Ottimo e riuscito tentativo di aggiornare i personaggi di Conan-Doyle senza tradirne lo spirito. Interessante il restyling del personaggio di Watson e la scelta di enfatizzare la sua condizione di reduce, così come il portare l'eccentricità di Holmes ai massimi livelli tanto da farne quasi un caso clinico. Eccelsa la coppia Cumberbatch e Freeman, da apprezzare l'ironia presente nelle ottime sceneggiature (con il solo secondo episodio sottotono) che gettano le basi per interessanti sviluppi.
MEMORABILE: Il primo incontro della coppia; la rivelazione del personaggio di Moriarty.
Tra computer e Sms un intelligente, appassionante e spassoso aggiornamento. Benedict Cumberbatch/Sherlock ha una simpatica antipatia senza gli eccessi di Dr. House (e fisicamente ricorda Nicholas Rowe, l’attore protagonista del glorioso Piramide di paura), mentre Martin Freeman/Watson è un’affabile spalla/vittima con un passato traumatico che lo solleva dalla semplice macchietta.
MEMORABILE: Watson: “Portentoso”, Holmes: “Non è quel che mi dicono spesso”, Watson: “E cosa le dicono?” Holmes: “Fuori dai piedi”.
A testimonianza che i buoni personaggi resistono all'usura del tempo, ecco una versione delle storie del celebre detective inglese ambientata in epoca odierna. Il risultato, sebbene inizialmente spiazzante, è più che buono, grazie ad efficaci sceneggiature, che svecchiano i personaggi senza snaturarli e alla presenza di due ottimi protagonisti bravi e molto affiatati.
Portare uno Sherlock altrimenti vittoriano in un contesto attuale non è pericoloso se: A - il carisma del personaggio rimane intatto B - lo spirito è preservato C - la scrittura è buona. Questo serial non solo rispetta in pieno queste premesse, ma porta il personaggio di Conan Doyle a nuove vette d'eleganza, riuscendo ad ammaliare anche i fan più accaniti. Il merito è da dividersi tra l'interpretazione eccellente di Cumberbatch (ma Freeman gli tiene botta), la conduzione registica che, nonostante l'argomento, consente la comprensione e le sceneggiature, sempre di ottimo livello.
MEMORABILE: L'introduzione del personagio nello splendido primo episodio, l'intero primo episodio della seconda stagione e il finale della seconda stagione.
Un Holmes di ambientazione contemporanea non era stato più tentato dagli anni '40. Ovvio che uno Sherlock del nuovo millennio non si separi mai dal telefono cellulare e dal pc, ma saggiamente gli script riescono a rimanere fedeli agli originali (traslando dalle pagine di Doyle interi aneddoti) senza concedere troppo ai luoghi comuni dei thriller hi-tech, ma mantenendo intatto lo spirito deduttivo di Holmes. Debitore senz'altro dell'holmesiano Dr. House, soprattutto nei problemi umani e relazionali di Sherlock.
MEMORABILE: ottima la caratterizzazione dell'ambiguo fratellone Mycroft Holmes, che all'inizio viene quasi scambiato per Moriarty.
Affrontata con molto scetticismo circa la possibilità di trasporre ai giorni nostri le indagini di SH senza snaturarle completamente, questa serie si è invece rivelata una bella sorpresa, per l'alta qualità della confezione, le suggestive ambientazioni, l'ironia costante, l'alchimia perfetta fra Cumberbatch, elegante, imprevedibile, gattesco, e Freeman, solido ed affidabile come un can pastore. Molto buono anche il cast di contorno, con la parziale eccezione di Scott/Moriarty, un po' troppo gigionesco. Pochi episodi per ogni stagione, ma di respiro cinematografico (90 min.) ed assai goduriosi.
Un taglio decisamente più cinematografico che televisivo per questa trasposizione nella contemporaneità delle avventure del detective simbolo dell'Inghilterra vittoriana. Operazione ardita ma indubbiamente riuscita benissimo, che porta la firma di due insigni tv maker come Steve Moffat e Marc Gatiss (quest'ultimo anche interprete) in passato già responsabili della resurrezione di un'altra icona British: Doctor Who. Un cast strepitoso, trame brillanti, dialoghi accattivanti. Tutto perfetto. Impietoso il confronto con tanta fiction made in Italy.
Qui è stato fatto un mezzo miracolo: solo così si può spiegare quest'operazione: prendere le avventure di Sherlock Holmes e portarle ai giorni nostri condendo il tutto con telefoni cellulari, cerotti alla nicotina, personaggi giovanili e via dicendo rimanendo però nell'ambito molto British ma anche snobbamente spaccone senza mandare tutto a quel paese... beh non è da tutti. Che il pessimo Guy Ritchie prenda questa sonora lezione. Ottima anche la scelta della durata dei singoli episodi: i 90 minuti rendono il tutto non sbrigativo e più godibile.
