Vive l'amour - Film (1994)

Vive l'amour
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Titolo originale: Aiqing wansui
Anno: 1994
Genere: drammatico (colore)
Note: Leone d'oro al miglior film alla 51ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 12/06/07 DAL BENEMERITO IL GOBBO
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Il Gobbo 12/06/07 09:17 - 3015 commenti

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Mei Mei è un'agente immobiliare, che usa un appartamentino per fugaci convegni carnali con un tale che vende abiti da donna: un venditore di loculi (?!) li spia. Se qualcuno volesse realizzare una caricatura satirica del "cinema orientale" inteso come trionfo del tedio, della staticità, del mutismo, risparmi la fatica: l'ha già girato Tsai Ming Liang, e ci ha pure vinto un premio! Il pianto dirotto e interminabile della protagonista nella estenuante sequenza finale riecheggia quello degli spettatori turlupinati che hanno pagato il biglietto.

Mickes2 11/11/11 18:21 - 1670 commenti

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È il tripudio dei tempi morti, dell'incomunicabilità, dei rapporti umani che non esistono e se esistono sono sfuggenti, freddi, senz'anima, come questo film. Tre anime immerse nella solitudine esistenziale della metropoli, un contesto maledetto che fa da sfondo ad una realtà da cui tutti vorrebbero scappare ma non possono. Un susseguirsi di piani sequenza per mostrarci la vita di tutti i giorni, sfinita, esausta, svuotata di senso e voglia di vivere. Tutto ciò risulta a tratti criptico e pretenzioso, troppo gelido nel voler delineare gli stati d'animo.
MEMORABILE: Il piano sequenza finale della protagonista che piange ininterrottamente (male) per 7 minuti.

Pigro 24/03/12 10:55 - 9664 commenti

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Tre venditori (un ambulante, una che vende case e un altro loculi) condividono clandestinamente e senza saperlo uno stesso spazio, vuoto: un appartamento sfitto. Tre solitudini nello spazio dei non-incontri, metafora fin troppo evidente del macrocosmo urbano in cui si incrociano vite indifferenti l’una all’altra eppure misteriosamente legate. Film compiaciuto nell’estrema rarefazione e minimalismo, dove le parole (rarissime) si perdono nell’ulteriore vuoto della non-comunicazione. Esistenzialista, quasi nichilista, silenziosamente disperato.

Cotola 8/03/20 20:57 - 9039 commenti

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I contenuti sono i soliti di questo tipo di pellicole: incomunicabilità e solitudine su tutti. Lo stile è quello tipico di molto cinema di questo genere: in particolare i lunghi piani sequenza e la rarefazione delle parole (pochissime, quasi nulle in certi momenti) ma anche l'erotismo freddo, anzi gelido. Ci si domanda se sia "obbligatorio" veicolare certi temi solo in questo modo. In futuro il regista farà segnare significativi cambiamenti nel raccontare le sue storie, puntando molto anche sull'onirismo di cui qui non c'è traccia. Inspiegabile, uno dei tanti degli ultimi anni, Leone d'oro.

Leandrino 15/04/21 08:26 - 513 commenti

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Tre anime perse tra la città e una camera sfitta. Il regista cinese ripropone i temi dell'esordio in una cornice fotografica ancora più statica e distante: l'alienazione, la solitudine, il desiderio - qui anche declinato sul piano dell'identità sessuale. La sceneggiatura è marginale e prende corpo da luoghi e sensazioni più che da situazioni e dialoghi (quasi inesistenti). Tsai Ming-Liang - forse dilungandosi - eccelle in questo: nel raccontare un "vuoto" (drammaturgico ed esistenziale) serpeggiante, che si accumula fino al consueto ma inaspettato sfogo finale.

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