Gli uomini preferiscono le bionde...ma sposano le brune. Incredibile, ma vero, il nuovo film di James Gray parte proprio da qui. Two Lovers non è un poliziesco, ma i "delitti" ci sono ed anche i "castighi" (sebbene l'ispirazione dichiarata sia un altro Dostoevskji, quello de Le notti bianche). E c'è il dualismo bene/male (rappresentati rispettivamente dalla tranquilla Vinessa Shaw e dalla folle e volubile Gwyneth Paltrow). E la famiglia, così presente. E la città. Perché, emigrato in Europa Woody Allen, è rimasto lui, l'autore di Little Odessa, a raccontare NY, le metropolitane, i locali...
Fortemente impregnato dal clima metropolitano (siamo nei sobborghi di New York), l'ultimo film di James Gray abbandona il mondo del crimine per raccontare la storia più vecchia del mondo, quella dell'uomo diviso tra due donne, che ama entrambe in modo diverso. Il regista racconta la storia con stile personale, e il film si può dire decisamente riuscito grazie ad una bella sceneggiatura, una suggestiva ambientazione e una prova convincente del cast con un sempre più bravo Phoenix.
È un quartiere aperto sull'oceano, Brighton Beach, vicino c'è New York con le sue mille luci, eppure questo film è claustrofobico e crepuscolare. Orizzonti chiusi, come la "stanza tutta per sé", da adolescente, del non più adolescente Leonard, come il cortiletto e la terrazza condominiale dove si consuma, ancor prima di iniziare, la sua storia d'amore con Michelle. Malinconico, ma non minimalista: c'è un che di eroico nella rinuncia di Leonard alla vita oltre quel cortile, nel suo accettare una tradizione non scritta, ma ferrea e invincibile.
Una bella fotografia ci restituisce la cruda realtà del quotidiano, fatta di piccole e grandi tragedie, di emozioni e sentimenti trattenuti, della drammaticità del non detto, delle contraddizioni del vivere. Splendide le atmosfere cupe e claustrofobiche degli interni; bella la colonna sonora, perfetto contrappunto della scena visiva. In definitiva un bel film - peccato per il finale, un po' scontato - in cui svettano un bravissimo e disfatto Phoenix ed una splendida Paltrow, leggermente invecchiata e più in carne e terribilmente tormentata.
Interessante e coinvolgente film ad opera di un regista interessante e maturo che
sfugge le facili e ridicole romanticherie per provare a raccontare una storia al cui
centro ci sono i sentimenti contrastati e difficili di persone "normali". Certo l'evoluzione del plot non è molto originale, compreso il finale molto beffardo, ma riesce comunque a tenere, non sbraca mai e coinvolge lo spettatore. Bella la prova di Phoenix. Gray va tenuto d'occhio.
James Gray ci ha abituato spesso a tanto fumo e niente arrosto. Qui devo dire che mi ha stupito. Il regista è tecnicamente valido e dirige un cast che riesce a rimanere sopra le righe. La trama è intricata, forse troppo mielosa ma nelle giuste proporzioni. Ispirato ad uno dei lavori di Dostojevsky.
Decisamente, questo è il film dove si intravede una provata maturità del regista, James Gray, il quale dopo aver stentato con flop come The yards e banalità come I padroni della notte, qui raggiunge finalmente un'attendibilità stilistica. Sono efficaci le ambientazioni, il cast (sopra a tutti Phoneix), le inquadrature e la musica. Unica pecca è invece la "attendibilità" del film stesso che risulta, al di là di tutto, molto prevedibile e qualcosa di già visto.
James Gray lascia il genere action e si cimenta in quello drammatico-sentimentale. Risultato parzialmente riuscito. Joaquim Phoenix si dimostra ai livelli de Il gladiatore. La Paltrow invece sa interpretare benissimo la "gatta morta". Forse un po' sopravvalutato.
Raffinato melodramma sull’impossibilità di liberarsi del peso dell’appartenenza familiare e dell’ambiente piccolo borghese per inseguire i propri sogni, si ispira a “Le notti bianche” di Dostoevskij – almeno per i colloqui appartati e i travagli interiori di Phoenix e Paltrow – e in un racconto fluido e profondo integra armoniosamente i dirimpettai di Hitchcock, i legami multipli di Truffaut e le coloriture yiddish di Allen. Gli attori (Phoenix al vertice) si esprimono con lirica sincerità e la fotografia, lividamente smagliante, richiama il Technicolor di un cinema ormai scomparso.
