Interessante metàfora sulla crisi delle istituzioni, nello specifico di quella medico/ospedaliera. La clinica psichiatrica all'interno della quale è stata assunta Charlotte (Rosie Holotik), è al centro di una serie di misteriosi incidenti che coinvolgono sia il personale medico che quello degente: accettate alle spalle, lingue mozzate, punteruoli negli occhi, cadaveri sfigurati e nascosti in uno sgabuzzino. L'origine della violenza risiede all'interno della struttura, ed è cagionata dallo scambio di ruolo tra una psicolabile e una dottoressa.
Horror solo parzialemente riuscito (con qualche cliché di troppo) e che alterna momenti di stanca ad altri decisamente più riusciti. Pur non essendo un classico film di genere, si lascia guardare con piacere e senza particolari intoppi. L'ultima scena ricorda non poco il finale di Maniac.
Lo spunto iniziale e l'ambientazione promettevano bene, oltre ad essere tutto sommato innovativi per il genere; purtroppo non vengono sfruttati a dovere e il film nel complesso risulta solo discreto. Buona la prova del cast (soprattutto di Bill McGhee), che bene impersona i malati mentali senza andare sopra le righe o risultare ridicoli. Qualche buon momento di tensione c'è e anche un pizzico di sangue, ma spesso e volentieri è la noia a farla da padrona, specialmente nella prima parte; l'atmosfera desolata (e desolante) però è efficace.
Filmettino grindhouse ambientato interamente in una clinica psichiatrica. Molto lento e piuttosto privo di idee nella prima ora (discreto prologo a parte), riesce a riscattarsi nei buoni 25 minuti finali, piuttosto coinvolgenti e muniti di una discreta atmosfera exploitation, assente nel resto del film (se si esclude qualche timidissimo nudo o un paio di omicidi). Confezione corretta, cast passabile (anche se non manca qualche attore un po' catatonico), ma il film, finale a parte, non ha molti motivi per essere visto. Per appassionati.
Buon thrillerino pre-slasher con la bella atmosfera dei 70's. Il cast pur non eccellendo risulta essere non mediocre e assai adeguato per il clima del film. L'atmosfera è clautstrofobica e malsana e non può non essere citato il sanguinosissimo finale, una gioia per gli appassionati del sangue. Chi ama il genere si divertirà, ma anche gli altri diano un'occhiata.
Nonostante l'unità di luogo e le sue caratteristiche (un ospedale psichiatrico), l'attesa tensione claustrofobica non viene mai inoculata e la torpida sceneggiatura trascorre la quasi totalità del tempo a passare in rassegna i vari stereotipi degli internati (il bambinone, la ninfomane, il demente, la vecchia visionaria, l'ex giudice, il militare traumatizzato...), scuotendosi con qualche colpo slasher e urla lancinanti. Negli ultimi minuti di follia collettiva il sangue schizza copioso, ma l'interesse è andato scemando molto prima: in un simile contesto ci voleva un regista come Pete Walker.
MEMORABILE: La vecchia senza lingua; i discorsi dell'ex giudice.
Sorprendente filmetto a basso costo dall'atmosfera malsana e morbosa. L'ambientazione in una clinica psichiatrica dove un paziente uccide un dottore con un ascia nei primi minuti è un ottimo viatico per 90 minuti tesi e angoscianti. La giovane dottoressa che giungerà dopo poco verrà letteralmente catapultata in un inferno. Il finale sanguinosissimo e feroce conclude poi in maniera perfetta questo autentico viaggio nella follia e nel delirio. Consigliato.
MEMORABILE: I monologhi del "giudice"; Gli avvertimenti della vecchietta con la lingua mozzata; Il finale.
