ATTENZIONE AGLI SPOILER
La casa nella prateria foriera di riti ancestrali cannibalici, l'orrore e i segreti che si celano dietro alla famiglia (non dissimilmente da quello che i Butchers Brothers raccontavano in
The Hamiltons-diversi i punti in comune-)
Mickle traveste da horror southern gothic un dramma esistenziale, fatto di crisi di appartenenza, angosce, fame, digiuni, follie religiose, amori impossibili, disgregazioni familiari, patriarcato, dolore, morte e l'impossibilità di essere normali
Plumbeo, angoscioso, decadente, carnale e umido, lento (ma implacabile) nella narrazione, con una regia accurata che lo eleva dalla media del genere (basti l'incipit, con l'incessante pioggia scrosciante e la foglia che cade dall'albero per posarsi sulle burrascose acque del fiume, panoramica grigia e desolante tra boschi e fattorie)
Il talentuoso regista di
Stake Land evita effettacci gory come il (de)genere richiederebbe (se non in alcuni lampi, una donna nuda a brandelli legata ad una roccia pronta per essere divorata nei flashback d'"epoca", un autopsia, la testa del vice sceriffo spaccata a badilate, una gola tranciata), spesso sfumando e ritraendosi quasi per pudore o rispetto, per poi sfociare nel ferocissimo finale "romeriano" , dove l'amore filiale diventa pasteggio antropofago di rara crudeltà e ferinità
Un regista da tenere d'occhio, in un racconto tra il tenero e il terrifico, dove il fiume (dopo l'incessante alluvione) riporta a galla gli orrori nascosti di una famiglia condannata alla dannazione (i resti umani che escono dalla fanghiglia dell'albero caduto, come nella piscina del finale di
Poltergeist, o l'inizio con la disperazione della madre, che butta sangue dalla bocca e annega in una fetida pozzanghera con una bellissima ripresa dall'alto)
Impreziosiscono questo piccolo gioiellino la fotografia livida e suggestiva di Ryan Samul e le due ragazze protagoniste, così sofferte e diafane, che sembrano uscite da una fiaba nera, immerse, loro malgrado, in un male di vivere doloroso e in cerca di riscatto
Notevoli le ritualità ancestrali del rito cannibalico (tra unguenti e rossetti), il pasto con la "zuppa" e la donna incatenata nello scantinato (la sua agonia e la sua crudele dipartita attuata dalle due ragazze, lasciano il segno per ferocia mista a commiserazione). In questo senso, Mickle, utilizza una narrazione d'eccezione con montaggio alternaro: il ripescamento della ragazza morta annegata nel fiume e la donna incatenata "prelevata" come cena dalle due ragazze nella cantina.
Opera gelida, con reminiscenze bibliche, che entra nelle ossa come l'umidità che fà da sfondo a questa ballata triste, che stà tra un racconto di Dickens e il borderline cannibalico delle famiglie a margine di
Non aprite quella porta e
Le colline hanno gli occhi e delle follie fanatiche paterne di un
Frailty
Davvero una piacevole sorpresa, che lo eleva spanne sopra ai soliti horror de "il pranzo è servito"
Chiude il film uno straordinario pezzo country da pelle d'oca.
Nota a margine: La vicina di casa mi sembrava un attrice conosciuta, ma non riuscivo a mettere a fuoco (eppure mi par nota), i titoli di coda mi danno la conferma: e Kelly McGillis, sant'iddio, com'è invecchiata!