Era il periodo in cui i titolisti italiani si accanivano particolarmente sui film francesi, il che per una volta ci toglie la grana di descrivere la trama. Sautet, il più sentimentale e tenue dei registi d'oltralpe, ci regala un saggio del suo modo di far cinema: lieve, delicato, scritto con precisione chirurgica eppure emotivo (qui allo script collaborano Nèron e Dabadie). Attori tutti straordinari (il tipografo Piccoli e il pugile di Depardieu si ricordano), in grado di far trapelare le inquietudini ed insoddisfazioni di un età forse non solo anagrafica.
Nostalgico, amaro e sentito questo bel film di Sautet. Ode all'amicizia e sguardo sincero, mai compassionevole ma molto amorevole, su quell'età di mezzo che sono i cinquant'anni (credo, me ne mancano ancora venti), sui sogni infranti, sui rapporti che si sfaldano e quelli che si rinsaldano e, in fondo, sulla bellezza del vivere con i suoi alti e bassi. Indimenticabili alcune interpretazioni, come quelle del sempre immenso Piccoli, del "nostro" Montand e del giovane Depardieu. Duramente soave.
Sautet dipinge con grande maestria la crisi che attanaglia l'uomo da sempre, quella che lo spinge a confrontarsi con le rughe che avanzano e le forze che diminuiscono. Qui sono tre amici che amano trascorrere i fine settimana insieme a esemplificarne il concetto, ciascuno con i suoi crucci e le sue inquietudini personali. Ci si immerge con gioia in questa vasca emotiva anche grazie all'abilità degli interpreti. Qualche sorriso, nostalgie che premono e parecchio spazio alle riflessioni. Tratto dal romanzo "La Grande Marrade" di Claude Néron.
La vita scorre e si consuma, con sottile malinconia, per un gruppo di amici che condividono il tempo libero; non drammi devastanti, ma il lento logoramento e il progressivo restringersi delle opportunità connota le loro esistenze. Sautet si conferma narratore di esistenze ordinarie raccontate con garbo, misura, discrezione. Straordinario il cast, con Montand, Piccoli, Reggiani e un giovanissimo e tonico Depardieu; tra le donne, il ruolo più incisivo è quello della fascinosa Stéphane Audran.
Un gruppetto di amici affiatato affronta le novità che la vita impone, fra alti e bassi, ma non perde la bussola nel ritrovarsi ancora unito. Un racconto lieve di tragedie private, sconfitte e poi ancora successi, tracciato con mano semplice e poetica, impreziosito da mostri sacri del cinema francese come Montand, Piccoli, Depardieu. Ruoli minori per i nostrani Orsini e Lualdi. Illumina tutto il bel volto espressivo di Stéphan Audran.
Forse ormai un po' datato nel suo tono fra il melò e il realismo tanto caro al cinema francese degli anni '70 (e a Sautet in particolare), rimane uno sforzo sincero di raccontare un gruppo di uomini non più giovani, affogati nella propria condizione borghese, che hanno svenduto o dimenticato ideali e aspirazioni e smarrito il senso della coppia. Prova d'attori giganteschi - anche se Montand, a cui è affidato il personaggio centrale, qualche volta gigioneggia troppo - il film si apprezza soprattutto per una certa malinconia struggente che permea ogni situazione.
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CuriositàFauno • 17/11/16 20:17 Contratto a progetto - 2743 interventi
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