Ma che strano oggetto che e
Svegliarsi e morire
Dalla Colombia arriva questo ufo, una sorta di
Ultimo tango che incontra
Psycho, con due attori (molto bravi) in una squallida camera da letto, perennemente nudi (sia lui che lei), dove si entra subito nei meandri allucinatori dell'incubo.
Loop, rewind, fastforward, coesione a ripetere (lei si sveglia la mattina, abbracciata all'uomo che ha conosciuto in un locale, lui si sveglia, lei ha paura, lui la uccide, lei si risveglia, e la situazione và avanti così per tutto il film), spizzichi surreali come nei film di Raoul Ruiz ( il pesce gigantesco alla porta), cromatismi argentiani nella fotografia, digitale, stop frame, baci al sangue zulawskiani, plasma che cola, caldo e denso, coltellate, strumenti di tortura, Camila che viene uccisa più volte (a coltellate, strangolata con la cinghia dei pantaloni, picchiata a sangue) e si risveglia,
Aria sulla Quarta Corda di Bach diventa un tormentone sulle cui note sbrocca Dario (l'uomo) con complessi edipici.
Sperimentalismi, soffocante claustrofobia (tutto il film e girato in un'appartamento, escluse le ultime sequenze finali), la Montenegro che, uccidendo Dario (nei tanti loop) assume la stessa espressione di lucidafollia di Florinda Bolkan ne
Non si sevizia un paperino, dialoghi sull'amore, su una madre virago (non male quella sul sangue mestruale della madre scoperto dal piccolo Dario), una chiusa finale degna del
Possession zulawskiano.
Si vira, poi, nei meandri dell'horror (il cadavere mummificato della madre nel letto, la collezione di vagine esportate sotto vuoto), con derive nel torture-porn (sul tavolaccio legata, le forbici, il bisturi), con traumi edipici stile
Maniac (la foto della madre, i traumi infantili, Camila che si veste come lei sulla falsariga di SEI STATO CATTIVO FRANK e usa lo stratagemma adottato da Amy Steel nella seconda parte di
Venerdì 13)
Sicuramente imperfetto, claudicante, spesso confuso, ma di vivida originalità , tra amplessi nel sangue, pratiche sessual/sadomasochiste alla
Impero dei sensi (lo strangolamento che Camila pratica a Dario), una versione onirico/surreale della mitologia del serial killer.
Da un paese parco di cinema di genere (come e la Colombia) arriva questo film "alieno" che destabilizza , magari un pò annoia, ma lascia uno strano retrogusto che inquieta, una sottile "sporcizia" di fondo, si odora il sapore del sangue e gli umori dei due protagonisti che si spandono per l'appartamento, come se
Intimacy andasse a braccetto con
Buio Omega
Per un San Valentino speciale ci voleva un film "speciale", qualcosa che uscisse dai soliti canoni prestabiliti.
Urrutia le idee c'è l'ha (e anche il talento), ha fatto un film con due pesi colombiani (con uno script buono per un corto), facendo del misero budget virtù, omaggiando certo cinema baviano e fulciano (notevoli alcune inquadrature), osando, sperimentando, "disurbando" la strampalata narrazione, con due attori bravissimi e intensi.
Da maneggiare con cura e sicuramente non per tutti i gusti.
Il mio cuore è marcio