Film molto godibile: certo non spicca l'originalità del tema, ma Gray riesce a renderlo suo ed il risultato è piacevole e avvincente. Il tormento del protagonista è reso benissimo da un Phoenix impeccabile. Il film nel suo piccolo ha i tratti della tragedia, dell'angoscia di fronte ad una scelta (intesa kierkegaardiamente), del dramma quotidiano. Può risultare scontato il finale, ma molto efficace. Bella sorpresa, ambientazione affascinante. Vinessa Shaw è incantevole e dolcissima.
Le braccia ciondolanti, l'andatura avvilita: il lavoro sulla gestualità di Joaquim Phoenix è mirabile. Travolto da un insolito desiderio per chi lo deprezza, sdegnoso con chi lo ama, in fuga dalla sua cameretta, (ri)accolto/ coccolato/ costretto/ compreso da genitori apprensivi/ afosi/ vigilanti. La cautela di Gray per i suoi personaggi è ammirevole, li rende tridimensionali. Eppoi cornici, bar-mitzvah, pillole sul comodino, opera, metropolitana, cicatrice. Caustico, sofferto, vero, vissuto: Two lovers, con tutti i suoi deja-vu, è un gran bel film.
Donizetti, Dostojevskij, la bionda e la mora, la ragione e il sentimento: sono molti i punti in comune tra questo Two Lovers e Match point, ma al di là di queste analogie è lo spirito ad essere diverso. Alla freddezza e alla lucidità del film di Allen se ne contrappone uno dall'anima notturna e silenziosa, che procede in uno stato di sospensione che lo rende molto più dostojeskiano dell'altra pellicola. Niente da dire sul film in sè: ottimi personaggi, suggestiva atmosfera, intreccio intenso e credibile, grande cast. Ottimo.
MEMORABILE: Il pianosequenza sul tetto: abilità tecnica, suggestione scenografica e paesaggistica, intensità emotiva.
Un raffinato ménage a trois, dove la delicatezza e la leggerezza dei modi rimanda subito "all'altro" molto più famoso. La metropoli Newyorkese fa da sfondo alla storia di un ragazzo, scosso da una perdita importante, ma deciso in qualche modo a riscattarsi. Sul suo cammino incontrerà due ragazze: Sandra e Michelle. Saranno per lui due modi di affrontare il futuro. In bilico tra melodramma e malinconia, Gray si mantiene lucido nell'analizzare i rapporti tra l'individuo e il gruppo. Il finale per quanto scontato, è potente, sofferente e molto amaro.
MEMORABILE: La sfavillante fotografia di Baca-Asay. Il pianosequenza sul tetto: di grande impatto tecnico ed emotivo.
Da subito si coglie la patina deprimente che avvolge la pellicola, complice la fotografia, continuamente cupa, accompagnatrice di uno dei Joaquin Phoenix più ispirati nelle sue distorsioni mentali e amorose. A confronto le due ragazze, una ebrea e dai modi innocenti, forse il terzo incomodo di un triangolo amoroso con troppi spigoli, l'altra più estroversa. Quest'ultima prenderà il protagonista nella sua orbita fin dall'inizio, permettendo un'analisi psicologica umana di gran classe.
Soggiogati dal sogno che tace segreti meschini; incapaci di romanticismo, traditi dal quotidiano: due amanti, nessun amore. Perché il desiderio fa male, scopre il fondo d'inadeguatezza, impone di morire dentro almeno una volta per sopravvivere. Melodramma livido, sgradevole, coraggiosamente antispettacolare nel dischiudere il baratro dell'ordinario, il compromesso avvilente che conduce alla società degli uomini. Gray sommerge Brooklyn d'acque torbide, dischiude aurore larvali. Nessun giorno, nessuna notte. Il tempo soltanto. L'autenticità di Phoenix ferisce. Notevole Gwyneth Paltrow.
Film sentimentale dalle tinte scure dell'universo metropolitano di cui è totalmente impregnato e che rispecchia alla perfezione il suo animo: cupo, malinconico, che arriva anche a punte di masochismo. La crisi dell'uomo che non è ancora uscito dall'adolescenza, o forse ci è ripiombato dopo una prova di vita adulta finita male. Joaquin Phoenix bravissimo (peccato che lo si veda così poco in giro!) e la Paltrow splendida. Colonna sonora delicata, come l'intero film, con un finale agrodolce: l'unico che poteva davvero essere in tono con un film così.
