The Theatre Bizarre - Film (2011)

The Theatre Bizarre
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Titolo originale: The Theatre Bizarre
Anno: 2011
Genere: horror (colore)
Regia: [+e] Vari
Note: Registi: Douglas Buck "The Accident", Buddy Giovinazzo "I Love You", David Gregory "Sweets", Karim Hussain "Vision Stains", Jeremy Kasten, Tom Savini "Wet Dreams", Richard Stanley The Mother Of Toads".

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 8/03/13 DAL BENEMERITO SCHRAMM
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Schramm 8/03/13 16:46 - 3495 commenti

I gusti di Schramm

Rimpatriata di desaparecidos early 90's per un altro horror a episodi che contrassegna la modesta last wave di antologie del brivido, di inevitabile squilibrio qualitativo: per uno Stanley imbriago di Oltretomba, un Giovinazzo con un senso tutto suo dell'amor vincit omnia tratteggia l'ossessione con acuminata asprezza; la staffetta va al Savini burlone che matrjoskizza i più frusti archetipi freudiani; l'elegiaco e rarefatto Buck eleverebbe il divertissment sopra il 6, non fosse per il vieto didascalismo di Hussein e la sbracata scatofagia ferrerian-greenewayesque-yuznara di Gregory.

Otis 8/05/13 15:29 - 40 commenti

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Film a sei episodi, diversi, a volte allucinati, a volte eterei, a volte grotteschi. Quasi sempre fulminanti, quasi mai convenzionali. Gli episodi hanno la giusta durata e consentono ai registi una bella libertà di esprimersi. Si arriva alla fine sperando che gli episodi non siano ancora terminati e se ne esce disturbati. Ben confezionato e ben fotografato. Un horror di fino.

Jena 27/07/13 10:32 - 1555 commenti

I gusti di Jena

Due perle: gli episodi di Richard Stanley e Douglas Buck. Il primo dal sapore nettamente lovecraftiano mostra tutta la visionarieta del regista sudafricano, il secondo un delicato racconto non horror sulla morte conferma il grande talento dell autore di Sisters. Bene anche Giovinazzo in un crudele kammerspiel di amore disperato e sullo stesso tema Gregory in un pastiche grottesco/lynchano. Irrilevante Hussain e male il caro Savini che sforna un idiozia senza capo ne coda. Bene Kasten nella cornice con Udo Kier. Nel complesso più che buono **
MEMORABILE: Le visioni in Mother of Toads, la madre dei rospi, tratto da un racconto di Clark Ashton Smith; La fotografia in "The Accident".

Chainmailb 21/03/14 13:14 - 11 commenti

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Discontinuo. Sapore televisivo e/o datato per gli episodi di Savini, di Stanley (lo scarsissimo Mother of Toads) e per la cornice di Kasten. Splatter-chic un po' vanesio per l'episodio “vore” di Gregory. Si fanno valere di più i pezzi di Hussein, Giovinazzo e Douglas Buck (Hussein e Buck, comunque, si sono calmati parecchio rispetto al cannibalismo degli esordi). A dispetto del potenziale cult dato dal mix di facce e nomi, la media non raggiunge tre pallini.

Cotola 22/12/15 00:22 - 9043 commenti

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Film a episodi in cui è difficile trovare anche un solo motivo d'interesse visto che tutti i segmenti sono di basso livello. Tra l'altro più che horror colpisce l'aspetto grottesco o demenziale (per non dire trash) di alcuni di essi. Il divertimento è quasi del tutto assente mentre la noia ogni tanto fa capolino. Sconsigliato anche se, almeno qui, sono uno dei pochi a cui è dispiaciuto così tanto.

Pumpkh75 2/07/18 13:31 - 1749 commenti

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La vetta è sicuramente la rapida brutalità struggente di Buck. Di qui in poi si prosegue in discesa: tiepido l’anfibio ritorno di Stanley, impantanato in un melmoso acquitrino lovecraftiano, leggermente migliore quello di Giovinazzo che conclude magari convenzionalmente ma prima monta lo spettatore come una panna gustosissima. Gli avanzi (Savini, ma che diavolo combini?) sono brandelli splatter di mediocrissima routine. Così così.

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  • Discussione Schramm • 9/03/13 14:06
    Scrivano - 7694 interventi
    a quanto sembra sta riesplodendo la febbre delle antologie horror: probabilmente è una scappatoia per sopperire a difficoltà produttive e contenere spese, sta di fatto che questo film va a formare assieme ai recenti trick'n'treats, v/h/s, chillerma, abc's of death, little deaths, deadtime stories una ideale new-wave dell'horror in pillole.

    il prodotto è naturalmente diseguale, 3/4 dei cineasti coinvolti si applicano ma arrivano zoppi e col fiatone a un traguardo altrimenti ragguardevole. diciamo che funziona più sulla carta che su telo proiettivo, e marca il baratro che spesso c'è tra progetto e sua messa in pratica.

    il primo revenant è un richard stanley di cui si eran perse le orme da demoniaca. era forse meglio non ritrovarle, dato che qua ci riconferma come quanto e perché il cinema dovrebbe lasciar riposare in pace lovecraft (e, per esteso, la buonanima di fulci): l'omaggio sarà anche sentito ma l'esito è scarso e non troppo lontano dal grezzume dei fumetti pornhorror anni 70

    la mano passa a un giovinazzo che quasi si sopraeleva su tutta l'equipe, ma che nel suo pur crudo e ficcante approccio con la possessività e l'ossessione non si affranca mai del tutto da certe imbarazzanti modalità televisive 80's.

