Commedia impegnata tardo-femminista, che assembla parecchi clichés dell'epoca: la psicoterapia "al femminile", la figlia ribelle, l'amante artistoide, le disquisizioni sulla donna-oggetto. Erica, quarantenne newyorkese abbandonata per una ventenne, scopre le croci e le delizie della sua condizione di neo-divorziata: la rabbia, la sfiducia, la solidarietà femminile, le nuove tentazioni, la nuova consapevolezza. Film equilibrato e realistico, uno studio di caratteri e di ambienti, un interessante ritratto di donna, giustamente nevrotica, vitale, spiazzante.
MEMORABILE: Il finale, coraggioso senza trionfalismi.
Dopo molti anni di matrimonio, Erika viene lasciata dal marito e attraversa una crisi da abbandono. Buona commedia americana diretta dal veterano Paul Mazursky, Una donna tutta sola ha il suo punto di forza nella buona caratterizzazione dei personaggi, in particolare quello della protagonista, e nei dialoghi piuttosto realistici e capaci di "inquadrare" bene i problemi di una donna moderna. Ottima l'interpretazione della Clayburgh giustamente candidata all'Oscar per questo ruolo.
Moglie viene lasciata improvvisamente dal marito. La storia verte sull’analisi psicologica di chi perde ogni certezza e deve ricominciare a vivere. L’ambientazione newyorchese è fondamentale per accentuare le nevrosi quotidiane. La Clayburgh ha il piglio femminista (senza esagerare) di chi cerca una soluzione ed è aiutata dai dialoghi sofisticati tra analista, artisti e conoscenze. Il meglio sono proprio i ritrovi con le amiche, durante i quali le battute sono tragicamente divertenti come in un teatro off. L’ultima parte scade nel romanticismo e cala di ritmo.
MEMORABILE: La comunicazione del tradimento; Le botte al vernissage; Il marito che vuole ritornare; Il quadro gigante in strada.
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