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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ennesimo complicatissimo intreccio targato Harlan Coben, mantiene mirabilmente intatte le qualità di uno schema consolidato che nella formula a puntate (in questo caso otto, di durata variabile tra i 40 e i 50 minuti) ha ormai trovato la sua ideale trasposizione su schermo. Siamo questa volta in Inghilterra, nella zona di Manchester (di bel fascino le riprese sulla spiaggia di Blackpool con la ruota panoramica costantemente sullo sfondo), dove vive Megan Pierce (Jumbo) assieme alla propria famiglia: un marito (Francis) con cui convive da anni e che si prepara a sposarla e tre figli. Tutto sembra andare per il meglio quando un giorno Megan riceve una busta sulla quale sta scritto solo il suo "vero"...Leggi tutto nome: Cassie. Già, perché la bella mammina era stata un tempo una stripper, che dopo aver litigato con uno dei suoi pretendenti aveva piantato tutti rifacendosi una nuova vita utilizzando un'identità diversa. Qualcuno però, diciassette anni dopo, l'ha trovata; è una sua vecchia amica di allora, Lorraine (Parish), che la avverte: l'uomo per fuggire dal quale lei aveva deciso di cambiare vita non è morto come si credeva ma è sulle sue tracce... Tanto basta a mettere in allarme la donna, mentre la polizia è alle prese con l'irrintracciabilità di un giovane ragazzo il cui padre è persona ricca e influente che pretende si faccia di tutto per ritrovarlo. Con Harlan Coben i casi di persone scomparse sono all'ordine del giorno e anche in questo caso si moltiplicano, con una lunga teoria di personaggi che ruotano intorno alla vicenda intrecciando le loro storie nel tipico gioco a incastri che una sceneggiatura ancora una volta abile nel non far perdere mai il filo riesce a rendere altamente coinvolgente. Ci sono il fotografo indipendente (Armitage) che era stato fidanzato di Cassie ai tempi del Vipers (il locale di strip per il quale lavorava), l'avvocato eroinomane (Izzard) che curava gli interessi delle ballerine, la coppia di detective che eran sposati e han divorziato mantendendo un solido rapporto di lavoro (Nesbitt e Cartwright) e pure un'altra strana coppia, quella formata da due giovani spietati assassini che sembrano usciti da un film dei gloriosi anni del musical. Selezionati non troppi ambienti diversi in cui muoversi e limitati i consueti salti temporali al minimo necessario, la serie procede spedita appoggiandosi su un copione di valore e soprattutto mostrando una grande capacità di diversificazione dei caratteri, tutti delineati con bella mano. Insomma, un giallo con le carte in regola per soddisfare gli amanti del genere e che conferma Harlan Coben ai vertici di un certo tipo di mystery tradizionalmente inteso, finalizzato cioè a rimettere tutte le tessere del mosaico al proprio posto senza lasciare nessun interrogativo irrisolto, a costo di ricorrere a lunghi spiegoni nel finale. Anche la soluzione è sufficientemente onesta da non prestare il fianco alle critiche aprendo pure a un paio di colpi di scena in coda studiati con intelligenza. Difficile trovare difetti che non siano imputabili a una certa ripetitività negli schemi (sempre se si son viste le altre serie tratte da Coben) o alla mancanza di novità nel suo complesso. Non si esce da un perimetro legato strettamente al thriller che magari non offre granché a livello di varietà e scavo psicologico dando la sensazione del giochino un po' artefatto e pretestuoso, ma si propone un bel parterre di personaggi interpretati ottimamente per una serie di produzione anglosassone di notevole interesse.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 16/01/22 DAL DAVINOTTI
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Panza 28/10/23 21:42 - 1834 commenti

I gusti di Panza

La trama, molto articolata e ricca di personaggi, è sviluppata con i giusti tempi, senza eccessive accelerazioni o tediosi rallentamenti, occupando oculatamente le otto puntate. Ne emerge un quadro in cui ogni persona ha qualcosa da nascondere che, una volta rivelato, muta la prospettiva degli eventi (nel finale persino per uno dei meno coinvolti): la grande statua di un volto, immersa nel bosco, sembra quasi evocare icasticamente questa generale condizione. Nel complesso avvincente e scorrevole, ma si potevano evitare gli stereotipati momenti comici alla centrale di polizia.

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