Notevole commedia nera (e anche un po' noir) per Lattuada, per una volta lontano da sesso e lolite, che sfoggia un Giannini più controllato del solito. Film in qualche modo premonitore rispetto alla società italiana odierna. Il limite è che già dopo pochi minuti, con l'occhio smaliziato di oggi, possiamo immaginare come finisca. Bella ambientazione, ottimo cast di comprimari.
Purtroppo mi è impossibile darne un giudizio sostanziale dopo aver visto la copia televisiva di soli 71' contro gli oltre 100' di cui il film è accreditato un po' ovunque: boh. Certo anche così non dispiace, Giannini è meno insopportabile del solito, non vuole strafare ed il suo ruolo è senz'altro interessante. La storia, specialmente all'inizio, mi è parsa poco chiara ma anche qui devo presumere che quella mezz'ora mancante sia la causa del mio disorientamento. Particina per Gerry Bruno, ex dei Brutos.
Un Lattuada che torna alle origini, quando cioè era solito occuparsi della malasorte dei poveri in un contesto urbano realistico e contemporaneo (la smania d'apparire in TV e sui rotocalchi), benché l'amarezza di fondo sia ora edulcorata dai registri della commedia e dalla vivacità con cui si tratteggiano le diverse figure di contorno. Uno scatenatissimo Giannini conferma il suo talento versatile sia nelle mimiche che nelle inflessioni linguistiche, mentre nel comparto femminile si fa notare la bellezza elegante della Monti e quella fresca della Galleani, autostoppista contestatrice.
MEMORABILE: La tranquillità di Giannini in carcere; L'arringa del PM (Wilson) e i commenti di Giannini.
Lattuada si fa apprezzare più per i temi trattati che per lo svolgimento effettivo del film: è apprezzabile la denuncia dell'erostratismo del piccolo borghese disposto a tutto pur di rilevare agli occhi di un'opinione pubblica onnivora nonché quella di un apparato poliziesco-giudiziario cieco e afflitto dall'elefantiasi burocratica. Tutto però è svolto in fretta, quasi come in una macchietta e l'istrionismo di Giannini non aiuta certo a raggiungere le profondità della migliore commedia grottesca all'italiana.
Se in Fritz Lang ci si autoaccusava di un delitto per denunciare le storture del sistema giudiziario e l'iniquità della pena di morte, qui si perseguono più prosaicamente successo e ricchezza. Commedia nera che scivola talora nel grottesco, ma efficace nel mettere alla berlina non solo le istituzioni ma anche alcune magagne della società italiana che oggi, in tempi di social dilaganti, possono apparire persino più attuali di allora. Un irresistibile Giannini tiene a galla il film anche nei momenti di stanca, e riesce ad oscurare degli ottimi comprimari. Buone le musiche di Trovajoli.
MEMORABILE: Le arringhe del pubblico ministero e dell'avvocato difensore; Il finale.
Diario di un mitomane disposto a tutto pur di emergere dal grigiore dell'anonimato. Geniale in quanto profetizza certa ossessione di apparire sfociata nei social odierni, di darsi in pasto alle folle con il perverso piacere di venirne divorati. Magistrale Giannini che traduce con la sua maschera grottesca questo imbruttimento morale innescato dal fuoco vanesio dell' "appaio quindi sono"; non importa l'innesco, va bene anche l'autoaccusarsi di un omicidio, ma tutto deve trasformarsi in palcoscenico... almeno fino a quando la realtà non presenta il conto.
MEMORABILE: Biagio che vaga per Milano tentando di farsi riconoscere; Le testimonianze degli anziani; La bellezza della Monti; L'inseguimento; Il finale.
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