Ho cominciato a vederlo spinto dalle recensioni di chi diceva che questa serie rendeva giustizia ai libri. Per quanto sia vero che lo stile si impegna tantissimo a ricalcare i racconti, non mi va giù vedere Sherlock alle prese con cellulari, pc, microscopi elettronici, ecc. Per carità, la regia è buona, la fotografia ottima e Cumberbatch e Freeman due attori da 10 e lode, ma le sceneggiature non mi soddisfano. Non so, sarò romantico, ma per me Sherlock è lo Sherlock che si muoveva nella Londra vittoriana.
MEMORABILE: Il finale della seconda stagione e il primo episodio della terza.
Serie che si presentava sospetta, essendo S. H. un baluardo del Tradizionalismo e quindi diffidando istintivamente dell'ammodernamento. E però il giochino funziona, la scrittura è notevole, gli interpreti efficaci, la scommessa vinta malgrado qualche plateale esagerazione: ma in fondo non erano eccessive, sebbene di vittoriana compostezza, certe soluzioni di Conan Doyle? Meritevole.
Il celebre detective britannico vive nella Londra odierna dove affronta serial killer, spie, terroristi e il proprio connubio di genio e follia, sempre accompagnato dal fedele Watson. Anche se la seconda metà non si rivela all'altezza della prima, questa ardita trasposizione, oltre a essere un gradito omaggio a Sir Doyle, è una dimostrazione della versatilità del genere poliziesco e dei suoi rappresentanti. Il duo Cumberbatch/Freeman può contare su un'alchimia sorprendente ed è affiancato da un cast di alto livello.
MEMORABILE: Qualsiasi scena che includa Mycroft o la signora Hudson, due personaggi da pantheon.
Discreta modernizzazione di Holmes, che funziona meglio (benchè a ogni episodio avrebbe giovato almeno una decina di minuti in meno, oltre che meno velocità, qua e là) degli Holmes da poco portati al cinema, che lo lasciavano alla sua era, modernizzandolo troppo. Azzeccati il duo, l’idea di rendere Watson (il cui interprete è l’attore più notevole) meno succube di Holmes, e quello di fare di Lestrade un poliziotto attento, fiducioso di Holmes e battutista. Affascinante Mycroft. Sopra le righe Moriartry. Bell’umorismo britannico, pure sul curioso rapporto fra i due (vi si dilettò pure Wilder).
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DiscussioneZender • 23/01/19 07:29 Capo scrivano - 47802 interventi
Terza stagione
01. LA CASA VUOTA (The Empty Hearse) **! Scopriamo che Mycroft parla il serbo e che dimostra di saper dar vita, in un dialogo serrato col fratello, ad un gustosissimo scambio di deduzioni e di repliche. La prima arte è commedia, più che altro, con l’interprete di Watson mirabile nei tempi comici. Più contenuta la parte di azione, un po’ debole rispetto agli standard, ma la prima parte è talora irresistibile. (B. Legnani)
02. IL SEGNO DEI TRE (The Sign of Three) *! L’episodio meno valido fino a questo momento. Il pranzo di nozze di Watson (che sposa, come da canone, una donna che si chiama Mary Morstan) vede Holmes sventare un omicidio, ma il meccanismo a flashback è troppo complesso e la soluzione dell’enigma lascia a desiderare. *1/2 (B. Legnani)
DiscussioneZender • 24/01/19 08:34 Capo scrivano - 47802 interventi
Quarta stagione
01. LE SEI THATCHER (The Six Thatchers) Il fatto iniziale, con le deduzioni di Holmes, donde poi nasce la trama principale, è strepitoso. Poi la vicenda scade un po’, anche in una modalità violenta non necessaria, tradendo un po’ lo spirito della serie, per poi riprendersi nel prefinale. **! (B. Legnani)
DiscussioneZender • 25/01/19 08:34 Capo scrivano - 47802 interventi
02. IL DETECTIVE MORENTE (The Lying Detective) Episodio molto curioso, che si complica alla fine, per poter introdurre quello succesivo, ultimo della serie. Un po’ troppo psicoanalitico, a dirla tutta, col personaggio del “benefattore televisivo”, ma con alcuni momenti azzeccati, specialmente nei tocchi di commedia. **! (B. Legnani)
03. IL PROBLEMA FINALE (The Final Problem) Pessima chiusura della serie, addirittura con una sorella Holmes, in chiave quasi psico-fanta-scientifica. Probabilmente le idee erano finite e ci si è rifugiati nel più che inverosimile. Tutto è incredibile, dall’inizio sino alla fine, e la cosa genera solo sconcerto e delusione. *! (B. Legnani)
Terza stagione
03. L'ultimo giuramento (His Last Vow) *!
La terza serie si conferma la più debole delle quattro, con una pessima puntata di chiusura, a carattere fantapolitico, con risvolti alla Quarto Potere. Tutto è incredibile, eccessivo, persino pesante anche per alcune lunghezze che paiono messe lì per arrivare all'ora e mezzo. C'è una buona sorpresa, ma attorno non c'è davvero nulla di interessante. Neppure l'umorismo.