E' il secondo ruolo di rilievo (di mezzo c'è il televisore IL SEGRETO DEL SAHARA) dopo REGALO DI NATALE per il “rinato” Diego Abatantuono, qui nel ruolo di un calabrese ottuso che cerca in ogni modo di impedire al figlio (Santo Polimeno) di seguire la propria vocazione di corridore maratoneta. A Comencini, prima ancora della storia, interessa il mondo in cui è ambientata. La provincia calabrese povera, disabitata, arsa dal sole, in cui l'aspirazione, per un padre, è quella di vedere il proprio figlio frequentare le scuole, non certo quella di vederlo correre dietro un...Leggi tutto sogno. A spronarlo verso l'atletica è uno sciancato comunista conducente d'autobus (Gian Maria Volonté), avversato profondamente dal padre e malvisto in paese. Il ragazzo finirà per seguire lui, naturalmente, a costo di grandi sacrifici e grandi liti col padre. Lasciato il giusto spazio alle gare, agli allenamenti solitari a piedi scalzi (dopo aver visto vincere così un etiope alle Olimpiadi), Comencini confeziona un film solido e sentimentalmente piuttosto intenso, recitato bene (anche se ovviamente il divario tra Volonté e un Abatantuono ancora acerbo è evidente), musicato con grazia e diretto con tocco leggero, senza mai voler strafare. Esempio lampante ne è il finale, per nulla esaltato o drammatizzato, ma che segue quanto lo precede senza alcuno stacco. Non un film interessantissimo, a dire il vero, né particolarmente originale o trascinante, ma sincero come il cast che gli dà vita. Al cui centro, nonostante la presenza di due nomi importanti, c'è il giovane Santo Polimeno: lui, il suo dramma interiore e le sue rivincite.
Film non imperdibile ma comunque interessante, è una delle ultime produzioni cinematografiche di Comencini che affronta uno dei suoi temi prediletti: le difficoltà adolescenziali impersonate in questo caso dalla figura del protagonista aspirante sportivo spinto verso lo studio dal padre contadino sullo sfondo arcaico della Calabria degli anni '60. Il film presenta una non impeccabile sceneggiatura, troppo orientata verso uno spirito zuccheroso e sentimentalistico, ma vale comunque per il buon livello degli attori coinvolti (Volontè in primis).
Comencini, qui settantenne, mette in scena una storia ben calibrata. Sullo sport, sui sogni e sugli ostacoli, concentrandosi particolarmente sul contesto spazio-temporale. Sentimentalismo forse in eccesso, ma sempre sincero, un buon cast ed un ritmo che se pur qua e là zoppichi riesce a mantenere l'interesse fino alla fine. Niente di particolare quindi, ma comunque piacevole perché ben interpretato (mi è piaciuto Abatantuono) e ben rappresentato.
Ragazzo con la passione della corsa è stretto tra i divieti del padre e l'incoraggiamento di un autista. Lottare per i propri sogni: è questo il senso di questo film sugli adolescenti; storia non originale ma sempre efficace, soprattutto se realizzata con semplicità narrativa e grande esperienza professionale. Il valore aggiunto è qui il degrado della Calabria rurale che declina diversamente il concetto dell'aspirazione a un sogno. Frenano la godibilità un eccessivo didascalismo e una fotografia che deprime gli splendidi paesaggi mediterranei.
La grande passione per la corsa da parte di un ragazzo nato nel profondo Sud osteggiata da un padre troglodita, un valido Abatantuono, spronata invece da un autista sciancato ma sognatore. Tuttavia, nel film emergono i soliti luoghi comuni sulle condizioni del sud italico e si enfatizzano notevolmente le scene in cui il ragazzo corre.
L'impressione è di un lavoro che, seppur onesto, non brilla certo per vigore e originalità. Anche le musiche vivaldiane non aiutano a evidenziare nel modo giusto certi passaggi, ma, al contrario, attenuano ancor più i toni, già appiattiti su una vicenda umana piuttosto "comune", ambientata nel meridione degli anni '60. Una Calabria vista come è nell'immaginario collettivo e una famiglia povera "tipo", dove un discreto Abatantuono interpreta un padre-padrone che urla e minaccia, ma ha il cuore buono. Interessante la figura del bravo Volontè.
Lo stampo è prettamente televisivo e la scelta è far emergere la storia, il contrasto tra l'arretratezza culturale e il sogno, la speranza di una visione comune tra il mondo antico e il mondo "sconosciuto", i sogni di un ragazzo che nella corsa trova quella libertà negatagli, i sogni di un padre che vede nel figlio la necessità di dimenticare i propri fallimenti, i sogni di un uomo senza famiglia, senza rispetto, col dovere di aggrapparsi alla speranza di un "credo". La forza del film è questa: i suoi personaggi, ottimamente descritti.
Un Comencini anni luce lontano dai suoi capolavori, ma che comunque confeziona un film tutt'altro che deprecabile. La storia in sé non spicca per originalità, e anzi spesso tende verso i tv-movie; tuttavia c'è una buona introspezione dei personaggi, pur a tratti leggermente macchiettistica. Bravo Abatantuono, ma non solo. Il limite è dato dallo spirito buonista che se da una parte piace dall'altra un po' tedia. Da pomeriggio d'estate.
Quando finisce ti rimane quel senso di amaro, come se il film non avesse espresso tutte le sue potenzialità; anche perché la trama sembra provenire da un film sportivo americano, visto che parla dei sacrifici fatti da un bambino calabrese (interpretato da Pollimeno, prima e ultima apparizione al cinema) per coltivare la passione della corsa. Ci pensano a ravvivarla gli attori (Abatanuono e Volontè bravi, ma quest’ultimo un po’ sacrificato), le belle location italiane e l’uso delle musiche di Vivaldi. Merita una visione comunque.
