Pandora - Film (1951)

Bel film classico sul sacrificio per amore. La trama si mantiene misteriosa e cammina su un sottile ma costante filo di suspence. La struttura è quella del film romanzato, con racconti fuori campo chiari ed esplicativi. La sceneggiatura è ben strutturata ed arricchita da riferimenti al mito (L'olandese volante; Pandora) e all'esoterismo (la reincarnazione). Ava Gardner buca lo schermo col fascino di una delle donne più belle di sempre e col suo sguardo magnetico. Da ricordare la scena della sua nuotata e della corrida. Da riscoprire.

Splendido melodramma fantastico lussureggiante e misurato al contempo, capace mai di scivolare nel ridicolo nonostante la materia per la verità possa prestarsi (amour fou, tauromachia, passione oltre i confini del tempo). Folgorante la bellezza di Ava Gardner che il regista (Albert Lewin) e il direttore della fotogragia (Jack Cardiff) valorizzano pienamente. James Mason un po' sacrificato ma misterioso il giusto. Un film da guardare al buio: onirico e bellissimo.

Il melodramma a tinte forti si rinnova. Senza intaccare i suoi soggetti di sempre – amore, colpa, espiazione e morte -, si ammanta dei colori fatati e dell’incanto del racconto fantastico, seguendo un affascinante percorso in cui la moderna mondanità (feste, corride, jazz, corse automobilistiche) incontra la mitologia greca e la leggenda nordica: la Gardner è bella e letale come i doni del vaso di Pandora; Mason, il tormentato ed errabondo Olandese volante. Il ritrovamento del libro di memorie sviluppa la struttura a flashback ed aggiunge un opportuno tocco archeologico ed esoterico.

Con i suoi personaggi che deambulano come divinità tra le macerie di un'era immaginaria, ravvolto nelle spire di un fantastico cui cederà senza riserve o ambiguità, il melodramma di Lewin si configura come uno dei più sovversivi e visionari della Hollywood anni '50. Narrativamente non riserva grosse sorprese, ma la fascinazione è rimandata ad un'atmosfera ipnotica, rara ed estatica, un crepuscolo visivo ed emozionale catturato in una raffinata tessitura visuale, nella recitazione sussurrata e solenne. Di grande intensità James Mason; l'algore e la malia di Ava Gardner permeano lo schermo.

In una ambientazione alla Sangue e arena, melodramma che mescola mitologia greca e leggende nordiche: un'americana inquieta sciupamaschi si innamora di un misterioso marinaio che solca il mare da secoli col suo vascello... Lui è Mason nei panni di un personaggio tormentato ed affascinante, lei è Gardner, bella come una dea ma anche piuttosto antipatica (la reazione al suicidio iniziale, la richiesta del "sacrificio" della vettura), il film passa per essere uno dei più romantici mai girati ma è appesantito dal carico da 90 di allegorie: troppo programmatico questo binomio amore e morte.

Pandora, la favorita degli dei di cui tutti conoscono la storia, ha il volto di Ava Gardner, alle prese con l'usuale ruolo di donna bellissima, corrotta e in via di remissione. C'è un quadro misterioso il cui stile metafisico è l'esatta misura del clima di cui è impregnato il film, trasognato, sempre in bilico fra mito, realtà e senza una rigida impostazione tempo-spaziale. Ne deriva un'opera di luccicante verità, proprio perché lontana dalle modalità espressive tradizionali. Si mette a fuoco solo con una lente interpretativa speciale.