Stupendo Chabrol, forse nel suo momento migliore. L'interpretazione della protagonista è affidata alla bravissima Stéphane Audran (sua moglie) e all'ottimo e sorprendente Michel Bouquet. Quello che colpisce è il contrasto reale che esiste tra i due coniugi, seppur sempre indiretto, e l'apparente tranquillità che invece, fintamente, si instaura quando c'è il figlio. Ma è debole e si manifesta nella scena del pezzo mancante del puzzle. Il finale, crudo, ricorda incredibilmente History of Violence.
Splendido film di Chabrol che ancora una volta mostra in questa pellicola tutte le sue indiscusse ed eccelse qualità. Quel che colpisce non è tanto la storia (non certo particolarmente originale), quanto piuttosto la magistrale capacità nel descrivere l'ambiente e la mentalità borghese (spesso splendidamente satireggiate nei suoi film), oltre che nel tratteggiare in maniera impeccabile i tre personaggi che animano l'intreccio. Bello e violento il finale. Da non mancare soprattutto per chi ama questo grandissimo regista francese.
La partenza è dimessa, con sequenze frammentarie, poi la trama ha uno sviluppo interessante. L'uso di musiche tetre crea il necessario clima drammatico. Grande la prova delgi attori, con la moglie enigmatica e ammaliante ed il marito all'inizio spaesato ma poi in parte. Il finale sul momento appare sospeso, ma pensandoci qualche secondo si rivela coerente nella sua asprezza. Rifatto nel 2002 (Unfaithful).
Grande Chabrol d'annata che riesce nell'ardua impresa di far lievitare a livelli autoriali la più frusta delle trame: il classico triangolo (marito, moglie e amante) con delitto. Evitando accuratamente le scene madri, lasciando che la storia parli da sè senza forzature, Chabrol accompagna lievemente verso il baratro i suoi personaggi senza pedanti spiegazioni del loro agire, ma portando freddamente alla luce il legame inestricabile fra la banalità del male e i riti della famiglia borghese. Bouquet, la Audran e Ronet recitano in stato di grazia.
MEMORABILE: Anche Chabrol cede all'autocitazione: Bouquet passa in auto davanti a un cinema che annuncia la riapertura con Les biches, il suo film precedente.
Il valido regista francese Chabrol, autore discontinuo ma dotato, ci offre un altro thriller alla francese. Ambientazioni raffinate e borghesi, una sorta di denuncia della suddetta borghesia e un thriller che certo non è tra i migliori ma neppure sfigura. Direi che la sufficienza la strappa e una occhiata la merita sicuramente, anche se Chabrol farà poi di meglio.
Hitchcockiano nei toni e alienato nei comportamenti; un thriller drammatico che, attraverso un meccanismo a orologeria, sonda le dinamiche comportamentali della vita di coppia spogliando i personaggi dei propri valori fino a una resa dei conti interiore che implode distruggendo possibilità e futuro. Potente schiaffo in pieno volto alla borghesia, così succube dei propri tabù, così incatenata da retaggi etici, così insoddisfatta e frustrata da schivare ogni pensiero di verità per nascondersi dietro a maschere tanto invisibili quanto intrinseche.
MEMORABILE: La visita di Charles a Victor; L’incipit; Il bellissimo finale.
Vista la semplicità della trama e la sobrietà della regia, colpisce la capacità di questa pellicola (dramma su possibili corna nel primo tempo, thriller hitchcockiano nel secondo) di catturare l'attenzione dello spettatore dal primo all'ultimo fotogramma; merito forse del montaggio serrato, di una sceneggiatura che non si perde in lungaggini o del carisma degli interpreti. Il coinvolgimento resta altissimo fino a un finale maturo e sotto le righe, quasi improvviso, messo in scena con classe (che bella l'ultima inquadratura!). Da non perdere.
MEMORABILE: Lo sguardo della Audran mentre brucia il foglio compromettente: tracce di misoginia latente?
Coppia altoborghese vive in una villa dei sobborghi parigini insieme al figlioletto decenne, in apparente armonia ma mentre lui sembra aver raggiunto la pace dei sensi, lei cerca altrove chi le plachi i fremiti... Inizio in sordina per una "banale" storia di tradimento coniugale, che, dal fattaccio in poi, intriga e suscita interesse grazie alla sapienza della regia e alla classe degli interpreti. La colonna sonora accentua la tensione fino ad un bel finale sospeso. Nella sua raffinata semplicità, uno dei migliori film hitchockiani di Chabrol.
MEMORABILE: Nel prefinale, il volto enigmatico di Audran richiama quello, altrettanto misterioso, dell'"arma" del delitto
Un "bourgeois" ha la mala sorte di trovarsi nel 1968 con un bel lavoro, una bella casa, un bel figlioletto biondo e una moglie attraente e più giovane di lui, che naturalmente lo tradisce. Farà una brutta fine (ma la moglie se la caverà egregiamente). La banale storia è raccontata con maestria da Chabrol, con grande accuratezza e deliziando lo spettatore, che sa già che finirà male, con l'immancabile senso di angoscia, con delicatezza, senza alcuna fretta.