Bisogna riconoscere che nonostante il basso budget il film è in grado di coinvolgere e di lasciare appiccicata addosso una forte angoscia, funzionale alla messa in scena, angoscia che poche pellicole sanno trasmettere. In questo il film si può dire riuscito. Allo stesso tempo, come arma a doppio taglio, la cosa fa sì che uno prima di rivederselo ci pensi non due, ma tre volte. Exploitation scarna e delirio serviti su un vassoio di latta, buone idee e buon soggetto, che avrebbe meritato un budget più consistente.
Una specie di Qualcuno volò sul nido del cuculo in salsa horror-slasher con quel tanto di trash da renderlo indigesto. Buona l'idea di descrivere il manicomio come regno isolato, fuori dal mondo e incontrollato. Peccato per la discontinuità dei dialoghi e per la trama stiracchiata. Finale come cento altri e senza fantasia.
Posseduto da un parterre di personaggi davvero malati, morbosi e ambigui, "Non guardare in cantina" è il grindhouse che ti aspetti: sgangherato ma sincero, eccessivo ma con un retrogusto realistico. Macelleria d'alta classe, con asce, siringhe, coltelli e persino bambole usate come armi contundenti. L'ambiente ospedaliero/psichiatrico fa il resto. Finale dal climax claustrofobico e spaventoso.
Il giudizio, a distanza di tanti anni, non cambia rispetto alla prima visione: poco riuscito e abbastanza noioso, anche se qualcosina funziona. La storia è poco interessante, proponendo una serie di illogicità (far usare liberamente un'ascia in un manicomio non pare propriamente un'ottima idea...) e di personaggi stereotipati, ma l'atmosfera è discreta e l'aria di ultra low-budget fa guardare all'opera con un pizzico di benevolenza. Il cast attoriale non fa certo gridare al miracolo ma tutto sommato non è neanche indecente.
Thrillerino ambientato in una clinica psichiatrica (con le porte senza serrature) dove un dottore applica la teoria dello "sviluppo delle ossessioni", lasciando quindi libero sfogo agli atteggiamenti violenti dei pazienti. Confezione rudimentale (regia approssimativa, effetti sonori incerti), trama che arranca nella parte centrale; gradevole atmosfera seventies malsana e curiosi personaggi ambigui, finale divertente nella sua follia. Per essere un "poveristico", non male.
MEMORABILE: Il dialogo tra il giudice, la vecchia signora e il tecnico del telefono.
Direttore di clinica psichiatrica probabilmente laureato al CEPU sperimenta con un paziente una cura che prevede l'uso di un'ascia per sfogare le pulsioni violente. Tempo pochi minuti ed il matto lo accetta a morte... Un promettente inizio demenziale, a cui però fa seguito un horror ospedaliero piuttosto moscio, oltre che fitto di stereotipi, che favorirebbe la penichella se i personaggi urlassero meno forte. Il regista sembra darsi una mossa grandguignolesca verso l'epilogo, senza però riscattare dalla mediocrità questo simil-splatter volenteroso ma pasticciato.
Splatter con punte esilaranti di grottesco (la ninfomane che si strappa i vestiti come Bruce Banner quando si arrabbia) che ha tuttavia ispirato film migliori (l'ambientazione in un manicomio e l'omicidio compiuto dal taglialegna li ritroveremo in Venerdì 13: il terrore continua, la sequenza sotto la pioggia in Suspiria di Argento), una suspense che cresce gradualmente, un cast in parte e un finale delirante con un bel colpo di scena. Avvincente nonostante le assurdità (la Polizia che non chiude la clinica dopo i primi due delitti, l'infermiera che non si decide a mollare tutto).
Piccolo esemplare di exploitation anni '70, memorabile più per il titolo (con il "Don't..." tipico di molti horror a seguire) e per la tagline ("È solo un film... solo un film...", presa in prestito da L'ultima casa a sinistra) che per i contenuti. In effetti, a parte la grana rozza e sleazy, c'è poco di davvero accattivante: la prima noiosa parte è dedicata alla routine del manicomio (con tanto di dottoressa tiranna che porta alla mente il nido del cuculo), il finale si rianima (e culmina in un massacro che sta fra La bestia uccide a sangue freddo e Maniac), ma ormai è un po' tardi.
