Solitamente questo tipo di film (che vedono l’italiano impacciato alle prese con mondi e lingue che non capisce) erano prerogativa di Alberto Sordi; questa volta invece, anche per lanciarlo (è l’anno prima di FANTOZZI), Nanni Loy sceglie la maschera triste di Paolo Villaggio, all'epoca attore “vero” e non schiavo dei balbettamenti esagerati che rischieranno di mortificarlo in seguito. Qui, anzi, il suo Giovanni Bonfiglio si ribella spesso (pur se comunque deve rendere conto al suo tirannico principale che sta oltreoceano, a Milano), ha frequenti motti di stizza, dimostra insomma che il film non è una semplice commedia ma lo spaccato (un...Leggi tutto po' forzato, a dire il vero) di una realtà esistente negli Stati Uniti. Bonfiglio (il cui cognome è storpiato regolarmente per via della sua impronunciabilità) è negli USA per portare a Milano il cestista nero Ben Fergusson (Sterling St. Jacques) che il principale ha acquistato per la propria squadra. Purtroppo per Bonfiglio Ben, prima che giocatore di basket, è un attivista del black power e lo trascinerà in sommosse e rivendicazioni che fanno rimandare in continuazione il ritorno in Italia. In pratica l’esile soggetto è solo un pretesto per lanciare messaggi antirazziali e pseudoprogressisti. Villaggio è bravo, ma non può nulla di fronte a una regia e un montaggio che prolungano ogni situazione oltre i limiti del sopportabile. Così, a momenti anche divertenti (vedi tutti i colloqui telefonici con il cumenda milanese), si alternano scene di massa di nessun interesse, zeppe di grida, fumo, cariche della polizia e neri ovunque, che sistematicamente abbassano il ritmo narrativo già non esaltante. Un esperimento curioso ma indiscutibilmente pesante. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Malriuscito tentativo di coniugare la commedia al risvolto sociale (molto meglio andrà con Café express). Qui purtroppo si cade nello sconnesso e nell'eccesso (buoni, invece, i piccoli quadri di solitudine e di emarginazione), finendo nel ripetitivo e tedioso. Inoltre il protagonista di colore recita male un personaggio che finisce col toccare una rara antipatia. Brancia fa una pesante parodia di Borghi, patron dell'Ignis. Ci sono Pazzafini e Christa Linder. La Mancini assiste alla partita di scopa in casa di Cerulli. Insufficiente.
Parto dalla fine: i 10 minuti conclusivi sono da cineteca della commedia italiana. Poco importa se tutto quello che c'è prima funziona a corrente alternata, mancando una vera sceneggiatura e qualcuno che possa interagire degnamente col protagonista. L'inaspettato colpo di coda è di una potenza emotiva devastante, le note di armonica di Bacalov arrivano dritte al cuore e inserobaile si stringe un groppo in gola sull'ultima inquadratura al faccione di uno sbalorditivo e diverso Villaggio pre-Fantozzi. Film. puramente settantiano capace di far riflettere
MEMORABILE: In aereo a fine film un Villaggio distrutto e sotto shock dopo averne viste di ogni deve sorbirsi le lamentele di un italiota su camice e Fiorentina.
Siamo al cospetto di un Villaggio agrodolce, che si barcamena in una pellicola particolare, tra la commedia, l'esercizio filmico votato alla denuncia e il tentativo, poco riuscito, di far coesistere le due cose. In più, il protagonista di colore è un insopportabile saccente, non giustificato dal difficile periodo in cui vive, dove i diritti vengono spesso calpestati....e non solo quelli (la baraonda allo stadio). Il risultato è una pellicola mediocre, che però evidenzia comunque il talento di Villaggio, non ancora Fantozzizzato, seppur già avviatosi per quella strada (la scommessa al casinò).
MEMORABILE: L'imprecazione "Madonna sul ciuco!"; Villaggio al giocatore di colore: "Io ho lavorato sempre come un negro".
L'anno prima della consacrazione di Fantozzi (che diventerà il tormentone ma anche il limite futuro dell'attore), Villaggio interpreta questo bel film di Loy. Trattasi di un film di denuncia, fortemente anti-americano ma anche critico verso l'ignoranza del nostro Belpaese. Ce n'è per tutti insomma; certo, la critica sociale a volte è un po' forzata, ma la storia d'amicizia tra i personaggi di Villaggio e St. Jacques (bravo) è sincera, divertente, a volte commovente. Si ride ma si riflette anche. Un bel cinema che oggi in Italia non esiste più.
Bel film di Nanni Loy: denuncia l'emarginazione della popolazione nera negli States, ma anche alcuni atteggiamenti fastidiosi degli americani, nonché di alcuni italiani. Insomma una miscellanea ben riuscita, anche se non troppo (c'è qualche punto un po' comune). Ottima la performance di Paolo Villaggio pre-Fantozzi, nient'affatto macchiettistico e molto agrodolce. Bella l'amicizia tra Villaggio e St Jacques, molto tenera e commovente, così come commovente e riflessivo è il finale sull'aereo. Assolutamente da vedere!
