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TITOLO INSERITO IL GIORNO 25/03/13 DAL BENEMERITO MICKES2
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Tre sono i piani – esistenziale, documentaristico e (meta) cinematografico - su cui Wajda plasma un’opera emotivamente pregnante dove si narra, sempre fedele al linguaggio sobrio della scuola dell’est europa, l’accettazione del dramma e della perdita, l’amore pudico e la caducità del tempo che scorre nonché l’elaborazione del lutto intersecando realtà e finzione, rapportando la morte e gli effetti deleteri e fortificanti che essa può donare all’esistenza di ognuno. Ottimo l’impianto figurativo che dipinge quadri in movimento e non.
MEMORABILE: I pianosequenza chiaroscurali ed i monologhi.
Particolare film di Wajda che mescola abilmente (anche se a tratti non del tutto comprensibile per chi non conosca la genesi del film: il monologo iniziale però aiuta in questo senso) realtà e finzione e lo fa in modo stringente
ed inestricabile. E così la malattia, finta, della protagonista si lega indissolubilmente a quella, vera, del marito della Janda la quale ha accettato di parlarne a cuore aperto. Forse, visto il plot, regala meno emozioni del previsto, ma è un
esempio di cinema "letterario", coraggioso e tutto sommato riuscito.
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