Discussioni su Deep dark - Film (2015)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 31/03/20 DAL BENEMERITO ANTHONYVM
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    Anthonyvm

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Anthonyvm • 31/03/20 18:42
    Scrivano - 806 interventi
    Un buco nel muro, immagine di una semplicità unica che riesce tuttavia a evocare un'ampia gamma di suggestioni, dall'eccitante al misterioso, dal morboso all'inquietante. Sin dagli inizi del secolo (il corto Peeping Tom del 1905), e naturalmente da Psyco in avanti, quella dello spioncino è un'icona ricorrente nel cinema, una rappresentazione fisica del voyeurismo su cui l'essenza stessa della settima arte si basa. Un buco da cui poter sbirciare, unico punto di contatto fra il mondo della certezza e il reame dell'immaginazione, della follia, dell'ignoto. Chi o cosa si nasconde oltre la parete? Siamo davvero così coraggiosi da volerlo scoprire? E soprattutto, è davvero necessario saperlo quando ciò che proviene dall'altra parte ci rende felici?

    Proprio sull'immagine di un foro ruota il plot di questo bizzarro e a malapena classificabile horror, diretto e scritto dal giovane Michael Medaglia, che pur basandosi su premesse affatto interessanti e poggiandosi su ottimi spunti visivi, si perde strada facendo, dando l'impressione di non sapere bene quali strade percorrere per veicolare un messaggio altresì confuso.
    La sinossi è quanto di più classico si possa immaginare: Hermann, artista squattrinato e privo di talento, si trasferisce in un monolocale fatiscente di proprietà del ricco zio, un artigiano di grande successo. Se non sarà in grado di presentare un lavoro coi fiocchi entro due settimane, perderà il suo posto nella galleria della nota Devora. Il nostro si dedica alla scultura astratta, ma con pessimi risultati. Proprio quando sta per gettare la spugna, si accorge di un buco nella parete dell'appartamento, oltre il quale provengono strani suoni. Cosa ancor più strana, qualcuno inizia a passargli dei biglietti dal buco, invitandolo a rilassarsi e a lasciarsi aiutare. L'aiuto in questione arriverà sotto forma di una specie di grumo carnoso che, opportunamente sistemato all'interno della scultura di Hermann, la trasformerà in un'autentica opera d'arte. Il tanto agognato successo arriva, e Devora farà di Hermann il suo autore di punta in galleria. Nel frattempo, gli avvenimenti nella casa dell'artista si fanno anche più stravaganti, specialmente quando il foro comincia a parlare con una suadente voce femminile e, in cambio delle miracolose biglie di carne, chiede a Hermann un po' di amore. Anche troppo amore. Le conseguenze saranno tragiche.

    Il punto di partenza pare una rielaborazione di Un secchio di sangue di Corman, con qualche allaccio all'altrettanto cormaniano La piccola bottega degli orrori. Il tema dell'entità che, in cambio del successo, pretende qualcosa di prezioso in cambio è vecchia come il mondo, ma, almeno all'inizio, Medaglia sembra rivisitarla nel modo giusto. Nell'ottimo setup l'ambiente artistico moderno viene dissacrato e deriso con ottimo gusto da black comedy (questo prima che Velvet Buzzsaw facesse capolino), fra artisti che fanno pagare il pubblico per firmare una tela bianca (e diventare così co-autori dell'opera) e strambe sculture sospese a base di ombrelli e sacche di sangue umano (lascio immaginare le splatterose conseguenze di un cedimento della struttura).
    Quando poi l'azione passa all'interno dell'appartamento e il foro fa la sua comparsa, emerge il vero tocco visionario del regista: quei bulbi di carne viscida partoriti da chissà chi e chissà dove sembrano usciti da qualche outtake di un film di Cronenberg. L'imprevista svolta weird da body-horror fa pensare a uno sviluppo narrativo all'insegna della follia, magari con qualche prestito da opere henenlotteriane come Brain damage. Medaglia carica di suspense l'intera fase preparatoria, punzecchiando il pubblico con la fatidica domanda: che cosa vorrà il buco da Hermann in cambio del successo? La risposta più ovvia, quella degli omicidi rituali, pur incanalando il film sui binari della prevedibilità, lascerebbe pregustare qualche divertente exploit gore, e fino a un certo punto tutti gli indizi fanno supporre quel tipo di percorso.
    Il buco, infatti, diventa più grosso e si sparge per tutta la casa (in tali frangenti si odono gli echi del canto di Audrey 2), e quando veniamo a sapere che, qualunque cosa si celi oltre il muro, è munita di denti acuminati (lo scoprirà a proprie spese l'intrigante amministratrice del condominio, che perde un occhio a causa della propria curiosità), l'antropofagia sembra inevitabile.

