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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Un titolo che non troppo si addice alla monolitica espressione del protagonista e di chi lo circonda, che di selvaggio poco sembrano avere. Soprattutto se confrontati con certi ritratti di giovani disadattati che imperversavano all'epoca su grande schermo spargendo violenza a piene mani. Qui siamo nella realtà periferica di Torino dove il nostro, immigrato napoletano (di Minori, per la precisione, quindi costiera amalfitana), è giunto per lavorare in fabbrica insieme a molti come lui. Squitieri ce lo mostra nella vita di tutti i giorni, ma che veda uccidere un uomo, assista all'autodistruzione del suo unico amico (tossicodipendente) o scopra che la moglie si prostituisce, sempre...Leggi tutto la stessa faccia fa, e non è che la cosa contribuisca a vivacizzare un film già di per sé piuttosto piatto. Squitieri fatica a trovare una direzione decisa da seguire, accompagnato dalle stranianti musiche di Tullio De Piscopo. Episodi quotidiani scarsamente significativi, una povertà d'animo che traspare quasi più dalle brumose location scelte che non dalle interpretazioni di un cast poco in vena, che vede Cannavale e Angelo Infanti in partecipazioni secondarie e ininfluenti. Si vede di più una giovane Simona Mariani nel ruolo dell'amante del protagonista, il che è tutto dire. Un film malinconico, una riflessione sull'emarginazione e la solitudine che quasi mai trova le corde giuste per convincere.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 17/12/08 DAL BENEMERITO RENATO POI DAVINOTTATO IL GIORNO 16/12/09
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Renato 17/12/08 14:00 - 1648 commenti

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Un film poco riuscito. Fino alla lunghissima sequenza della notte brava dei due amici che si ritrovano il ritmo è buono, e la descrizione dello squallore della vita di questi immigrati meridionali a Torino inquieta; poi però Squitieri mette decisamente troppa carne al fuoco (disagio, droga, prostituzione, perfino il terrorismo) ed il film gli sfugge totalmente di mano. Anche il finale è banale... certo, almeno a livello visivo gli esterni torinesi con i casermoni in periferia lasciano il segno.

Daidae 26/12/09 03:54 - 3163 commenti

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Bel film di Squitieri che mostra una inaspettata vena "sociale". A differenza dei soliti polpettoni ai quali ci hanno abituato i pessimi registi anni 90 ci mostra una questione meridionale vista con gli occhi gelidi del buon Saverio Marconi, qui nei panni di un operaio che vivrà sulla sua pelle tutti i problemi che circondavano i meridionali nel nord in quegli anni. In certi momenti è un po' confusionario, un po' esagerato se vogliamo, ma resta un buon film.
MEMORABILE: La scoperta dei soldi.

Guru 18/12/11 21:35 - 348 commenti

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Nel film vengono rappresentati alcuni aspetti morbosi relativi alla Torino centro urbano di emigrazione. La prostituzione femminile si mostra anche sotto forma di ribellione e di possibilità per migliorare il proprio futuro, non solo come obbligo e costrizione, alternativa alla mancanza di lavoro. È esasperato in alcuni segmenti ma sicuramente evidenzia le lacune dell'uomo alla ricerca delle proprie radici, che tenta di integrarsi proteggendo la sua gente. A parte Cannavale nessun attore è di rilevante considerazione.

Gestarsh99 9/05/12 12:06 - 1395 commenti

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Drammone proletario afflitto da un negativismo sfiduciato, nerissimo e irrevocabile, in cui Squitieri cerca di anatomizzare la vita d'inferno degli immigrati meridionali al nord, piccola gente oberata da un lavoro spersonalizzante e dal grigiume irrespirabile di città-prigioni. E screma la periferia operaia sottomessa al sudore e al sacrificio dai grandi centri urbani dediti ai vizi dissoluti; passa, osserva, girovaga a vuoto, schiamazza a vanvera senza mai riuscire a chiudere il cerchio assertivo né a quagliare risultati comprensibili. La classe operaia va in paradiso? Macchè, se ne torna al paesello.
MEMORABILE: Le stoccate all'irresponsabile terrorismo ideologico di militanti e intellettuali "bene"...

Marcolino1 1/06/17 18:20 - 553 commenti

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Il cuore caldo del Sud trapiantato nel freddo involucro del Nord porta allo snaturamento dell'identità culturale e linguistica, all'alienazione dell'inquadramento produttivo e all'arricchimento vertiginoso e nichilista. Questa tesi, dimostrata con successo dal regista, si avvale del linguaggio del dramma sociale, idealizzato ma mai banale o stereotipato. Il meridione è qui un eco malinconico, la reminiscenza proustiana del profumo del basilico, il mare amalfitano solo dipinto, stemperato nella grigia iconografia delle inquadrature torinesi.
MEMORABILE: La differenza linguistica tra gli emigrati di prima e seconda generazione; Il razzismo della polizia nei confronti dei meridionali.

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