T'amo e t'amerò - Film (1999)

Sicuramente il regista Ninì Grassia girava questi film rivolgendosi ad un suo pubblico particolare. Non certo per chi ama il cinema classico ma per i fan dei cosidetti "Neomelodici movies", in un certo senso inventati dallo stesso regista (genere utile solo per promuovere le canzoni dei cantanti neomelodici napoletani del momento, e stavolta tocca a Luciano Caldore, insopportabile come attore). Trama e sceneggiatura banalissima, sequenze inutili e interminabili, montaggio elementare. Sprecato Andrea Roncato. Bella la Rettondini. Per i fan dei neomelodici.

Mediocre opera di Grassia, una sorta di film sui liceali (ovviamente quasi trentenni...) con innesti musicali e composta da incomprensibili, ridicole scenette che vorrebbero essere comiche ma che invece alla fin fine risultano sfiancanti. Lungo (quasi due ore) e per niente avvincente, confuso il finale. Gli attori comunque non sono male, contando che alcuni di loro sono alla prima prova...

Francamente imbarazzante. Film che presenta: ragazzi trentenni spacciati per liceali, che frequentano una scuola composta dalla loro sola classe, Barbara Chiappini incredibile diciassettenne che fa la cameriera presso la casa di una compagna di scuola, inserti comici che non solo non fanno ridere, ma neppure c'entrano con la trama (all'interno dei quali un attore copre un triplo ruolo). Come se non bastasse, ci si deve sorbire un finale folle, da drammone ottocentesco. Domanda: ma questi film, chi andava a vederli? Dimenticavo: c'è Zerbinati, quello che imitava Craxi a Il Bagaglino.

Micidiale pellicola atta a sfruttare l'allora "idolo" della canzonetta neomelodica Luciano Caldore. Grassia, forse resosi conto che il protagonista non è propriamente Dustin Hoffman e che fuori Napoli è il signor nessuno, addiziona il cast con qualche nome di richiamo e di maggior spessore (Roncato, il finto Craxi del Bagaglino Zerbinati e le starlette 90's Chiappini e "la donna di Alberto Castagna" Rettondini). Trentenni spacciati per sedicenni, tempi morti, battute che non vanno mai a segno e una durata eccessiva non aiutano. Agghiacciante.

Una simile sciatteria di regia e montaggio annienterebbe qualsiasi sceneggiatura: long take per necessità, fulminei controcampi a mo' di rattoppo, fotografia deprimente e messa a quadro spesso di uno squallore che sembra studiato a tavolino. Aggiungiamoci una sceneggiatura sfilacciata e dispersiva (con picchi trash nelle dinamiche familiari finali), assurdi liceali fuori tempo massimo che potrebbero al massimo trovare posto in una parodia di Compagni di scuola e le terribili canzonette dell'ennesimo neomelodico. Roncato visibilmente turbato.

Glissando sulla veridicità dei dati anagrafici degli attori e su alcune situazioni narrative ai limiti dell'incredibile, quello che lascia basiti non è solo la confezione e l'infima qualità delle prestazioni attoriali (tanto da far sembrare Roncato "un gigante") che in operazioni del genere ci può stare, quanto il fatto che un film del genere duri ben due ore. Le lungaggini si sprecano: quaranta minuti in meno avrebbero solo giovato. O forse ne avrebbero giovato centoventi in meno. Finale incredibile: in cinque minuti si risolve tutto.

Non si capisce perché Grassia abbia deciso di mantenersi su un metraggio tanto eccessivo per un film del genere, che aveva veramente poco da dire, giusto un'occasione per sfruttare la presenza di Caldore (presente anche nel coevo Pazzo d'amore): la regia è quanto mai granitica (alcune gag sono riprese a mdp fissa), la sceneggiatura è l'ennesimo miscuglio sentimentale e la maggior parte degli attori delude altamente. Gli studenti ultramaggiorenni non ci stupiscono, dato che abbiamo ancora in testa le finte minorenni di Agenzia cinematografica.