Discussioni su Ghostwatch - Film (1992)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 24/04/20 DAL BENEMERITO ANTHONYVM
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  • Grande esempio di cinema:
    Belfagor
  • Davvero notevole!:
    Anthonyvm

DISCUSSIONE GENERALE

5 post
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  • Anthonyvm • 24/04/20 10:55
    Scrivano - 805 interventi
    Non solo uno dei primi esempi di horror mockumentaristici, ma anche un esperimento di metanarrativa che, cronaca alla mano, non ha sparato a salve.

    La sera di Halloween del 1992, la BBC trasmette in diretta uno speciale dall’intrigante ed esplicativo titolo “Ghostwatch”, condotto da Michael Parkinson (noto presentatore britannico). L’intento del programma è quello di indagare i misteriosi fenomeni sovrannaturali che da tempo terrorizzano la famiglia Early di Northolt (la “Amityville” inglese, come viene definita). La madre Pamela e le figlie Kim e Suzy sostengono di essere tormentate da mesi da una presenza ostile, e sperano che un’investigazione su larga scala possa finalmente fare luce sulla faccenda. L’azione è divisa, come ogni reality show che si rispetti, fra lo studio (con il presentatore Parkinson, i suoi ospiti e i centralinisti) e la troupe (capeggiata dalla co-host Sarah Greene) inviata sul luogo, che manderà in onda e dal vivo le eventuali manifestazioni di casa Early. Mentre si invitano i telespettatori a contattare telefonicamente la trasmissione per raccontare le proprie avventure spettrali, l'esperta del paranormale Lin Pascoe commenterà dallo studio gli sviluppi del caso. Né Parkinson né i suoi colleghi sembrano davvero convinti della veridicità della storia, ma i fatti di quella notte finiranno per sosprendere tanto loro quanto il pubblico.

    Ciò che molti britannici ignoravano è che le scene di investigazione non erano trasmesse davvero in diretta, essendo state realizzate più di un mese prima, e che quello che stavano vedendo non era nè più nè meno che un film televisivo sui generis. Era però autentico il numero in sovrimpressione che gli spettatori potevano chiamare per narrare i propri aneddoti, sebbene non ci fosse ovviamente la possibilità di parlare allo studio.

    Una montatura, dunque; uno spettacolo preparato a tavolino e orchestrato in ogni dettaglio, per molti aspetti simile alla drammatizzazione radiofonica de “La guerra dei mondi” a opera di Orson Welles. E, proprio come accadde in quell’occasione, anche nell’Halloween del ’92 tanti spettatori ignari rimasero interdetti se non del tutto terrorizzati da ciò che videro.

    Poltergeist, telecinesi, possessioni, voci demoniache e suoni terrificanti: un campionario evergreen di luoghi comuni degli horror da infestazione spettrale, ma presentati in una veste del tutto nuova e sorprendentemente suggestiva.

    Se un'idea del genere venisse partorita al giorno d'oggi, nell’era di Internet e dei social, dove il concetto di storytelling transmediale sta già mettendo le prime rughe, probabilmente se ne parlerebbe al massimo per qualche settimana, giusto il tempo di un paio di hashtag e di qualche video speculativo da parte dei soliti youtuber. Ma teniamo conto che siamo agli inizi degli anni ’90, e che a trasmettere il programma non era un canale regionale da televendite di bigiotteria, ma la BBC One, fra l’altro in un orario (le 21:25) al di sopra di ogni sospetto.

    A questo si unisca la partecipazione di volti familiari per il pubblico britannico, come Michael Parkinson, Craig Charles, Sarah Greene e suo marito Mike Smith, che conducono lo spettacolo con la consueta professionalità (la compitezza all’inglese di Parkinson, anche nei momenti più concitati, è quasi caricaturale).

    In verità lo show fu pubblicizzato come opera di fiction, e gli indizi per capire che si trattasse di una burla erano sotto gli occhi e le orecchie di tutti: telefonando al numero segnalato, ad esempio, una voce pre-registrata avvertiva il chiamante circa la natura scherzosa della trasmissione. Nessuno sospettava che più di 30 mila persone avrebbero tentato di mettersi in contatto con lo studio, intasando la linea e impedendo al rassicurante messaggio di circolare come avrebbe dovuto.

    Il risultato? Gli spettatori più impressionabili, e specialmente i bambini, finirono per credere che quanto stesse avvenendo "in diretta" fosse reale, cedendo sovente al panico. Addirittura si parlò di disturbi da stress post-traumatico in alcuni giovani soggetti, e, peggio ancora, si registrò un caso di suicidio indirettamente collegato alla trasmissione! Un ragazzino con problemi psichici, temendo che lo spirito maligno del film si fosse insediato in casa sua, preferì togliersi la vita impiccandosi.

    La BBC fu tempestata di critiche e proteste (bufala a parte, “Ghostwatch” fu ritenuto troppo sconvolgente e spaventoso anche come opera di fiction, specie per la fascia oraria in cui fu trasmesso) e gli autori furono costretti a presentare le proprie scuse. A oggi il film non è mai stato replicato dalla TV britannica.