MEMORABILE: In tv si vede l'arrivo di Bikila alle Olimpiadi del 1960...
Lo spunto di partenza è interessante (un ragazzino con il sogno di diventare maratoneta...) ma non è sviluppato sufficientemente bene. Abatantuono (il padre, uomo di campagna all'antica) se la cava discretamente (buona la parlata), ma ha vissuto momenti migliori; bravo Volonté, che costruisce un personaggio triste e malinconico. Il migliore del cast è Polimeno (il giovane). In buona sostanza si può guardare, ma è estremamente lento e si salva solo a sprazzi.
MEMORABILE: Polimeno corre su e giù dai tornanti e Volonté lo segue con la corriera.
Comencini se la cava discretamente nel dirigere un racconto come tanti sull’importanza di credere nei propri sogni, anche se essi appaiono impossibili. Oltretutto, in un contesto difficile come quello calabrese degli Anni Sessanta, la storia acquisisce maggiore vigore in quanto si pone come possibilità di riscatto da una condizione sociale miserrima. La semplicità di fondo, anche degli attori di contorno, lo avvicina a una condizione di realismo ben reso dall’ambientazione rurale e dalla caratterizzazione dei protagonisti.
Comencini si conferma tra i registi più sensibili ai temi adolescenziali con una storia di riscossa attraverso lo sport forse non originale, ma che mette in risalto il contesto di una Calabria arretrata e poco toccata dal “boom” economico postbellico, omaggiando un grande atleta del Sud del Mondo. Gian Maria Volonté nobilita quest’opera dal taglio televisivo in cui la sorpresa più notevole è la buona attitudine ai registri drammatici dimostrata da Abatantuono.
MEMORABILE: L’arrivo della maratona olimpica sullo schermo televisivo.
Pellicola quasi "televisiva" a elevato valore educativo. Lo spirito del sacrificio di un ragazzo, ambientato in un'Italia ancora molto arretrata culturalmente e "logisticamente". Spicca una delle prime interpretazioni di Abatantuono lontano dai canoni "trash" del terrunciello vanziniano. Un film semplice, "scolastico", che mette in evidenza i sani valori dello sport e della vita...
Film molto lento che definirei quasi "stanco". Comencini si abbandona a una regia un po' scialba e anche la storia interessa ma non poi troppo. Volontè bravo (e ci mancherebbe) ma stavolta non indimenticabile. Curioso e apprezzabile Abatantuono in un ruolo drammatico. In conclusione il risultato merita la sufficienza ma lascia davvero troppo poco per andare oltre.
Ispirandosi alla vera storia del maratoneta calabrese Francesco Panetta Comencini dirige una bella (ma un po' retorica) storia di formazione. Da un lato è accurata la ricostruzione della Calabria arretrata e retrograda degli anni 60 (splendide le auto d'epoca) e il film può contare su un bravo Abatantuono e sul grandioso Volonté (meno a fuoco i ragazzi), dall'altro la voglia di commuovere è troppa e non siamo certo ai livelli di Incompreso. Vedibile ma il regista sa fare di più.
Ragazzino calabro sogna di diventare corridore podistico. Comencini si ispira alla storia di Francesco Panetta per narrarne le condizioni esistenziali di partenza. Prima parte più verace nel descrivere il microcosmo dell'entroterra e prosieguo che analizza il lato sportivo, quest'ultimo poco avvincente ed edulcorato. Protagonista credibile e valore aggiunto nell'interpretazione di Volontè; Abatantuono serve più per i tratti del Sud e nella parlata non sempre è efficace. Le musiche classiche stanno bene a corredo.
MEMORABILE: Di corsa dietro al pullman; Con le scarpe sulla pista di atletica; Chiuso in camera nel manicomio.
Uno degli ultimi film per Gian Maria Volontè e per il regista Luigi Comencini, invece una ulteriore apertura di credito per le capacità interpretative di Diego Abatantuono già sdoganato come attore a tutto tondo dal bellissimo Regalo di Natale di Pupi Avati. Qui si racconta una storia di ostinazione, la volontà di un ragazzo con problemi fisici di diventare un campione sportivo. E, come sempre, Comencini sa raccontare la prima giovinezza meglio di chiunque altro, dando origine a un film avvincente e a tratti commovente.
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CuriositàFabbiu • 2/08/09 15:12 Archivista in seconda - 653 interventi
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CuriositàCangaceiro • 18/12/10 15:58 Call center Davinotti - 739 interventi
Il film è liberamente ispirato all'infanzia dell'atleta mezzofondista Francesco Panetta. Quest'ultimo però ha sottolineato, durante una telecronaca ai mondiali di atletica di qualche anno fa (Panetta ora fa il commento tecnico per la Rai), come siano davvero tante ed "esagerate" le licenze poetiche presenti nella pellicola.
C'è un bel Blooper: al minuto 45:12 Mimi nella gara allievi si toglie le scarpe per emulare Abebe Bikila, ma durante la gara ci sono sequenze dove le scarpe le calza nuovamente, sicuramente per il terreno accidentato. Vedere bene la sequenza dal 46:35 circa.
aggiornamento in risposta a Zender
l'ho visto io, ne sono sicurissimo, poi metto un fotogramma. Se su internet è stato rilevato prima di me, è un altro discorso. L'ho fatto in totale buona fede, tanto che ho messo pure il minuto. Comunque non ho controllato in rete.