    Si tratta dunque di questo? Di una classica vicenda di ambizione mortale votata ai sacrifici umani? Non proprio. In realtà, la voce nella parete non chiede a Hermann criminosi banchetti umani, ma solo e semplicemente il suo amore. Dapprima ci si limita a qualche bacetto (in scene che richiamano apertamente Videodrome, tanto per restare in territorio Cronenberg), poi le cose si fanno più "hot". In quella che è probabilmente la scena madre del film, il nostro Hermann finirà per avere un rapporto sessuale completo col foro, il che gli garantirà una bella sfera carnosa come compenso.

    Dalla risaputa immagine dell'uomo che vendette l'anima al Diavolo, siamo passati prima di rendercene conto a una storia di amore malato, in cui il protagonista assume i connotati di un irriconoscente arrivista e il buco diventa la vera vittima morale degli eventi. Hermann, infatti, si è invaghito della bella gallerista Devora, scatenando non a torto la gelosia della sua mostruosa e sfruttata "ispiratrice". Nella parte centrale assisteremo pertanto al tentativo del foro di eliminare la concorrenza muliebre, il che porta a schemi molto diversi da quelli prefigurati in partenza.

    Raramente si parla di un difetto quando film all'apparenza lineari riescono a percorrere strade inaspettate. Il problema è che, arrivati a questo punto, siamo ormai a tre quarti di pellicola, e di fatto la storia è ancora in fase di costruzione. C'è pure la parentesi relativa a un artista che si è privato delle dita e ha trovato la vera felicità nell'affetto dei suoi cari, tanto per aggiungere carne al fuoco.
    Ambizione, gelosia, amore non corrisposto, il valore della famiglia... Medaglia sembra aver buttato troppe idee nello stesso limitato spazio (il film dura meno di un'ora e venti), e ora fatica a collegarle fra loro con omogeneità.

    Inutile dire che l'escalation puramente horror dell'ultimo quarto d'ora (per quanto visivamente notevole e concettualmente folle, nonché deliziosamente splatter) non è solo brusca e repentina, ma quasi fuori luogo. In pochissimi minuti dobbiamo chiudere troppi archi narrativi: un artista invidioso penetra nell'appartamento di Hermann e ingaggia con lui una lotta furiosa che si conclude nel sangue, Devora si rivela lei stessa un'artista mancata e pur di ottenere il talento decide di asportare il buco dalla parete usando una sega da calcestruzzo (pazzia pura!), Hermann deve capire che cosa desidera davvero nella vita e distinguere i buoni dai cattivi...
    Il regista conclude meglio che può i vari sub-plot, ma lascia troppe domande senza risposta. Che fine ha fatto l'amministratrice curiosa dopo essere stata attaccata dal buco? Che ne è stato dell'artista invidioso dopo il duello con Hermann? E Devora, dove se ne fugge dopo che i suoi folli piani vanno in fumo? Cos'è successo esattamente allo zio nababbo di Hermann? Qual è il significato del foro incorniciato nell'inquadratura finale? Chi è davvero buono, chi è davvero cattivo? Chi è carnefice, chi è vittima?

    Tutti interrogativi che non troveranno vere soluzioni, lasciando il pubblico in uno stato di perplessa insoddisfazione. Sia chiaro: non è detto che un film debba far chiarezza su ogni aspetto che lo compone, specialmente in contesti così surreali, ma qui non si parla tanto delle domande insolute, quanto del modo in cui sono state poste nel corso della visione. Proprio da questo punto di vista il film non convince.

    Tuttavia, il senso di vuoto che traspare dall'ultimo atto è facilmente dimenticabile se accostato alle brillanti trovate visionarie che Medaglia ha imbastito negli 80 minuti scarsi di girato.

    "Deep Dark", pertanto, sebbene non sia esente dai difetti, soprattutto a livello di scrittura, si fonda su un soggetto talmente bizzarro e peculiare che merita di essere scoperto. L'immagine di Hermann che si struscia sulla parete, la luce di un misterioso proiettore che attira in trappola l'amministratrice guardona, l'intestino dell'artista rivale risucchiato nel buco come uno spaghetto, la parete che gronda sangue quando Devora la trapassa con la sega... Nessuna di queste figure abbandonerà facilmente il cassetto dei ricordi dello spettatore, anche perché il tutto è condotto con una buona cura formale e rispettabili valori produttivi. Per questo mi sento di consigliarne la visione.
    Imperfett(issim)o, ma memorabile.