La fidanzata ufficiale o la bionda sexy? Classico dilemma da maschio indeciso, sospeso fra normalità quotidiana e avventura romantica, che attanaglia il tormentato eroe d’un film “da camera” tutto giocato sull’indagine profonda e smaliziata dei sentimenti. Del resto, l’amore è un territorio dove tutto è permesso, fatto di ansie e ipocrisie, dove è facile sognare e bruciarsi le ali. Il racconto segue, in una NY suggestivamente fotografata, la macerazione psicologica del protagonista, tra slanci, sotterfugi e dialoghi sottili, fino all’amaro finale.
Il giovane Leonard è combattuto tra la fedeltà verso la futura sposa Sandra (che incarna le tradizioni familiari e la stabilità alle quali lui si sta riavvicinando) e la passione per la bionda e trasgressiva Michelle. Non il solito dramma sentimentale, ma una storia intimista e joyciana, impostata su tonalità fredde simil-Technicolor e sulla natura drammatica della vita quotidiana. Un omaggio alla naturalezza del cinema classico. Bravissimo Phoenix, commovente la Paltrow, giustamente raccolta e riservata la Shaw.
Inquieto melodramma metropolitano (Brooklyn, New York) con sottolineature di arie d'opera che evidenziano il disegno romantico malinconico, qua e là plumbeo, prossimo al fatalismo e all'ineluttabile. Incredibilmente suggestivo in certi passaggi (Paltrow alla finestra, di notte); naturalistico, figurativo nella posizione psichica in equilibrio sull'orlo del baratro tragico. Il protagonista (Phoenix, bravo) è un predestinato all'amore folle (dove ansia ed estasi, realtà e sogno convivono). Epilogo amaro, solo in apparenza non terribilista.
Un uomo temta il suicidio, torna a vivere coi genitori e conosce due donne. Un film sentimentale rischia gli stereotipi, ma questo è ricavato da un soggetto con nuovi spunti. La direzione accorta, l’ambientazione urbana dai colori cupi e una scrittura in cui ogni dettaglio alimenta lo sviluppo della trama lo rendono un lavoro di buona qualità, la cui maturazione però non è immediata ma lenta. Infatti dopo un primo tempo anonimo si potrebbe aver voglia di abbandonarlo, ma alla fine i conti tornano e resta la soddisfazione di aver visto un bel film.
Difficile trovare difetti in questo film profondo, delicato e coinvolgente. Funziona tutto: la coordinazione generale e le scelte tecniche della regia, la creatività e le cadenze della sceneggiatura, l’interpretazione accurata e misurata degli attori, mai fuori delle righe. Su tutti, un impareggiabile Joaquin Phoenix, che rende al meglio un personaggio trasognato, sensibile, talvolta irresoluto, esposto ai colpi dell’esistenza; al quale, però, per insondabili meccanismi, la vita aggiusta gli errori e sceglie per lui.
Reduce da un tentato suicidio, Leonard si trova spinto dagli amorevoli genitori tra le braccia di una donna dolce e comprensiva, ma lui è più attratto da una vicina di casa, problematica e già impegnata sentimentalmente... Sarebbe soltanto l'ennesimo tiramolla amoroso di un uomo indeciso tra la bionda e la mora se non fosse per la sceneggiatura meno banale del previsto, le cui qualità emergono soprattutto nell'epilogo amaro, e per la prova convincente del cast: brava Shaw che sembra quasi la sosia di Hilary Swank, in parte Paltrow, ottimo Phoenix nel rendere luci ed ombre suo personaggio.
MEMORABILE: La scatola con l'anello raccolta nella sabbia
Film pluripremiato che narra di un trauma amoroso e delle sue conseguenze. Un Phoenix ciondolante è affascinato dalla bellissima Paltrow contrapposta all'altrettanto affascinante Shaw. Un amore non corrisposto tra simili e incompatibili. Sottotrama interessante sul fascino dell’irraggiungibile preferito alla vita confortevole. Sviluppo della storia frammentata con una fotografia scura in quel di New York. Interessante prova degli attori.
