Poppo • 17/12/16 11:10
Galoppino - 465 interventi Insomma, questa idea che siamo dei "rincitrulliti" che necessitano di stupidi titoli a effetto per essere mossi verso un cinema è uno dei tanti stereotipi attraverso i quali il mercato (non solo cinematografico) ha sempre disperatamente cercato la sua visibilità, spesso fallendo miseramente.
Io credo sia più giusto parlare di arretratezza culturale e, talvolta, pure sui titoli, di censura. Si tarda ancora, credo, a comprendere - a livello di mercato intendo - che la cultura e la serietà di un approccio pagano più delle scelte banali e semplicistiche, o pacchiane.
Nel caso specifico "black horror" è una rititolazione che non funge ad alcuno scopo se non quello di rendere banalmente generico un supposto contenuto filmico "horror". Mentre far seguire tra parentesi e in italiano "le messe nere" dovrebbe rendere pruriginosa e morbosetta la curiosità del pubblico italico - e stiamo parlando dell fine degli anni sessanta!
Chi conosce il film sa che è una vicenda per nulla "horror" ma piuttosto magico ed esoterica con un taglio fortemente psichedelico. In sostanza è un "thrillerino" (un tizio cerca il fratello scomparso in una vecchia villa inglese). "Messe nere" è la lettura "scema" (ideologica) di alcune scene in cui vengono allestiti dei rituali esoterici...
Va ricordato che l'Inghilterra di quegli anni era flippata per streghe, maghi, esoterismo e satanisti.
La vendetta della strega (la maledizione, appunto, di cui al titolo originale) e l'esperto di stregoneria (Karloff) che conferma l'innocenza della medesima (Lavinia/Barbara Steele) sono peraltro temi poco digeribili da un pubblico sempre in odore di cattolicità come quello italiano, anche in periodo di rivoluzioni sex.
Ultima modifica: 17/12/16 11:31 da
Poppo
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