    Quello che colpisce di “Ghostwatch”, oltre all’originalità dello stile narrativo (in netto anticipo sulla successiva esplosione filo-documentaristica, da The last broadcast a ESP, passando per The Blair witch project), è anche la maestria con cui il plot è stato concepito e sviluppato.
    L’autore Stephen Volk è stato ben attento a non cedere alla facile spettacolarizzazione, lasciando l’effetto terrifico al potere della suggestione e del non-visto (lo stesso fantasma non si mostrerà mai apertamente davanti all’obbiettivo, preferendo fugaci apparizioni o vaghe manifestazioni pareidoliche), nonché all’accumulo di particolari disturbanti disseminati con intelligenza nel corso della narrazione.
    Pensiamo, ad esempio, alla backstory legata all’entità: da ciò che la famiglia Early racconta, inizialmente essa si rivelava attraverso colpi battuti nei muri, che la madre tentava di giustificare incolpando le tubature (“pipes” in inglese). Da qui il nome dello spirito, per l’appunto “Pipes”. Sarà una sottigliezza, ma questo semplice nomignolo ha una sonorità perfetta: un piccolo gioiello di atavica inquietudine, al pari del Capitan Howdy (o Gaio) di Blatty e Friedkin.
    Molto cupo è pure il racconto relativo al presunto passato di Pipes, un molestatore di bambini posseduto – si dice – dallo spirito di una balia serial killer del XIX secolo (James Wan apprezzerebbe), morto suicida e divorato post-mortem dai suoi gatti affamati.

    E poi video casalinghi che anticipano Paranormal activity e derivati, dubbie foto di levitazioni che sembrano uscite dalle investigazioni del caso Enfield (alle quali il film si ispira), un finale da cardiopalma ripreso in POV con la telecamera termica in pieno stile Rec...

    Sebbene il plot in sé sia poco più che una collezione di cliché che, dai tempi de Gli invasati e di Dopo la vita arrivando a Amityville horror, accomunano la maggior parte delle ghost-story moderne, i dettagli e le sfumature decorative che Volk tira fuori ne corroborano la sostanza stessa.
    Ottima la scelta di insinuare dubbi circa l’attendibilità dei racconti delle Early, specie quando una telecamera sorprende la figlia maggiore battere colpi contro il muro per simulare le manifestazioni del fantomatico Pipes. Ovvia la delusione della dottoressa Pascoe e dello stesso Parkinson, destinata (ovviamente) a essere spazzata via da un ulteriore colpo di scena nella fase conclusiva.
    Geniale, per quanto implausibile, la trovata metacinematografica delle telefonate in studio (ovviamente finte), dalle quali traspare la possibilità che Pipes infesti anche le case dei medesimi spettatori, usando come tramite le apparecchiature televisive della BBC.

    Sia chiaro: non sempre le performance si rivelano convincenti (la sensazione che i presentatori e gli intervistati stiano seguendo un copione si palesa spesso), e, specie col senno di poi, è difficile pensare che qualcuno possa esserci cascato (gli ultimi quindici minuti, seppur molto teatrali, sono una batosta per la verosomiglianza dell’insieme). Ma, anche prendendolo come una pura opera di fiction, “Ghostwatch” si rivela sopra la media di molti titoli blasonati e assai più noti, ancora oggi in grado di spaventare alla vecchia maniera: niente jumpscare né effetti speciali, solo una regia attenta e uno script intelligente.

    Un titolo meno conosciuto di quanto meriti, che andrebbe riscoperto: non solo culturalmente e stilisticamente significativo, ma anche validissimo come ghost-movie in senso lato.
    Ultima modifica: 24/04/20 14:21 da Anthonyvm
  • Caesars • 24/04/20 11:05
    Scrivano - 16810 interventi
    Molto interessante la tua disamina, Anthonyvm.
    Non conoscevo affatto questo prodotto, né la storia della sua messa in onda sulla BBC.
  • Anthonyvm • 24/04/20 14:26
    Scrivano - 805 interventi
    Ti ringrazio, Caesars! L'ho scoperto casualmente esplorando alcuni titoli di mockumentary horror sull'IMDb e mi ha subito colpito, specie dopo averne appreso i retroscena. Non capita spesso (per fortuna!) che un film spinga qualcuno al suicidio...
  • Caveman • 24/04/20 23:47
    Servizio caffè - 403 interventi
    Anthonyvm ebbe a dire:
    Ti ringrazio, Caesars! L'ho scoperto casualmente esplorando alcuni titoli di mockumentary horror sull'IMDb e mi ha subito colpito, specie dopo averne appreso i retroscena. Non capita spesso (per fortuna!) che un film spinga qualcuno al suicidio...

    Complimenti per la dettagliata analisi. E grazie per avermi fatto scoprire un titolo del genere. Curiosissimo di poterlo vedere quanto prima.
  • Anthonyvm • 25/04/20 02:08
    Scrivano - 805 interventi
    Caveman ebbe a dire:
    Complimenti per la dettagliata analisi. E grazie per avermi fatto scoprire un titolo del genere. Curiosissimo di poterlo vedere quanto prima.

    Grazie mille a te, Caveman! :)