Nel potpourri del ritorno alla fanciulezza spielberghiana (l'eterno Peter Pan) c'è tutto il suo mondo (addirittura le carte delle barrette di cioccolato Snickers, di cui Spielberg è ghiottissimo, sul tavolo dei dipendenti della multinazionale IOI) a partire da Wade (Tye Sheridan) che assomiglia incredibilmente ad un giovanissimo Spielberg
Steven, con l'umiltà dei grandi, si autocita poco (il grigiore della
Guerra dei mondi,
Minority Report, il t-rex di
Jurrasic Park, qualcosa di
A.I., il manifesto dei
Predatori nella cameretta nerd di Halliday, accanto a quello del primo
Mad Max di
Excalibur e di
Kaan-Principe guerriero), dando più spazio al cinema di altri autori (il Badham della
Febbre del sabato sera, il Zemeckis-geniale il cubo-di
Ritorno al futuro-anche se prodotto da lui, come
Il gigante di ferro o
I Goonies, il teschio del pirata-, lo straordinario viaggio in
Shining-gustoso e prezioso film nel film-, la bambola assassina di Holland/Mancini, la formula magica del Merlino di
Excalibur-, il mostro unicornuto del
Settimo viaggio di Sinbad, il modellino dell'astronave di
2002: la seconda odissea, il camper di Drayton Sawyer di
Non aprite quella porta parte 2°, la moto di
Akira, vestirsi alla
Buckaroo Banzai per andare in disco, le vhs ologrammatiche (tra cui il depalmiano
Scarface e
La Mosca cronenberghiana-a detta di Art3mis, o di Spielberg stesso, un grandissimo film) e la citazione squisita a John Hughes che non ha diretto
Animal House ma
Breakfast Club
Più pacchiani i vari
Robocop, Jason, Freddy,
King Kong,
Godzilla (deliziosa, però, quella di
Gundam), ma sono momenti che scaldano il cuore (senza quelle che mi sono sfuggite, sarebbe interessante studiarlo a fondo per coglierle tutte)
Più adulto l'omaggio cronenberghiano a
Videodrome (e alla "Chiesa catodica"), a
Brainstorm,
Dreamscape,
Tron,
Johnny Mnemonic e
Il tagliaerbe.
Così come il sottotesto lesbo di Helen/Aech