    è quindi la volta di un savini beetlejuice che si diverte un mondo a fare degli archetipi freudiani e junghiani più usurati (la fobia della femme castratrice, la vagina dentata etc) una mise en abime a base di sogni più o meno lucidi, con esiti che suscitano quella simpatia sotto alla quale però viene anche voglia di sganciargli due sberle

    buck accantona macabrismi di routine, splatterate, modalità folli e sguaiate per omaggiarci di quello che è gioiello del lotto che da solo vale tutta la tratta: la morte scoperta ed esplorata attraverso gli occhi di una bambina, accompagnata per mano da una madre che fa della propedeutica un apologo della poesia. elegiaco, rarefatto, commovente, e con una forma di spiazzante maturità, rigore ed eleganza, fa venir voglia di sottrarre alle secche di un oblio forse immeritato tutta la precedente opera del regista.

    la pacchia finisce presto: anche hussein viene ripescato dal sacco, e se è vero che ha perso il pelo di un surrealismo da manuale delle giovani marmotte, non ha perso il vizio di un didascalismo mortificante, qua raddoppiato da una irritante voice over come dire "mi sa che lo spettatore è cretino e nun c'ariva, tocca sottolineare passo passo". un inopportuno rafforzativo che brucia un'ideuzza in sé nemmeno così malvagia, che poteva potenzialmente portare a lidi più spiazzanti e meno moralisti.

    si frana definitivamente nello scempio più irrimediabile con l'ultimo episodio firmato dallo stesso produttore, tal gregory, che gioca a intersecare grandi abbuffate con echi di cannibalismi di greenawayano memento e un finale che pare il reboot di quello di society, al cui termine ci si ritrova sbadiglianti con le mani nei capelli e la testina che fa no no no.

    non parliamo poi del segmento che raccorda come peggio può gli episodi, capitanato da un udo kier ormai macchietta e ombra di se stesso a cavallo tra il museo delle cere, il grand guignol e david zed versione "io robot amico dei bambini"

    anche stavolta l'horror a episodi ha perso un'ottima occasione per star zitto o per ridarci una perla del calibro di creepshow.

    sipario, bonanotte.

    ps zender, credo che il manifesto ufficiale del film sia questo:

    http://c534909.r9.cf2.rackcdn.com/wp-content/uploads/2012/04/Theatre-Bizarre-cover.jpg
    Ultima modifica: 9/03/13 14:10 da Schramm
  • Discussione Raremirko • 9/03/13 14:35
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Hussain è er mejo dai Schramm; anche quello con Savini è carino.

    Cmq sono d'accordo con più aspetti della tua analisi.
  • Discussione Raremirko • 9/03/13 14:37
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    ah, si, anche quello di Buck, seppur troppo breve, è ottimo
  • Discussione Raremirko • 9/03/13 14:49
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Cmq questo fatto dei film ad episodi a mio avviso si spiega mediante la maggiore visibilità che hanno registi di farsi conoscere mediante la realizzazione di un unico prodotto.
  • Discussione Zender • 9/03/13 14:57
    Capo scrivano - 47782 interventi
    Schramm ebbe a dire:

    ps zender, credo che il manifesto ufficiale del film sia questo:

    http://c534909.r9.cf2.rackcdn.com/wp-content/uploads/2012/04/Theatre-Bizarre-cover.jpg

    Sì, l'avevo visto, ma l'altro mi piaceva di più e non so cosa significhi "ufficiale" quando si parla di locandine. Nel senso che ne esce spesso più di una.
    ps: complimenti per l'analisi ma devo dire che personalmente fatico molto a leggere senza maiuscole, ben presto la cosa mi tira scemo e smetto.
  • Discussione Schramm • 9/03/13 15:14
    Scrivano - 7694 interventi
    Raremirko ebbe a dire:
    Hussain è er mejo dai Schramm; anche quello con Savini è carino.

    secondo me è un bravissimo direttore della fotografia e dovrebbe fermarsi là. registicamente capitombola nella fossa di un surrealismo precotto, da bancarella napoletana quando non, come in questo sciaguratissimo caso, di un simbolismo urlato e sgomitato che dà ai nervi. a ogni fotogramma ti urla nell'orecchio "METAFORONE!!!" e già che c'è aggiunge pure "beh forse tu spettatore plebeo non ce la puoi fare, quindi ti aiuto spiegandotelo". insopportabile. per me chi davvero vince su tutti è buck: se i film che ha fatto precedentemente sono tutti della portata del suo episodio, sguinzaglio subito i cani.

    savini? sì, simpatico ma poteva davvero giocarsela molto meglio.
    Ultima modifica: 9/03/13 15:16 da Schramm
  • Discussione Raremirko • 9/03/13 20:49
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Come ho scritto su altri lidi, un sogno si è poi realizzato: Savini li lavora con la KNB effects group e con il Jerami Cruise della Toe tag (quelli di August underground!!!).

    Di Buck ho visto Cutting moments, che molto deve al The big shave di Scorsese.

    Buono e anch'esso metaforico, credo.