Vivere da vigliacchi, morire da eroi - Film (1967)

Il pistolero Chuka scorta una diligenza, sulla quale viaggia una sua vecchia fiamma, fino ad un forte che viene attaccato dagli indiani. Gordon Douglas regista versatile e impegnato su vari generi, dirige un western dalla trama e dagli snodi narrativi abbastanza tipici del genere; ben realizzato tecnicamente e con interpreti adeguati, ha il limite di personaggi alquanto stereotipati e di una regia non particolarmente brillante che lo rendono complessivamente non memorabile.

Western piuttosto scontato e prevedibile, ma girato con professionalità dall'esperto Douglas e con un discreto ritmo che tiene lo spettatore attento fino alla fine. Il cast aiuta molto l'operazione: Taylor, Borgnine, Mills e la Paluzzi sono perfetti per i rispettivi ruoli e formano un gruppetto interessante di personaggi. Buono l'assedio finale, dove peraltro non è scontato chi si salverà.

Nessuna vetusta retorica, nessun eroe a prova di proiettile, né inverosimili deus ex machina o romanzeschi happy endings: Douglas preferisce il realismo di un western teso e cruento, mettendo a confronto il microcosmo militare ottuso e sbandato e le tribù indiane, feroci per reazione ma sempre nobili nell'animo; e inserisce pure un encomiabile accenno animalista, con il ricordo dei cavalli uccisi durante le guerre. Un cast in parte dà vita a personaggi dall'oscuro passato in uno script che corre lesto tra sparatorie, pugni, scontri verbali, passioni amorose e un grande assedio conclusivo.

Sorta di anello di congiunzione tra il Western classico e quello revisionista, presenta qualche buona idea (il forte cui è destinata "la feccia" dell'esercito, il finale non consolatorio), ma è penalizzato da un budget piuttosto ristretto che si traduce in un'impostazione quasi teatrale: molti dialoghi, pochissimi esterni, azione circoscritta all'assedio finale. Certo, i caratteri dei personaggi vengono ben delineati, ma la regia del veterano Douglas suscita un'impressione di stanchezza. Bel cast, con la Paluzzi nel suo momento di gloria.

Un pistolero giunge in un forte sperduto nel deserto in cui sono stati relegati ufficiali e soldati che si sono macchiati di colpe nel loro passato. Gli indiani, affamati ed in cerca di armi, sono alle porte ed ognuno dovrà dimostrare il proprio vero valore di fronte al pericolo... Buono lo spunto, compromesso però da una sceneggiatura effettistica nei toni e forzata nella sottotrama sentimentale a cui la regia dell'esperto Douglas non può porre del tutto rimedio. Peccato perché il cast contava buoni nomi, a partire da Mills in uno dei rari ruoli western della sua lunga carriera.

Western discreto dell'esperto Douglas, fordiano nelle tematiche e nello sviluppo, anche se mancante del respiro epico delle opere di Ford. Buono l'approfondimento psicologico dei personaggi principali che si ritrovano asserragliati nel forte, ognuno con un passato fatto di errori alle spalle. La Paluzzi è acconciata alla Cardinale di C'era una volta il west; Borgnine, insolitamente doppiato da Amendola, rinuncia presto alla sua maschera di villain ed è piuttosto misurato; Mills e Rod Taylor, infine, tengono bene la scena.