Struggente racconto di un dilemma sentimentale, l'amore impossibile posto a confronto con la relazione agevolata dalla famiglia. Il tormentato protagonista, un Phoenix sempre molto intenso, fatalmente attratto da una donna affascinante ma problematica e inaffidabile, non vuole arrendersi ai condizionamenti familiari che lo spingono tra le braccia di una donna di cui non è innamorato. Sceneggiatura realistica e convincente su un tema non nuovo, ma interpretato con personalità e con la giusta dose di delicatezza e sensibilità.
Uno di quei film che ti si attacca addosso dall'inizio e che diventa impossibile da abbandonare strada facendo. Merito di Joaquin Phoenix, che dà vita a un personaggio borderline, tenero e sognatore, ma non solo; sono la sceneggiatura, la regia, la fotografia che funzionano, così come il resto del cast, ben assortito, appropriato e credibile. Finale bellissimo e poetico, per nulla banale o consolatorio. Ottima anche la scelta delle musiche. Merita davvero.
Ragazzo problematico frequenta due donne. Il triangolo amoroso con le classiche differenze caratteriali tra le protagoniste coinvolte diviene un tiramolla emozionale per un Phoenix a suo agio in ruoli instabili. Non convincono le epiche frasi d'amore come la sbandata con la vicina di casa che passa dall'aborto all'ipotetica fuga. Discrete le ambientazioni di Brooklyn che richiamano ambienti periferici ma non degradati. Come interpretazioni la Paltrow ha qualche buon momento, la Shaw non incide, la Rossellini offre gli sguardi giusti.
MEMORABILE: Phoenix che fa il mimo; Phoenix che balla la breakdance; La domanda se Phoenix è matto.
Leonard, reso psicologicamente fragile dalla perdita della fidanzata, si riprende alla grande quando incontra due ragazze molto diverse ma ugualmente desiderabili. In una New York splendidamente fotografata si dipana il groviglio della scelta tra tranquillità borghese e passione alternativa che attanaglia il protagonista. Narrazione che non approfondisce troppo limitandosi all'alternanza un po' meccanica di situazioni e soluzioni estemporanee fino ad un evento che sceglie per tutti. Phoenix bravo "antieroe", Paltrow e Shaw perfetta "antitesi" di sensibilità femminile.
Drammone romantico per James Gray, il quale dimostra di saper girare ottimamente in ambienti cittadini (in particolare newyorchesi) e saper dirigere splendidamente gli attori, in questo caso facendo risaltare la bravura di Phoenix e della Paltrow. I temi variano dalla bipolarità del protagonista fino ai rapporti amorosi delle varie coppie che entrano in scena e si vanno a formare fino ad un epilogo ben scritto e coerente. Ottima anche la fotografia e le ambientazioni familiari ebree che caratterizzano bene i personaggi secondari; come al solito Gray si dimostra regista di livello.
Phoenix porta la tonalità necessaria a condurre questo film decisamente fuori dai canoni della commedia sentimentale per farne un dramma, pure sentimentale. Non ci sono grossi slanci o grandi colpi di scena, ma un animo tormentato in una New York a tinte notturne che si dimena tra le più classiche tra le infatuazioni: quella disperata, tragica, malandata, senza sbocco e quella in cui tutto pare preparato per giungere a felice conclusione. James Gray ne esce nella maniera più adeguata all'opera: con amarezza. Brava anche Gwyneth Paltrow.
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DiscussionePanza • 1/04/13 21:58 Contratto a progetto - 5203 interventi
Quella citata nell'ultima riga del papiro è più propriamente un'equivalenza (uguaglianza fra due rapporti [divisioni]).
DiscussioneDidda23 • 1/04/13 22:16 Contatti col mondo - 5798 interventi
Giusto panza! Così Zender riscrive il papiro e paga per il Davinotti che ha osato dare due palle al bel film di Gray!!
E si piazza bene nella "classifica" delle sufrecce. Ben 17 su 18...non poco.
DiscussioneZender • 2/04/13 08:03 Capo scrivano - 47726 interventi
In realtà abbiamo fatto un errore sia io che il Marcel. Io che ho copiato male il duepalle e mezzo dal quadernetto speditomi dalla segretaria (se lo sa mi ammazza) e lui scrivendo equazione (manca l'incognita, d'accordo, ma anche l'equazione è un'uguaglianza).
A dire il vero quella scritta dal Marcel Panza non è né una equazione né una normale equivalenza ma una proporzione, direi, visto che l'uguaglianza di due rapporti è detta appunto proporzione.