Villaggio in America in pieno periodo post Black Panther, gruppo al quale sembra inneggiare anche Ferguson, cestista di grande talento che però sembra volersi prendere una pausa dalla politica e giocare in Italia con Villagio che ce lo deve portare. Armando Brancia è il proprietario della squadra lombarda di Basket e Nello Pazzafini ex giocatore e allenatore. Ritratto interessante dell'America contestatrice che oramai sembra non esistere quasi più, forse anche perché la politica americana praticamente non è più seguita in Italia.
MEMORABILE: "Giuva! Che si dice? Che si dice?" "Si dice che sua madre è una troia!" (risposta di Giovanni Bonfiglio a Alfredo Rizzo procuratore sportivo italoamericano).
Anche se non del tutto riuscito, un film comunque coraggioso nel mostrare le contraddizioni della cosiddetta "terra della libertà", quell'America ancora allo sbando dopo le turbolenze sociali e razziali degli anni 60 (culminate nel '68 con l'assassinio di King e la conseguente notte di violenza e saccheggi). Non tutto è ben oliato, il ritmo è altalenante ma ci sono vari momenti divertenti ben alternati ad altri malinconici e nel complesso il film funziona. Villaggio offre una buona performance, forse la migliore pre-fantozziana. Niente male.
Un film riuscito a metà, nella classica cornice semiseria di Loy, con momenti divertenti e altri riflessivi sul razzismo imperversanti negli Stati Uniti. Il tutto visto con gli occhi del bravo Villaggio, ben calato nella parte, lontano da Fantozzi e più realistico. Peccato che, soprattutto nella prima metà, il ritmo sia troppo lento, con molte scene inutilmente lunghe e prive di dialoghi davvero interessanti. Dopo si va un po' meglio, fino a un finale però altamente prevedibile.
Strana la scelta di Loy di puntare su Villaggio per questo film. Anche se poi il contrasto s'accende al massimo tra l'italiano subalterno, pasticcione e codino (must dell'attore genovese) e la grande Storia delle rivolte afroamericane. Un Sordi, per dire, avrebbe smorzato la cosa. Troppe carenze di scrittura e inutili le improvvise gag prefantozziane. Il tentativo resta molto coraggioso, pensando all'epoca, e infatti il film subì delle censure.
MEMORABILE: Villaggio nota che bianchi e neri da piccoli stanno bene insieme ma da grandi vengono separati dalla società.
Molto altalenante trasferta americana di Loy. Nonostante il nobile intento di gettare lo sguardo sulle all'epoca molto misteriose Pantere Nere americane, il risultato è però confusionario, con una storia di amicizia anche interessante e non banale ma irrimediabilmente appesantita da riprese assortite di riots che spezzano il ritmo della pellicola e che nulla apportano al nocciolo dell'opera. La cosa migliore diventa così Villaggio che, proprio sul limitare dell'epopea Fantozzi, regala una grande prestazione, da attore vero. Il resto del cast così e così, specie quello USA.
Film a metà fra commedia e dramma sociale (ma alla fine è il secondo a prevalere) che vede un interessante ruolo di Villaggio privo dei soliti tic. La narrativa di Loy si muove confusa in un contesto a lui estraneo e molte scene urbane sono poco incisive e troppo lunghe. La sceneggiatura trova qualche momento felice ma i pregi vengono vanificati da un St. Jacques non all'altezza del protagonista, che spesso si trova a recitare da solo. Buona la fotografia da telefilm americano anni '70. Visione nel complesso piuttosto pesante, sebbene non priva di qualche episodio interessante.
Commedia drammatica stile "metropolitan/on the road" di forte denuncia sociale, come andavano di moda negli anni 70. Nanni Loy dirige con mezzi minimi e fotografia molto sporca un Villaggio ragioniere ancora non contaminato dai rantoli del suo personaggio-icona. Sceneggiatura non molto elaborata ma massaggio antirazzista chiaro ed efficace, unito a una visione retrograda dell'America in generale, soprattutto di provincia. A causa proprio della sua impostazione politicamente scorretta, il film è stato pesantemente censurato di 23 minuti nella prima edizione in dvd.
MEMORABILE: Ben (Jacques) a Bonfiglio (Villaggio) in carcere: "Bianchi giustificare noi sempre... tu mi hai detto s******, e quindi tu non più razzista".
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HomevideoZender • 31/05/14 17:42 Capo scrivano - 4 interventi
Ah ottimo notizia! Se uscisse anche in bluray non sarebbe male...
Arrivato oggi il DVD Mustang. Una delusione, praticamente un riversamento da VHS
Video: pessimo
Audio: sufficiente
Formato: 4:3 (compreso menù)
Extra: zero
Durata: 1:23:57
si salva solamente la bella fascetta che riprende la locandina originale.
HomevideoZender • 2/08/14 09:23 Capo scrivano - 4 interventi
Capito, mi tengo la registrazione da tv, ottima informazione.
B. Legnani ebbe a dire: R.f.e. ebbe a dire: Da notare che la tipa che cornifica il marito (Nando Cerulli) con Villaggio, non è altri che la celebre doppiatrice Rita Savagnone.
Di questo film esistono due versioni, una "short" di 83 minuti che è quella che gira in DVD e una "long" di 106 minuti, che è quella utilizzata nei passaggi televisivi.