MEMORABILE: Il simbolismo del "jig-saw" con il quale il bambino si intrattiene.
Asciutto, senza fronzoli, sottolineato da una musica inquietante, diretto con vera maestria. Chabrol riempie di dettagli, apparentemente insignificanti, una storia "di tutti i giorni" rapportandola ai suoi veri significati universali: la società, la famiglia, le diverse sfaccettature dell'amore, il "benessere" della borghesia e la zeppa (im)prevista che blocca il perfetto ingranaggio. È il marito a subire una profonda trasformazione: in un attimo viene riportato ai suoi istinti primordiali sepolti, ma non sopiti, sotto cortine di vuote apparenze.
La vicenda ha l'andamento di un thriller quasi tradizionale, ma l'originalità e la classe del regista si rivelano nel ritrarre, quasi solo attraverso sguardi e allusioni, i risvolti psicologici di una coppia borghese in latente crisi affettiva. Si riscopre il carattere di un film trattato con quella cura delle riprese e del montaggio proprie della "grande stagione francese". Un gioco a tre, con tre protagonisti che hanno saputo dare volto all'inquietudine di un'inespressa connivenza. Il finale resta sospeso nei fatti ma non nell'intento drammatico.
MEMORABILE: Il trasporto del cadavere e l'incidente; L'interrogatorio della coppia; La foto bruciata; La confessione reciproca senza dire.
Classico tradimento coniugale che va a finir male. Uno degli Chabrol più celebrati è una clamorosa bufala. Un thriller, se così vogliamo definirlo, noioso e poco scenografico che non punge nemmeno come critica dell’ambiente alto-borghese. Anche gli attori appaiono piuttosto spenti con qualche momento brillante giusto nel confronto tra il marito tradito (e si capisce anche il perché visto il soggetto molliccio oltre ogni limite) e l’amante della moglie. Improponibile poi l’accostamento con Hitchcock che era un gran virtuoso della cinepresa.
MEMORABILE: La visita all’amante della moglie; "La maggior parte delle donne crede di aver inventato il sesso, ma all’atto pratico sono tutte una delusione".
Una moglie infedele, un delitto (e il suo occultamento) in piena luce. Due coniugi, entrambi colpevoli di qualcosa, si confrontano l'uno di fronte all'altro, in questo dramma in cui Chabrol come al solito riesce a scavare nelle pieghe dell'ordinario quotidiano con la capacità di sempre. Attenzione ai gesti e alle espressioni a tutto campo, rivelatori molto più che tante parole superflue.
Uno dei film più emblematici di Chabrol, che ha il merito di rendere abbastanza piacevole una storia di ordinaria banalità e infedeltà coniugale. Ovviamente non dobbiamo attenderci suspense e colpi di scena, perché anche le concessioni al thriller (che emergono nella seconda parte) fungono da pretesto per rinfacciare alla borghesia i suoi vizi privati e la sua ipocrisia. Ottima direzione degli attori, da una Audran di sfuggente sensualità a un Bouquet dimesso solo in apparenza, passando per un Ronet efficace nel breve ruolo di terzo incomodo.
MEMORABILE: L'incontro tra Bouquet e Ronet; L'omicidio e l'occultamento del cadavere.
Con la complicità della bella musica dagli strani colori sonori (utilizzata in modo scientifico) e con l'inesorabile movimento di attori baciati dalla grazia, Chabrol materializza sin dai primi fotogrammi (la telefonata, per esempio) un ambiguo e subdolo clima di tensione, a metà strada tra il dramma borghese smaltato di giallo e le spirali della paranoia hitchcockiana. Implacabile e oliatissima la sceneggiatura; magia nelle soluzioni registiche; il bel finale in sospensione emotiva chiude con vaghezza - e precisione - il cerchio.
Classica storia di infedeltà e di trionfo dell'istinto sulle convenzioni e sulle ipocrisie di facciata, che nel contesto borghese in cui Chabrol opera assume toni provocatori. Nonostante lo sguardo freddo della mdp e la rinuncia alla spettacolarizzazione (al contrario del remake di Lyne), la tensione è sottile e costante (con punte hitchcockiane nella sequenza crime), il dramma subdolamente intenso. Ottima la tranche conclusiva, con la rottura degli equilibri familiari e i tentativi di risanarli (emblematica la scena del puzzle). Finale amaro.
MEMORABILE: La spiacevolissima formalità del dialogo fra il marito e l'amante; Il bagagliaio contenente il cadavere viene urtato; La Audran piange sul letto.
