Discussioni su Bridget - Film (2002)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 19/10/19 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 19/10/19 10:25
    Consigliere - 25937 interventi
    Che Amos Kollek sia un autore originale che stà tra il realismo di John Cassavetes e la perdizione metropolitana di Abel Ferrara non ci piove (il suo Fiona resta ancora un bel pugno nello stomaco), ma quando ci si fa prendere dalle ambizioni può succedere, come in questo, che ne esca un mezzo pasticcio

    E il caso di Bridget, dove Kollek chiude un'ideale trilogia con la sua musa Anna Thomson, che parte benissimo, anzi, già a inizio film si viene assaliti da immagini shock che aggrediscono subito lo spettatore (Bridget ferita che fugge disperata, con bebè in braccio, in cerca di un telefono prima di venire investita da un auto in corsa, il sadiano festino delle flessioni, con riverberi da torture porn e uccisioni a sangue freddo, ancora Bridget, completamente nuda e bendata, che corre per le strade di New York)

    Poi , però, il film muta e Kollek non si sa più bene che cosa voglia raccontare, affastellando il suo film di personaggi su personaggi, confusione narrativa, fino a sfociare nell'improbabile e nel ridicolo.

    Bridget farebbe qualsiasi per riavere con se suo figlio, và a convivere con una zitella lesbica, poi però le preferisce un anziano gay impotente (sic!) alle prese con la dentiera (sempre ottimo Mark Margolis), ma poi (e già quì) accetta, per soldi, di sposare un ragazzone tanto buono quanto ritardato, una proposta fattale dal padre del giovane (scrittore di romanzi gialli), che stà per schiattare e che poi la và a vedere nuda nello spettacolino di peep show dove Bridget lavora tirata insieme che nemmeno la Turne di China Blue (anzi, come secondo lavoro, visto che di giorno presta servizio come cassiera in uno squallido supermercato, dove tutti i clienti sciroccati le tirano le storie) e vedendole le tettone e a sentirsi dire quattro porcate schiatta davvero.

    Poi si viene a sapere che Bridget era sposata con un poliziotto poi sparato a sangue freddo, sotto i suoi occhi, da una banda di rapinatori con a capo il nero Black (nome omen) e che la gang di criminali rivuole i soldi della rapina (dove Bridget partecipò al colpo) e il boss Black torna a farsi vivo per riavere il malloppo che, secondo lui, Bridget ha trafugato (la risoluzione dei conti, in dirittura di arrivo, sfiora le vette della comicità involontaria: bang, bang, bang, secchi tutti e tre!)

    Come se non bastasse Bridget (per incrementare le entrate) si improvvisa pure corriere della droga, così da New York si passa alla Florida (dove incontra un losco figuro ex reduce del Vietnam, una coppia di scambisti-il Victor Argo ferrariano-e si ammirano i suoi sandaloni con i tacconi perchè la fanno più alta) a Beirut, fino a Gerusalemme (sempre valigia in mano e in tacco 12) dove incontra un rabbino che le parla di fede. Tutto questo nel giro di pochi minuti che manco La tamburina

    Come se non fosse già abbastanza incasinato, Kollek ci infila dentro talmente tante assurdità che la credibilità e la crudezza dell'incipit và in vacca, il filmaccio si sfalda e l'interesse per il destino di Bridget scema, inelando una serie di situazioni talmente paradossali che sembrano quasi delle prese in giro (terribile finalone alla vissero tutti felici e contenti sotto il sole dei Caraibi compreso)

    Perchè poi una donna perduta e presa calci in faccia dalla vita, che si abbassa a fare qualsiasi lavoro, diventi, improvvisamente, una specie di Bourne Identity in gonnella rimane un mistero, come rimane un mistero del perchè del giochetto scellerato alla divin Marchese delle flessioni, come rimane un mistero sul perchè abbia sposato un poliziotto ma che, però, progettava colpi in banca.

    Kollek apre mille parentesi narrative (che non quagliano una con l'altra) senza chiuderne manco una, che sembrano buttate lì giusto per raccontare qualcosa, in un delirio di sceneggiatura ad alto tasso etilico.

    Sfilacciato, sgangherato, informe, impacciato, pasticciato, sconclusionato, che non stà nè in cielo nè in terra.

    A poco serve l'ottima performance della Thomson, le musiche del ferrariano Joe Delia e una New York gelidamente ritratta

    Tutto questo caotico ambaradan autoriale risulta solamente irritante, inutile e fastidioso che non porta da nessuna parte, come se il cinema di Kollek giri sempre più su sè stesso divertendo solo lui e lasciando fuori dai giochi il frastornato spettatore.

    Curiosamente, nel diagolo tra la Thomson e la Hagerty che parla di Jon Voight, il doppiaggio italiano traduce Cowboy di mezzanotte (tradotto letteralmente) anzichè Un uomo da marciapiede.

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    Ultima modifica: 20/10/19 18:30 da Buiomega71