Una voglia da morire - Film (1965)

Parte in sordina, tanto che sembra di avere davanti un orologio da riassemblare, ma alla fine ci si trova per le mani un razzo! In particolare colpisce Vallone, che interpreta un commendatore venuto su dal nulla, che sta per dare la spallata definitiva per poter contare e che non è per nulla disposto a farsi rovinare da una balordata della moglie, fatta in compagnia di un'amica. Tant'è che trova le combinazioni più diaboliche per parare ogni insidia e recita quasi più coi movimenti e con la stazza fisica che con le parole. Un uomo d'altri tempi, ma da ammirare...

Due signore della Milano alta si ritrovano coinvolte in un orripilante omicidio e per certi versi in un apparente giro di prostituzione. Tessari realizza un gioiellino drammatico, gravido di sesso implicito, che per la trama e l'epoca di uscita del film non poteva non dare scandalo. Un abile gioco a incastro tra location geometriche e spiagge mozzafiato con il potere della seduzione al centro della storia. Avvolto in un bianco e nero ardesia che ne valorizza l'impatto visivo, in un'Italia inedita che non lascerà indifferenti alla visione.

Film interessante per vari motivi (davvero molto audace per l'epoca, difatti venne sequestrato per tre anni). Tessari lo dirige bene (uno dei suoi film sicuramente migliori nonostante non sia un regista che ami particolarmente). Un dipanarsi della vicenda almeno inizialmente intrigante, un cast dove Vallone in primis ma anche Lionello spadroneggiano. Molto belle le donne (Ohann a parte, qui al suo unico film) e non male diverse scene.

Un film dagli ideali audaci per il 1965: la donna vive il desiderio e la seduzione in prima persona, impadronendosi di un ruolo di competenza maschile. Questa "spaccatura" con la tradizione del Casanova si mescola col giallo dal ritmo serrato, anche se un po' disarticolato, con l'efficace struttura "a ritroso" e con la voluta confusione d'identità tra le due protagoniste. Il contrasto tra la classe imprenditoriale spietata e senza valori e le nuove generazioni ancora "pure" e dai sentimenti ingenui è il potere stravolgente del benessere che avanza.

Interessante e coraggioso per l'epoca in cui fu girato (e infatti andò incontro a sequestro), è probabilmente uno dei lavori meglio riusciti tra quelli diretti da Tessari. A coadiuvare il regista un gruppo di attori che forniscono buone prove, a cominciare da un Raf Vallone davvero efficace. Ci viene fornito un ritratto spietato dell'alta borghesia, disposta a tutto pur di mantenere i suoi privilegi e le buone apparenze. Efficace il confronto finale tra Lionello, da sempre appartenente alla buona società, e Vallone che invece ci è arrivato sgomitando. Da recuperare.

Non è da credere che con un cast del genere si possa produrre un film dall'aria così improvvisata, abborracciare un tale collage di stereotipi. Cumènda che pensano solo ad affari e segretarie disponibili (stupenda la De Luca). Relative mogli annoiate che si consolano in vacanza con giovani idealisti. Inflessioni dialettali casuali (Marisa riesce a parlare ligure ed emiliano nella stessa frase) buttati lì solo per dare un tono da bassifondi. Musica jazz qualsiasi cosa accada: non c'entra nulla ma fa tanto noir americano. Affrontare temi scabrosi non è per forza sinonimo di qualità.