Deliziosamente chabroliano. Opera in cui un inquieto cinismo pervade ogni fotogramma e che il balzachiano regista francese gira in una sorta di stato di sospensione trasmessa come in trance ai personaggi, ai loro interpreti e offerta al voyeuristico occhio di chi guarda. Lo slittamento dalla fredda, ovattata routine del mènage familiare al glaciale palpitare post omicidio risulta quasi invisibile nella clamorosa meccanica stilistico/narrativa. Unica pecca certa ridondanza nell'occultamento del cadavere. Stephane al suo apogeo e Bouquet da non credere.
MEMORABILE: Le musiche rabdomantiche di Jansen; La fotografia livida di Rabier; La Audran ritrova l'indirizzo dell'amante nell'impermeabile; Il puzzle del figlio.
Tra i numerosi gialli di Chabrol è sicuramente il più morboso e, forse per questo, anche quello in cui il suo stile asciutto funziona meglio: il lungo e centrale confronto tra marito e amante (in cui il primo inizialmente agisce da provocatore, poi non riuscirà ad essere all'altezza del ruolo che lui stesso ha voluto darsi) è un saggio di recitazione che getta l'ombra lunga della tensione anche sui piccoli incidenti che ne seguono (il portabagagli, il puzzle). Il remake hollywoodiano, pur non infame, non saprà eguagliarne il finale aperto né la statura generale.
MEMORABILE: La scoperta dell'accendino (uno Zippo magnum) nella camera da letto di Ronet.
Marito sospetta il tradimento della moglie. Trama che può risultare di una banalità sconvolgente ma che Chabrol riesce a mantenere tesa fino al termine. Le chiavi sono la reticenza della moglie e la mossa che non t'aspetti dal marito; nel mezzo il figlioletto sentenzia che son matti entrambi. Le microtensioni sono continue e il passo falso è dietro l'angolo; gli unici momenti leggeri sono con la segretaria. Non girato molto bene l'incidente stradale e la conseguente calca; conclusione invece di ottima resa emotiva, nella sua semplicità.
MEMORABILE: La visita del marito dall'amante; Il puzzle buttato a terra; Il corpo che scompare pian piano.
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Ci ha lasciato un maestro del cinema mondiale, uno dei papà della Nouvelle Vague: Claude Chabrol.
Mi mancherà l'appuntamento quasi annuale (lavorava con vigore nonostante l'età) con le sue pellicole, quasi sempre interessanti e quasi mai banali. Peccato: ormai gli "autori"
sono sempre meno. Il mondo del cinema è più povero. Che la terra gli sia lieve.
DiscussioneZender • 13/09/10 07:56 Capo scrivano - 47770 interventi
Eh già, ho sentito. Un nome importante che se ne va.
CuriositàDaniela • 3/10/15 14:33 Gran Burattinaio - 5926 interventi
Il film di Chabrol ha avuto un remake nel 2002: Unfaithful - L'amore infedele, diretto da Adrian Lyne, con Richard Gere, Diane Lane e Olivier Martinez.
HomevideoXtron • 15/10/17 15:21 Servizio caffè - 2149 interventi
Il dvd RAROVIDEO / MUSTANG / CECCHI GORI
Audio italiano e francese
Sottotitoli italiano e inglese
Formato video 1.66:1 anamorfico
Durata 1h33m58s
Extra: Trailer, intervista a Claude Chabrol e Andrè Labarthe, "La genesi di Stephane", booklet di 16 pagine
Il master utilizzato è di qualità medio-bassa. I titoli di coda sono tagliati.
HomevideoRocchiola • 8/11/19 16:59 Call center Davinotti - 1254 interventi
C'è poco da aggiungere, questa volta la Raro Video ha toppato. Immagine scadente a livello di definizione, sbiadita e appannata. In più c'è anche qualche difettuccio sparso (macchie, graffietti). La durata sulla cover è indicato come 98 minuti ed il formato video come 1.78 anche se poi sul televisore si adatta perfettamente allo schermo 16:9 cioè un classico 1.85. Audio italiano accettabile ma anch'esso non eccelso. Sconsigliato.
Ciao Rocchiola,
una precisazione: dici che il film si adatta perfettamente al televisore 16:9. Ma quello è proprio il formato 1.78:1, non 1.85:1. Quindi il dato riportato sulla cover è corretto.
HomevideoRocchiola • 8/11/19 20:06 Call center Davinotti - 1254 interventi
Si scusa ho fatto un pò di confusione, volevo dire che l'1.66 riportato in copertina si adatta in verità perfettamente alle dimensioni del televisore 16/9 corrispondente al formato 1.78. Quindi l'informazione di copertina è errata.
Nella versione italiana la protagonista viene chiamata Stéphane come l'interprete Stéphane Audran, mentre nella versione originale il suo nome è Hélène.