La morte improvvisa del marito costringe una donna a trasferirsi con il figlio adolescente in una grande casa in attesa di vendita, posta in una località isolata... Per il 90% della durata, una noiosa tiritera di fatti strani, personaggi balzani, porte che cigolano, ombre che sgusciano, falsi allarmi. Tensione zero, a parte i sobbalzi provocati meccanicamente dai soliti stacchi musicali. Negli ultimi minuti, registi e sceneggiatori (identica coppia) si svegliano, ma per mostrarci un epilogo violento immotivato (chi e perché? boh!). Filmetto insignificante, meglio lasciar perdere.
Parte come un thriller abbastanza scontato e già visto questo nuovo prodotto Netflix con Dylan Minnette, volto ormai sdoganato dell'adolescente disagiato. Si rasenta quasi la noia in parecchie occasioni anche se il peggio deve ancora arrivare. Un quarto d'ora finale disonesto, fuori contesto e assolutamente senza nessuna spiegazione taglia la testa al toro in maniera brutale, facendo sembrare il resto del film quasi accettabile. Brutto.
Pellicola che arriva con molte difficoltà a essere accettabile, soprattutto per la scelta di impostare la storia sul vago e con molti riferimenti diversi che spingono lo spettatore a farsi varie idee, mettendo in pratica la cosa con uno svolgimento lento ma principalmente sterile se vogliamo, con lunghi momenti di nulla. Si salva solo il finale, totalmente e inaspettatamente diverso dal resto del film e che fa anche intendere un'idea abbastanza decente per caratterizzare il killer di turno: un'occasione mancata.
Film Netflix che ho visto fino alla fine solo per scoprire dove andasse a parare. E mi sono sentito preso per i fondelli quando ho scoperto che tutto ciò che il regista aveva seminato durante la narrazione porta verso uno scialbo finale privo di logicità. Spesso ci si imbatte in horror a basso budget ambientati in un'unica location, ma ci vogliono idee per sostenere il castello di carta. Qui basta una porta aperta e il vento si porta via tutto.
Si potrebbe dire che questo thriller è costruito sulle sabbie mobili ma, a ben guardare, non c'è neppure una costruzione, solo tanti elementi del genere (casa isolata, lutto in famiglia, dettagli che non tornano, rumori notturni assortiti, musiche per forzare la tensione e così via) accatastati senza una direzione precisa, un cumulo che crolla miserabilmente in un finale senza logica né onestà. Una presa per i fondelli con una facciata pulita a marchio Netflix e promossa grazie a un Minnette fresco di Tredici. Ecomostro da abbattere.
Vero e proprio spot pubblicitario al contrario rispetto alla piattaforma che lo produce (fa venire voglia di disdire l’abbonamento), The open house è davvero un film modesto a cui la definizione horror appare attaccata in modo incongruo. Gran parte della storia è dedicata ai (problematici) rapporti tra madre e figlio in un contesto ambientale particolare, quello della “open house”. L’elemento drammatico (preannunciato prima timidamente) compare in un finale totalmente sganciato dal resto e così incongruo che fa cadere le braccia. Da evitare.
Vedova con figlio adolescente si trasferisce momentaneamente nella casa di villeggiatura in vendita della sorella, ma fin dai primi giorni i due cominciano ad avvertire una strana presenza all'interno dell'abitazione. Thriller/horror targato Netflix incapace di creare il minimo di ansia e terrore ma che invece al contrario eccelle nel creare perplessità e noia. La prima parte è un minimo interessante in quanto si è sempre in attesa che succeda qualcosa, ma questo qualcosa si manifesta solo in modo assai imbarazzante nel finale. Da dimenticare.
Thrillerino di rara insipienza che per gran parte della sua durata galleggia in un mare di nulla e di noia infarcito dei soliti jump scare e spaventi, si fa per dire, facili ed a buon mercato. Poi negli ultimi dieci minuti prova ad ingranare la marcia ma non fa altro che andare a sbattere e rendersi ridicolo ed anche peggio. Il finale prende bellamente per i fondelli lo spettatore e quindi è di quelli che fanno venir voglia di buttare giù la tv e di scrivere lettere minatorie agli ideatori di tale ciofeca. Alla larga!
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DiscussioneDaniela • 29/01/18 23:09 Gran Burattinaio - 5345 interventi
x Hackett
il tuo commento mi ha consolato: se anche tu non ci hai capito un accidente nel finale, vuol che è il film ad essere mal congegnato e non il mio comprendonio arrugginito ;o)
Scherzi a parte, hai ragione: gli ultimi minuti sono talmente insensati (nel senso letterale di "privi di senso") che, paradossalmente, fanno guadagnare punti alla parte precedente, per quanto noiosa possa essere.
Non ho gradito neppure la prestazione di Minnette, svogliato stereotipo dell'adolescente inquieto rompiballe.
Meglio Dalton nel ruolo della madre, che almeno ha espressioni convincenti prima di essere travolta dal naufragio finale.
il tuo commento mi ha consolato: se anche tu non ci hai capito un accidente nel finale, vuol che è il film ad essere mal congegnato e non il mio comprendonio arrugginito ;o)
Scherzi a parte, hai ragione: gli ultimi minuti sono talmente insensati (nel senso letterale di "privi di senso") che, paradossalmente, fanno guadagnare punti alla parte precedente, per quanto noiosa possa essere.
Non ho gradito neppure la prestazione di Minnette, svogliato stereotipo dell'adolescente inquieto rompiballe.
Meglio Dalton nel ruolo della madre, che almeno ha espressioni convincenti prima di essere travolta dal naufragio finale.
Credo ci sia davvero poco da capire in quel finale Daniela, sembra però inconcepibile il tentativo di tessere una trama (per quanto prevedibile) per poi cambiare rotta in un finale che non spiega nulla.
Assolutamente d'accordo su Minnette, che sta vivendo un po' di rendita dopo "13 reason" ma che farebbe bene ad uscire alla svelta dal ruolo che gli hanno ormai cucito addosso...
Daniela, Pesten, Taxius
Hackett, Fromell, Belfagor, Galbo, Cotola
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