Discussioni su Foglie d'autunno - Film (1956)

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 7/08/19 10:29
    Consigliere - 25998 interventi
    Rassegna estiva: Melò d'agosto-Un'estate melodrammaticamente melodrammatica

    Non il miglior film di Aldrich (o come si suol dire "opera minore"), ma il suo primo dove sonda l'universo complesso, e la solitudine, femminile.

    Lo zio Bob comincia già a tirare zampate ciniche e feroci che verranno nel suo cinema migliore ( la mano della Crawford colpita violentemente dalla macchina da scrivere in un furioso attacco da brutali scene da un matrimonio pre-Misery, la nuora e il suocero che se la intendono, le incontrollate sfuriate aggressive di Robertson ai danni della Crawford, la cura a base di elettroschok, la Crawford con occhi pesti e occhiali da sole, il teso tet a tet tra la Crawford, la Miles e Greene nel vialetto), anticipando, con cipiglio noir e inquadrature sghembe, frammenti delle future Carlotte e Baby Jane (i flashback con la Crawford e il padre malato con lei che telefona di spalle senza mai essere ripresa in volto, la chiamata allo psichiatra, la bellissima sequenza del concerto, dove la Crawford viene isolata e estraniata da Aldrich dal pubblico in sala, e con l'ausilio di un vinile che gira, viene proiettata nei dolorosi ricordi, con una elissi non dissimile da quella degli incubi di Carlotta, i primi piani espressionistici sullo sguardo disperato e in lacrime della Crawford).

    In embrione c'è tutto il cinema del grande regista che verrà, compreso il nervoso camminare sù e giù della Crawford in cucina.

    Robertson, con i suoi tic, le sue nevrosi, la sua schizofrenia che esplode in follia, anticipa gli usi e i costumi di Norman Bates e Aldrich ha tempo pure di citare la famosissima sequenza d'amore sul bagnasciuga di Da quì all'eternità.

    Notevoli, poi, le divine zoccolette con il tacco indossate dalla Crawford, ora bianche, ore nere, per quasi tutto il film, vero e proprio must per ogni feticista che si rispetti.

    Lo zio Bob gioca a rimpiattino con la "detective story" (la Crawford che scopre , nell'albergo di lusso, l'intrallazzo tra il padre di Robertson e la sua ex moglie, in una corsa contro il tempo sù per le scale del motel, sciabattando con le deliziose zoccolette), sfociando, poi, nel psicodramma più cupo (le crisi di Robertson riguardo al suo trauma , che lo portano in una dimensione quasi infantile, nel gran pezzo di regia di Robertson contro l'armadio che si dispera consolato dalla Crawford, dove Aldrich adotta geniali e avanguardistici punti di vista registici, la Crawford che apre l'acqua del rubinetto per non udire le grida di Robertson e le sirene dell'ambulanza che lo stà portando alla casa di cura), in una storia d'amore tra due solitudini (il tema della solitudine tanto caro allo zio Bob, da Baby Jane a Carlotta, passando per la decadenza della diva di Kim Novak, fino a sister George) tanto realistica quanto azzardata (per la differenza di età tra i due, che sfocia in un ambiguo rapporto dai toni velatamente edipici), nel loro, bellissimo, primo incontro nel locale, tra jukebox e insalata di pollo.

    Peccato per il finale debolissimo e conciliatore, addomesticato, forse, per questioni produttive, che cozza con il nichilismo e il pessimismo aldrichiano, lasciando un pò l'amaro in bocca, negando quella chiusa dolorosa che ne avrebbe fatto un opera degna di nota, in perfetta sintonia con lo spirito cinico del suo regista.

    Finale deludente insomma, per un melodramma fin lì intenso, tra solitudine, amore, traumi inconfessabili e follia.

    Bellissima la canzone cantata da Nat King Cole sui titoli di testa.

    Da antologia la terribile scoperta del marito menzognero e impostore da parte della Crawford, su avvisaglia di Vera Miles (in modulazione da bionda dark lady) e il repentino cambiamento d'umore di Robertson, degno del miglior psycho-thriller.

    Da segnalare il bellissimo bianco e nero di Charles Lang.
    Ultima modifica: 7/08/19 19:26 da Buiomega71