatura.

    Curiosamente, nel cast, dovrebbe esserci pure Karin Schubert, che io, però, non ho visto (o meglio, non ho riconosciuto in nessun ruolo).
    Ultima modifica: 19/08/20 13:42 da Buiomega71
  • B. Legnani • 19/08/20 11:43
    Pianificazione e progetti - 14964 interventi
    Buiomega71 ebbe a dire:
    Curiosamente, nel cast, dovrebbe esserci pure Karin Schubert, che io, però, non ho visto (o meglio, non ho riconosciuto in nessun ruolo).

    Non c'è. Errore di IMDb
  • Buiomega71 • 19/08/20 11:49
    Consigliere - 25998 interventi
    B. Legnani ebbe a dire:
    Buiomega71 ebbe a dire:
    Curiosamente, nel cast, dovrebbe esserci pure Karin Schubert, che io, però, non ho visto (o meglio, non ho riconosciuto in nessun ruolo).

    Non c'è. Errore di IMDb

    Ah, perfetto, grazie Buono per la info. Difatti mi pareva strano che non l'avessi riconosciuta in nessun ruolo (la Schubert è stata la benemerita per le mie notti solitarie peccaminose e insonni da ragazzino), anche perchè ha un viso riconoscibilissimo

    E adesso che faccio mente locale, non solo non appare, ma non è segnalata nemmeno nel cast sui titoli di testa.
    Ultima modifica: 19/08/20 14:07 da Buiomega71