Vermiglio - Film (2024)

Cinema di frontiera, antico e arcadico, ma pervaso da un progressivo disincanto che atterra il narrato nella contemporaneità, tratteggiando un sistema patriarcale congelato nel perpetuo ciclo delle stagioni e dando voce ai primi vagiti di emancipazione femminile. Immerge lo spettatore in una coralità appassionata, tonale, restando sempre all'altezza dei personaggi, nonostante la squisita ricercatezza pittorica e formale. Ricorda Olmi, senza esserne la maniera. Una prova di maturità espressiva per Delpero, solo al secondo film di fiction. Toccante la naturalezza degli interpreti.

Una bella storia sapientemente diretta da Maura Delpero che ci riporta al periodo della Prima Guerra Mondiale e ambientata nel Nord Italia. Interpreti naturali, semplici, autentici e mai sopra le righe che parlano tutti in stretto dialetto con uno straordinario Ragno che nel ruolo del maestro cerca di correggere i suoi alunni cercando di farli parlare in italiano fluente. E poi un racconto coinvolgente e poetico che nelle sue due ore di durata non ha mai un attimo di cedimento. Insomma, la vita di montagna in un piccolo paese descritta come meglio non si poteva.

Un paesino di montagna, la gente che lo abita, i primi sussulti di rivendicazioni femminili, il dialetto come forma identitaria e l'italiano insegnato dal maestro (uno straordinario Tommaso Ragno) come forma di emancipazione. Tutto questo e molto altro nell'opera seconda di Maura Delpero, che si conferma regista sensibile, attenta sia al contenuto sia all'aspetto visivo dei suoi film.

Qualcuno ha evocato L'albero degli zoccoli; si tratta di storie universali, però qui la fatica del vivere è dimezzata dal pater familias insegnante e non contadino. Co-protagonisti sono il paesaggio esclamativo fotografato da Michail Krickman e il dialetto che dà certezza emotiva, ma a porsi centrale è l'occhio della Storia che dirige la sciarada di "incolpevoli" incroci, urti, lutti. Di gran carattere la prova di Martina Scrinzi, ma pure delle sorelle minori. La lentezza del film è linguaggio, mai noioso. Coralità che nulla tralascia, Delpero aveva le idee chiare sin dal primo ciak.

Un anno di vita in un villaggio di montagna del Trentino, sul finire della guerra. Un altro mondo, piccolo e antico, che è animato dai volti e dai dialoghi dei tanti bambini della comunità e che è lontanissimo dalla nostra realtà. Un film lento, intimo, quasi sussurrato, ma potente e universale, girato e fotografato con grazia e attenzione, in cui non vi è un solo particolare che non sia funzionale alla narrazione. La scelta e la direzione degli interpreti sono magistrali. Poetico, pittorico, illuminante per le nuove generazioni, commovente. Scritto e prodotto dalla regista.