Film interessante, anche se l'ideologia che è alla base del racconto finisce con l'appesantire la visione, soprattutto in certi passaggi. Questo gruppo di uomini bloccati in un ascensore in Vaticano che col passare del tempo regredisce allo stato ferino è rappresentato con mano felice; rimane fortemente impresso il degrado degli ultimi 20-25 minuti, prima del finale (ovvio e poco significativo). E vedere la Michelangeli interpretare una suora nell'anno in cui girò anche Il grande racket fa comunque un certo effetto.
Porgendo il fianco destro a Buñuel e quello sinistro a Pasolini, senza dimenticarsi di occhieggiare a certo Bresson, Agosti ci mostra come si possa ascendere in virtù di forze discendenti (e viceversa), come chi vuole salva la vita la perderà e chi invece l'ha perduta l'avrà salva, e come il sacro irrompe nelle nostre vite quando si diventa pienamente consapevoli della morte. Il tutto all'insegna di un intransigente laicismo, ma senza scansare la delicatezza anche nei momenti più truci e disperati, quasi a dimostrare che i veri religiosi sono gli anticlericali. Peccato che il messaggio soffochi nella noia e quello che resta è solo mezzo film.
Reso omaggio al coraggio di Agosti, non si può non concordare con la buonanima di Giovanni Grazzini, secondo cui si trattava semplicemente di un film non riuscito. O, piuttosto, rimasto tutto nelle intenzioni. Agosti non è Buñuel e neppure Ferreri e la metafora gira a vuoto, la polemica ha poco mordente (invece che in Vaticano potremmo anche essere sull'ascensore della Torre Eiffel), la sceneggiatura latita e il film arriva al finale annaspando vistosamente. Peccato. perché l'idea, anche se non nuova, poteva svilupparsi con ben altra forza.
MEMORABILE: Le belle musiche di Nicola Piovani che accompagnano felicemente l'abisso in cui sprofondano i protagonisti.
Dopo mezz'ora avrei buttato nel pattume anche il mio lettore dvd, ma della versione integrale almeno chi (come me) ha conoscenze mediche può approfittare per ripassarsi gratis le avitaminosi, come anche le malattie da stress e da sovraffollamento. Delle cose così forse succedono ancora, nei manicomi, nei penitenziari di paesi dittatoriali o nei campi di concentramento. Se uno è sadico e non ha niente di meglio da guardare...
Esemplare, coraggiosa, ferma (e un po' folle) denuncia verso istituzioni spesso bistrattate proprio da chi, paradosso della mente umana, si ripropone di assecondarle in tutto. Un urlo di disprezzo verso l'ipocrisia e verso la cecità di chi si proclama migliore, solo perché tale vuole apparire. Agosti non scherza, tanto che il film venne ostracizzato un po' ovunque per contenuti giudicati, in estremo, pure blasfemi.
Supponente film di Agosti che partendo da uno spunto risaputo mette in scena con uno
stile sempre più urlato col procedere dei minuti, una storia che dopo un inizio non male arranca sempre più per poi sfaldarsi del tutto nella parte finale con tanto di epilogo telefonato e inappropriato. Inoltre spesso fa la sua comparsa anche la noia. Il "messaggio" che vorrebbe portare avanti non è sempre chiaro e a me è parso anche abbastanza qualunquista. All'epoca destò scandalo, oggi non colpisce più nessuno. Quando non si è nè Buñuel né Pasolini.
Le udienze papali portano male: una comitiva di pellegrini rimane bloccata nell'ascensore vaticano lasciandosi andare al sesso, all'omicidio, al cannibalismo. Un minuetto grottesco in cui l'eccesso della provocazione si sposa con la freddezza dell'allegoria. Obiettivo del sarcasmo però non sembra la religione, nonostante l'ambientazione, ma piuttosto la rispettabilità sociale che nasconde istinti beluini. Discorso più esibito che approfondito, ma la storia ha almeno il pregio di incuriosire per sapere come va a finire.
Nonostante il titolo e le ambizioni, il film di Agosti non decolla mai, zavorrato dalla piattezza dei dialoghi e da una recitazione piuttosto inerte, che ne castrano il potenziale provocatorio riducendolo, di fatto, a un noioso rosario di sgradevolezze assortite. Più efficace, risulta, alla fine, l’incessante e disturbante commento sonoro di Farri e Piovani (quest’ultimo firma alcuni brani non privi di grandiosità). Penitenziale.
MEMORABILE: Gli implacabili “Laudetur Jesus Christus” e "Christus Vincit" della filodiffusione; L'onorevole che si abbuffa di ostie per placare la fame.
L'opera è provocatoria, claustrofobica e anticlericale e rivela gli istinti più bassi dell'umanità nelle situazioni drammatiche e di panico. La metafora dell'ascesa spirituale è demolita nel contrasto tra il lusso sfrenato clericale dell'ambiente in cui si svolge la vicenda, rassicurante e artificioso e l'orrore di chi ci vive dentro. Il lato simbolico del film anticipa a Society di Yuzna e ricorda Il demone sotto la pelle di Cronenberg (la verità marcia e corrotta nascosta nella perfezione borghese), quello orrorifico-estetico a L'ascensore di Maas.
MEMORABILE: La radio cattolica suadente fa da sottofondo alle vicende drammatiche.
Impossibile arrivare alle sfere celesti, qualunque sia il modo in cui ci si provi: dopo le disavventure kafkiane dello Jannacci ferreriano, il grottesco microcosmo di un ascensore-trappola che sfonda l'empireo e riduce l'uomo - quasi per compensazione - allo stato ferino. Sporco e disturbante, con più di qualche audacità grafica e una simbologia di preveggenza a tratti inquietante (l'apparizione cardinalizia, sul finale, sembra quasi ricordare il Wojtyla pre-pontificato). Conduzione non leggera, ma è lo scotto da pagare per un tale soggetto.
L'obiettivo del regista non è attaccare la fede cattolica, nonostante lo spunto sia una visita al Papa ma, come uno scienziato, osservare come, sottoposto a certe condizioni di stress (un ascensore), l'essere umano progressivamente degradi. Idea molto interessante che il regista sfrutta creando nella parte finale un notevole senso di degrado e di sporcizia, anche se si poteva spingere di più sull'acceleratore sui momenti cruenti (c'e quasi una pudicizia da parte del regista). Più carente la prima parte, davvero troppo prolungata. Zoppicante la recitazione di alcuni attori.
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nell'ultima mezzora nello score a base di cantate sacre della filodiffusione vaticana fa più volte capolino la main theme di aguirre di herzog
MusicheAlex75 • 1/06/16 18:07 Call center Davinotti - 709 interventi
Gran parte della colonna sonora è un collage realizzato da Pier Farri e Nicola Piovani (che riproduce la programmazione di Radio Vaticana, riconoscibile dal segnale d'intervallo "Christus Vincit"), in cui prevalgono brani di musica sacra di varie epoche e di vari autori (Bach, Mahler, la "Missa Criolla", pezzi gospel, accenni a messe beat ecc.), assieme a frammenti della colonna sonora di "Aguirre furore di Dio" (composta ed eseguita dal gruppo tedesco dei Popol Vuh) e brani d'ispirazione folk, jazz, pop e progressive. Il tema principale (titoli di testa e di coda) è di Nicola Piovani.
In una delle scene iniziali, girata in un negozio di souvenir, si può sentire in sottofondo "A Khatmandu" di Rino Gaetano.
Purtroppo non sono riuscito a trovare in rete traccia di questa colonna sonora davvero notevole.