Buiomega71 • 8/08/17 11:05
Consigliere - 25999 interventi Rassegna estiva: Notti d'estate buie(sche) e senza stelle
E quasi un delitto che uno dei migliori film che trattegiano e sondano la psiche dei serial killer (in questo caso specifico lo "zodiaco") sia passato praticamente inosservato, relegato agli scaffali dei videostore, perchè, qui, non c'è nulla di televisivo o acri sapori di "straight to video", ma sprazzi di grande cinema, che avrebbe fatto bella figura anche su grande schermo
Plumbeo, oscuro, senza speranza, feroce, cinico, beffardo, nero come la notte che avvolge la vicenda, umido e grigio come la pioggia incessante e costante che invade l'animo e la vita dei protagonisti
Spietato gioco psicologico tra un detective che stà per morire di cancro (un Olmos a dir poco straordinario), con l'ossessione di catturare un serial killer sfuggente e implcabile , ossessione che dura da decenni e che le distrugge la salute, le costa la famiglia, lo annienta psicologicamente e un serial killer furbo, mefistofelico, sicuro di sè, filosofo quanto gelida macchina di morte (un George Dzundza praticamnte perfetto e nel ruolo della vita)
Un gioco che e un notturno viaggio in macchina tra i due, che sconfina nei lidi dell'inferno (i discorsi filosofici di Dzundza sulla vita e il suo senso sono da antologia), intervallato dai flashback sulle gesta dello "zodiaco" (ma nel film ha un altro nome, "Il segnapunti"), che massacra coppiette in amore appartate dento le loro auto, uccide a freddo tassiste, massacra giovani innamorati in tenda (prima legandoli, poi accoltellandoli), mentre la vita del detective và in pezzi, corroso dall'ossessione di catturarlo (sà chi è glie lo ha letto negli occhi, lo pedina costantemente, e sicuro che sia lui, quel ragazzo cicciottello e occhialuto, con la passione della tassidermia, della caccia, e dei casi di cronaca nera, dove anche la madre dice che e un elemento pericoloso e sociopatico), che le procura un cancro, manda a puttane la sua vita privata (moglie disperata e due figlie)e professionale (feroci liti coi superiori e colleghi, il caso che le viene tolto) però sà che e lui, per forza che deve essere lui
Forse ha ragione , forse no...Intanto il viaggio in auto tra i due prosegue e Dzundza diventa un Caronte che traghetta Olmos verso un inferno personale, che avrà sfogo in un finale pregno di tensione e ferocia, follia e crudeltà, per chiudersi in tragedia
Grandissimo film, straordinariamente diretto da un regista dal potenziale enorme (Pattinson farà molta tv, ma avrebbe dato al cinema un ottimo contributo se continuava su questa linea), splendidamente fotografato (toni ferrariani e cupi, da nero metropolitano , nella fotografia di Tobias Schliessler) e ovattato dall'ossessivo score del grande Gary Chang
Dai crudeli e poco spettacolari delitti delle coppiette (camera a mano, fotografia sporca, come nei migliori psycho thriller ottantiani, che hanno un chè di lustighiano), alle derive slasher dell'omicidio della coppietta in tenda (tra i produttori esecutivi c'è Frank Mancuso jr, fautore di metà saga di
Venerdì 13), al prefinale che sfiora l'horror on the road notturno (la ragazza sulla Toyota, la ruota da cambiare, la fuga nei boschi, la strada desolata), fino alla chiusa violenta e senza nessuna speranza per entrambe.
Straordinari i dialoghi, che citano serial killer, la notorietà, il finire sui giornali, la mitizzazzione del "mass murder" ("
Sriveranno un libro, eppoi ci faranno un film", "
Chissà chi interpreterà il mio ruolo", "
Ramirez, Gacy, Bundy, Kemper, e adesso quel tale, Dahmer, ormai nascono come funghi", dirà Dzundza sardonico) e sprazzi di puro poliziesco metropolitano duro e crudo (il mitomane allo streap-club, Dzundza "adescato" da un travestito, che ricorda certe derive friedkiane)
E proprio certo cinema di Friedkin viene in mente (penso a
Cruising e a
Rampage), quello che scruta l'oscurità dell'animo umano, il buio della notte che partorisce mostri, la ruvidità delle indagini della polizia, la bestia nera che tutto ingoia e distrugge, la normalità nell'uccidere, la quotidianità del male.
Un viaggio crepuscolare in auto tra fantasmi del passato e colpe del presente, quasi come se Dzundza fosse la cattiva coscienza di Olmos, inghiottiti nelle tenebre della colpa e del peccato, del delitto e della morte, perchè l'assassino ti siede accanto
Il grigiore delle scene riflette gli stati d'animo dei protagonisti, la notte , le luci della metropoli (una San Francisco ben poco turistica), il luogo dei delitti (le cascate di
Cherry Falls), le vittime da predare, l'auto che accosta sui luoghi del delitto, le azioni del serial killer, i colpi di pistola, i finestrini che si infragono, la luce dei colpi che invade l'abitacolo, le vittime che non hanno nessuna via di fuga, la morbosa ossessione della cattura, i nervi a pezzi, il ghigno di Dzundza , la sua stazza paciosa e la sua mente diabolica e predatoria, la disperata e violenta resa dei conti finale
Quasi "kinghiano" nell'assunto e insieme a
The Riverman uno dei film che tratteggia con dovizia e realismo la figura del serial killer
Fincher, per il suo
Zodiac, ci ha pescato parecchio
Da non mancare assolutamente.
Buiomega71