Due coppie a confronto, ciascuna con un figlio di pochi mesi. Quello della coppia delinquente+tossica sembra destinato ad una infanzia infelice, ma a morire improvvisamente è l'altro, pur desiderato ed amato dai suoi genitori... Ancora una volta la regista danese calca il terreno a lei più congeniale, quello della disserzione del rapporto coniugale, e lo fa con una storia fortemente drammatica, senza timore di calcare la mano. Pur se a tratti forzato e poco verosimile, il film infatti colpisce duro ed è destinato a restare impresso.
Danimarca. Un appassionato poliziotto e felice padre di famiglia si ritrova improvvisamente a perdere il figlio, nato da poco e a dover fronteggiare lo stato della moglie che non riesce a reggere il colpo. Che fare? Che brava la Bier: riesce a creare un film drammatico con qualche venatura thriller, utilizzando pochissimi elementi quanto mai scontati ma dosati in maniera virtuosa. Il cast, per me sconosciuto a eccezione del protagonista, appare estremamente funzionale ed efficacissimo. Da applausi la Bonnevie e Kaas.
La storia nella sua drammatica semplicità poteva essere più avvincente perché se da un lato la scuola europea tende a drammatizzare con meno orpelli rispetto a quelle americana, è anche vero che alcuni passaggi potevano essere resi meglio come pathos o come credibilità. Si trattava di lasciare intatta la struttura e di levigare meglio i momenti topici di una storia che comunque fa il suo sporco lavoro. Anche gli attori, seppur funzionali, potevano offrire qualcosa in più.
Una coppia apparentemente perfetta con un figlioletto appena nato sembra destinata alla felicità. Quando muore il neonato tutto cambia e pian piano si svelano verità terribili. Nessuno è veramente al sicuro nel mondo della Bier e i ruoli dei personaggi si alternano in un crescendo di angoscia e orrore. Ottimamente diretto e recitato. La felicità è casuale e le apparenze ingannano. Colpo di scena finale in un film che rende umano anche quello che sembra impossibile. Un pugno nello stomaco, ma vale la visione.
La regista Susanne Bier racconta una storia che riguarda la crisi di legami familiari messi alla prova da un evento tragico. Sebbene la vicenda mostri qualche elemento di inverosimiglianza, è mirabile il lavoro fatto sulla caratterizzazione dei personaggi, le cui emozioni sono realistiche e plausibili, nonché la capacità di trasformare un dramma esistenziale in un thriller. Ottima la prova degli attori, in gran parte sconosciti in Italia. Da vedere.
Una coppia perfetta in tutto, un'altra che vive nel degrado più sporco: eppure mai basarsi solo sulle apparenze. La morale è tutta qui, in questo poliziesco che di poliziesco ha poco e che insiste sul lato drammatico delle vicende umane. Come in uno scambio non accidentale di culle, la vita, infatti, rivela una fantasia molto più articolata di quello che potremmo aspettarci. Con qualche esagerazione di troppo, il film ha un suo valore, per lo script e le interpretazioni dei due Nikolaj (Coster-Waldau e Lie Kaas).
MEMORABILE: Lie Kaas in un ruolo diametralmente opposto a quello a cui ci aveva abituati.
Susanne Bier HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussioneDaniela • 5/10/15 10:49 Gran Burattinaio - 5927 interventi
Film affrontato con pochissime aspettative, in quanto ne avevo letto maluccio. A spingermi alla visione, più che la firma della Bier alla regia, è stata la presenza di Ulrich Thornsen, ossia il mio secondo attore danese preferito (chi sia il primo è tanto ovvio che non sto neppure a specificarlo).
E poi, ammettiamolo, nel cast c'è pure Nikolaj Coster-Waldau, che non rientra nell'elite degli attori del cuore, ma è comunque sempre un bel vedere.
Invece, dall'apertura delle ante di un armadio in poi, la storia mi ha preso e non mi ha mollato più. Non tutto fila nella trama e nel disegno dei caratteri, però se un film drammatico deve toccare qualche corda nel profondo, con me questo ha arpeggiato.
Effetto legato alla sensibilità di mamma, oltretutto memore delle tante notti insonni passate accanto a piccini urlanti? Forse sì, ed è anche per questo che mi garberebbe leggere altri commenti davinottiani... :o)
Cara Daniela,
premesso che la lista delle future visioni arriva per lunghezza da Torino al Capo di buona speranza, proverò a vederlo. Anche se mi attrae poco: ricordo
il trailer e mi sembrava quasi poco interessante.
In ogni caso ti farò sapere. Ma un tuo consiglio è sempre bene accetto: vediamo se la nostra affinità
supera questa prova. :)
Vero Ulrich Thomsen è un grandissimo attore, ti dirò forse superiore a Mads (ti chiedo perdono).
DiscussioneDaniela • 6/10/15 12:52 Gran Burattinaio - 5927 interventi
Didda23 ebbe a dire: Vero Ulrich Thomsen è un grandissimo attore, ti dirò forse superiore a Mads (ti chiedo perdono).
Se lo venisse a sapere One Eye, ti menerebbe di brutto ;oP
Tranquillo, io terrò la bocca chiusa, non tradirei mai un davinottiano, oltretutto se ammiratore del caro Ulrichino
Scherzi a parte, sono entrambi due attori di grandissimo talento, Mikkelsen sta avendo maggiori possibilità di dimostrarlo e quindi raccoglie meritati allori, mentre Thomsen ha meno opportunità, sia in termini di numero e peso dei ruoli offerti (anche in Second Change ha una parte significativa ma comunque secondaria) sia in termini di contesti.
Tanto per scantonare sul piccolo schermo, a Mads hanno offerto Hannibal, co-protagonista di un serial di successo che gli consente di mangiarsi tutti (letteralmente ed anche dal punto di vista attoriale).
Al povero Ulrich invece è toccato il ruolo di Kai Proctor in Banshee, un villain che non sarebbe affatto male, ma inserito in un contesto scombinato, almeno a mio parere.