MEMORABILE: L'omicidio con l'ascia; I primi piani over-the-top sulla vecchia; La vecchia con la lingua strappata; La paziente licenziosa; Lo spillone nell'occhio.
Stuzzicante e fantastico come immediatezza, anche perché per quanto ci sia qualcosa di marcio non si crederebbe mai di pervenire a un putridume così estremo. Poco didattico nel suo genere (clinica psichiatrica), a differenza del cuculo mondiale, ma assai più realistico, incisivo e spietato, tanto che alla fine i tappi di spumante granguignolesco saltano all'unisono. Certo che il più pazzo di tutti è il giudice con l'ascia, ma anche il fulvo ricciolino sembra il folletto dei più terribili incubi dell'infanzia e la paziente ninfomane rende un'acqua di rose la Neri nel medesimo ruolo.
Sorprendente come in una pellicola misconosciuta come questa ci siano richiami a film futuri ben più famosi: è molto probabile che Forman e Lustig gli abbiano dato un'occhiata, nel girare i loro capolavori. Del resto, il film in sé è quello che è: il classico prodotto settantiano girato con budget irrisorio, caratterizzato da dialoghi basici e attori di secondo piano; un prodotto che però non può che attrarre gli amanti del genere, con la sua atmosfera malata e quell'irresistibile patina da film casereccio.
Il film è grezzo, recitato alla alla bell'e meglio e con evidenti problemi di budget, ma il contesto manicomiale non solo si rivela un proscenio sempre ebbro di afrori e orrori, ma apre alla questione del mal funzionamento e sfruttamento delle case di cura. La mattanza, spesso random e quasi sempre priva di ironia, non si fa di certo attendere e alcune sequenze colpiscono nel segno.
Gioiellino macabro da grindhouse/drive-in, regionale e "poverello" ma molto ben realizzato: inquietante, morboso, malaticcio e, per una volta, anche recitato molto bene. Certo i limiti del prodotto ci sono tutti (la regia è modesta e il budget misero), tuttavia rimane, a suo modo, un classico anticipatore di film sullo stesso tema ben più blasonati e anche di colossali caposaldi dello slasher/psycho-thriller da venire, oltre ad avere una certa sensibilità nel trattare il tema, nonostante sia comunque e fieramente un film exploitation. Piccolo cult e piacevolissima sorpresa.
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Caesars ebbe a dire: Credo che la notizia farà gioire più di uno.
Leggo sul forum di Nocturno che il 18 marzo dovrebbe uscire il dvd di questo film, edito da Cult Media
http://forum.nocturno.it/index.php?topic=33344.0
STRAORDINARIA NOTIZIA, Caesars, grazie mille!
FINALMENTE! Si potrà così snobbare la proibitiva vhs della Cvr (unico supporto, fin'ora, per gustarlo in italiano) e metterò in soffitta il dvd inglese (che pagai una bazzecola, ma con SOLO l'audio inglese)
Scopro solo oggi che nel 2015 Tony Brownrigg, figlio del regista del film originale, ne ha diretto un sequel intitolato "Don't Look in the Basement 2".
Tra le interpreti di questa pellicola anche Dawn McGhee, figlia di quel Bill McGhee che appariva nella pellicola di S.F. Brownrigg, e Camilla Carr già interprete della pellicola originale.
Inoltre attualmente dovrebbe essere in fase di pre-produzione (chissà se uscira mai?) un remake de Non guardare in cantina, intitolato Death Ward 13 (uno dei titoli alternativi della pellicola originale era Death Ward #13)
Se a qualcuno interessasse, in USA è stato editato in bluray (però solo regione A/1, quindi non leggibile con lettori europei) in coppia con il sequel diretto dal figlio di S.F. Browrigg. Si trova, ad esempio, qui: